Preti “scadenti” e preti “migliori”: Dio da che parte sta?

di don Giorgio De Capitani
Martedì scorso, 2 maggio 2017, papa Bergoglio si è incontrato, a Santa Marta, in Vaticano, con un gruppo di aspiranti salesiani, accompagnati dai loro superiori.
È stata un’altra occasione, una tra le tante, perché il papa facesse una bella chiacchierata, così alla buona, senza tante formalità e protocolli. Parole semplici,  certo non sempliciotte, spontanee ma per modo di dire, dal momento che oramai la spontaneità è diventata un modo di dire e di fare di questo papa populista. Come al solito, applausi e consenso anche mediatico, anche se i mass media stanno rischiando grosso, ovvero la loro laicità.
Don Maurizio Patriciello (il prete diventato famoso per la Terra dei Fuochi, diventato anche una voce autorevole della Cei: scrive volentieri su AVVENIRE), non ha mancato di  elogiare per l’ennesima volta questo papa che sembra quasi la reincarnazione del Messia: proprio Lui, Gesù Cristo, identico, così si vuole a tutti i costi dipingerlo. Mai una parola di troppo, ovvero mai qualcosa di scomodo e di dissidente; tutto cuore e mente per gi altri, per i poveracci, a cui dona un po’ di pane spirituale, del tipo: “Sono con voi! Coraggio! Andate avanti! Soffrite, ma perdonate”; infaticabile missionario di pace del tipo “Ego sum via”, ovvero sono sempre in giro, ecc. ecc.
Sinceramente non saprei che cosa aggiungere, visto che al suo confronto, san Francesco d’Assisi non è che un’ombra.
Veniamo al dunque. Ecco alcune parole, pronunciate mi sembra a braccio (non ho potuto vedere il video, che è stato oscurato), che Bergoglio ha rivolto durante l’incontro con i novizi e prenovizi salesiani e i loro superiori: «Scegliete bene chi inviare nelle periferie, soprattutto quelle più pericolose. I migliori devono andare lì!». Poi chiarisce: «Quando parlo di periferie parlo di tutte le periferie, anche delle periferie del pensiero. Parlare con i non credenti, gnostici, quella è una periferia, eh! Poi ci sono le periferie sociali, dei poveri…». In ogni caso, papa Francesco insiste: “Bisogna andare lì”.
E dài! Ancora si parla di “periferie”. Che noia! Oramai non fa più effetto. Bisognerebbe inventare qualcosa di nuovo, non saprei, ad esempio parlare delle “periferie delle periferie delle periferie”… 
Ma che significa “periferie”? Ah, certo, le zone più malfamate, emarginate, ai confini di un decente vivere sociale. Di più. Bergoglio specifica che ci sono anche” le periferie del pensiero”, ovvero le periferie dei senza testa, dei folli, degli squilibrati, di coloro che non  la pensano “come noi”. In questo caso, sarebbe forse, più che opportuno necessario, partire dal centro, nel cuore del sistema ecclesiastico: altro che uscire, per andare in periferia!
Periferie! Lì, sempre lì sono il pensiero, l’attenzione, la preoccupazione, l’ansia, la paranoia di un pontificato alla deriva, che avendo perso il cuore o l’essenza del cristianesimo, pensa di trasformare le briciole di umanità in cattolicesimo.
Periferie!  Bisogna muovere il sedere, spostarlo dai centri e andare nelle periferie, come se i centri (e dove sono oramai i centri?) fossero il quieto vivere di gente perbene, senza problemi, in pace con la coscienza e con Dio.
Questa Chiesa, che è sempre alla ricerca di qualcosa che faccia colpo, per sentirsi superiore, “migliore”! E per fare questo si offende, distinguendo tra preti scadenti e preti migliori: i primi da lasciare nei centri, i secondi da inviare nelle periferie.
E chi sarebbero i preti ”migliori”? Una risposta l’ha dato Bergoglio, dicendo che devono essere all’altezza di un confronto con le periferie del pensiero, con i non credenti, gli gnostici: dunque, preti intelligenti nel senso di culturalmente preparati, preti laureati.
Don Maurizio Patriciello specifica dicendo che i preti “migliori” sono quelli «che non scendono a compromessi, che non si fanno comprare, che non si scoraggiano facilmente, non hanno paura di parlare la lingua del “si, si; no, no”. Che, quando giunge sera, sanno riposare sul cuore di Gesù. Che hanno messo in conto tutto, anche un probabile… ». Mi aspettavo che aggiungesse: preti che non toccano i bambini, che non fanno orge, che non vendono i beni della Chiesa o usano i soldi della gente per andare nelle crociere, ecc. ecc.
Caro Patriciello, i preti “scadenti” che restano nei centri, chi sono e che fanno? Sarebbero “scadenti” in tutti i sensi, anche moralmente?
Certo, anche i preti “scadenti” dei centri ci vogliono, altrimenti chi manderebbe avanti ogni giorno la baracca, la base “normale” della Chiesa, quella che fa parte di una società che alla fin fine dà garanzia per un altro po’ di futuro, a meno che Dio non abbia scelto come al solito di puntare sugli “scarti”, ma chi sono e dove sono gli scarti umani di cui Dio può eventualmente fidarsi?
E ben vengano anche i preti “scadenti”, perché, se non ci fossero, come potremmo capire l’eroismo dei preti “migliori”?
Beh, a questo punto, una domanda la vorrei fare al Santo Padre, sì “santo” perché tale è sulla bocca di tutti: Santità, a Milano ci manderà un vescovo “scadente” o un vescovo tra “i migliori”? Forse, forse, preferirei un vescovo “scadente”, se Dio scommette come è nel suo stile sugli “scarti”. 

4 Commenti

  1. LANFRANCO CONSONNI ha detto:

    Non so cosa pensare su questo argomento, non riesco a esprimere pareri e mi blocco.
    I preti sono sempre più pochi, e il mio auspicio è che al di là del numero riescano a portare avanti in modo dignitoso la propria difficile vocazione.
    Mi sento comunque di fare gli auguri a don Andrea Bonfanti che conosco personalmente, uno di quei sacerdoti neo ordinati che sono stati oggetto dell’intervento del Papa.
    http://www.merateonline.it/articolo.php?idd=72014&origine=1&t=Pagnano%3A+in+Vaticano+Papa+Bergoglio+pone+le+mani+sulla+testa+di+Andrea%2C+ora+sacerdote
    Non so se don Andrea sarà fra i preti scadenti o quelli migliori.
    Gli auguro comunque di essere un Prete riflessivo e coraggioso, capace di pregare e ascoltare, di leggere la realtà e di agire sempre secondo la propria coscienza.

  2. GIANNI ha detto:

    A me pare abbastanza chiaro che il papa si riferisse ad un confronto dialettico, da parte dei sacerdoti meglio preparati sopratutto teologicamente, rispetto come dire..agli avversari, a chi la pensa diversamente…
    E’ evidente il riferimento a chi non la pensa in un certo modo, mentre il riferimento ad altri tipi di periferia resta semmai sullo sfondo.
    Ma ovviamente, a prescindere dal contesto specifico, vi sono diversi modi per intendere migliore o peggiore, scadente.
    Ad esempio, a mio modesto avviso, in generale tutte le persone migliori, ed in particolare i sacerdoti, sono quelli che maggiormente rispettano l’altro, nei suoi pensieri e nelle sue intenzioni.
    E, avendo in considerazione pensieri ed intenzioni dell’altro, non trattano certe questioni sbrigativamente, ma fanno attenzione a non urtare la sua sensibilità, chiarendo bene il proprio punto di vista ed anche il proprio operato, insomma evidenziano bene le cose, non dando mai nulla per scontato.
    Questo che sto dicendo potrebbe sembrare una pura astrazione teorica, ma espongo un caso concreto, che mi è capitato proprio ieri sera.
    Ad inizio aprile è morta una mia conoscenza, e la sorella ha richiesto una messa di trigesima, che si è celebrata ieri sera, ed alla quale ero presente anch’io.
    Il sacerdote nulla ha chiarito prima alla sorella, ma praticamente questa messa, a parte ricordare il nome della defunta e non il cosgnome, ed a parte commemorare altri defunti, praticamente si è svolta unitamente ad un battesimo.
    Ora, non vorrei essere frainteso.
    Non dico che la liturgia debba prevedere questa possibilità o meno, il discorso è diverso.
    La sorella, a torto o ragione, si è un po’ risentita di questa forma di celebrazione.
    Vengo al punto.
    Un sacerdote credo sappia che talora alcune persone la pensano in un certo modo.
    Credo, quindi, che avrebbe dovuto anticipatamente avvertire la sorella delle specifiche modalità di quella liturgia.
    In modo che, rispettandola, questa potesse scegliere se far celebrare o meno tale messa in tale forma, invece di dedicare una specifica messa solo alla sorella.
    Non si tratta di dar torto o ragione alla sorella della defunta, ma semplicemente un gesto di attenzione, per dire: noi facciamo così, se quindi lei non è d’accordo…..
    Invece niente…..
    Mi pare un atteggiamento di presunzione, in quanto sopratutto alle messe di trigesima spesso partecipano anche persone che solitamente non frequentano la chiesa…..
    invece si dà per scontato che tutti debbano sapere tutto…..
    francamente…..
    Capisco anche che tale questione è insignificante, rispetto al tema proposto dall’articolo, ma ovviamente già nei piccoli segni, dalle piccole cose, si colgono certe sfumature.
    Penso che un sacerdote così, e qui viene il punto di contatto con il tema proposto, magari sia considerato tra i migliori, difensor fidei, e tale da presumere che chi si rivolge ad una chiesa ne debba conoscere liturgie, usi e costumi, ma siamo sicuri che sia il migliore per dialogare?
    Peraltro nell’omelia parlava di opere con cui manifestare il proprio credo, e vi ho colto una palese cotraddizione, dal momento che, appunto, il primo esempio avrebbe dovuto darlo lui stesso in questa occasione, non dando per scontate certe cose, che magari scontate non lo sono.
    Un altro conoscente, commentando il fatto, ha detto che se lo diceva erano soldi di meno…a buon intenditor…..

  3. marco da vimercate ha detto:

    Don Giorgio, quando celebri Messa dici ” in unione con il nostro papa Francesco, il nostro vescovo Angelo..” o salti la frase ?

  4. giuseppe ha detto:

    SANTA MESSA E ORDINAZIONI PRESBITERALI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica Vaticana
    IV Domenica di Pasqua, 7 maggio 2017
    EGREGIO DON GIORGIO PER FAVORE PUBBLICHI L’OMELIA SOPRA RIPORTATA E TROVERA’ CONSIDERAZIONI DIVERSE DI QUELLE SOPRA INDICATE E RISPOSTE MOLTO PASTORALI.
    CORDIALITA’, GIUSEPPE

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