Come mai oggi me la prendo tanto per Perego, quando sono rimasto “assente” per più di cinquant’anni?
di don Giorgio De Capitani
Qualche “pereghino”, nella solita maniera di non mostrare il proprio viso, mi ha accusato di essere stato “assente” in tutti gli anni in cui Perego è stato distrutto dal punto di vista amministrativo. Non entro nel campo religioso, perché questo sarebbe un altro capitolo, non certo meno complesso, in cui, però, lo vedremo, ci sono state interferenze, non certo da parte dei pastori, a cui stava a cuore soprattutto l’anima delle proprie pecorelle.
Che cosa rispondere? Che effettivamente sono stato “assente” e che ora di colpo mi son preso a cuore Perego, dopo averlo abbandonato alle proprie sorti?
È vero: sono stato “assente”, ed ora me ne preoccupo. Ma non mi sento in colpa, e lo spiego.
Sono nato a Rovagnate, nel 1938. Figlio di onesti operai, che non ebbero mai la fortuna di avere una casa propria. Nel 1947, fummo costretti a uscire di casa: era di proprietà di Angelo Villa, che aveva una propria impresa edile (tra l’altro, costruì negli anni ‘40 la chiesa di Monte). Un mio zio, anche per sdebitarsi di tanti favori ricevuti, dopo averla acquistata, ci dette la possibilità di prendere dimora nella ex Villa Scuri, a Perego. E qui rimanemmo, fino a quando lo stesso zio, chissà per quali motivi, ci fece lo scherzo di vendere la Villa senza avvisarci, e così di nuovo restammo sulla strada. Ma il parroco don Giovanni ci venne in soccorso, offrendoci in affitto alcuni locali del Palazzo parrocchiale. E qui rimanemmo fino alla mia ordinazione sacerdotale, del 1963. Con papà e mamma (le frattempo le due sorelle si erano sposate) andai a Introbio, per la mia prima destinazione pastorale. Qui rimasi fino all’inizio del 1966. Nel mese di marzo venni destinato a Cambiago. La storia prosegue: potete leggerla nell’ultimo libro che ho appena scritto: “Da Introbio fino a Monte di Rovagnate”. Se qualcuno non avesse 5 euro per acquistarlo, può leggerlo in pdf, sul mio sito.
Le diverse esperienze fuori Brianza mi sono servite ad aprire la testa, e ad acquisire di volta in volta esperienze arricchenti.
Ho sempre seguito un principio, a cui non ho mai rinunciato: darmi anima e corpo sul posto di lavoro, e per me il lavoro era di volta in volta le varie esperienze pastorali. Non ho mai evaso, per nessun motivo. Sì, pensavo talora anche ai miei luoghi di origine, ma, soprattutto negli anni in cui ero a Sesto San Giovanni, dove lo smog sostituiva la fitta nebbia della Val Padana, sognavo di potere – almeno per qualche mezza giornata – respirare l’aria buona della Brianza, e gustarne la natura. Ma il mio dovere mi legava alla mia città.
Sì, per me era sacro anzitutto il luogo dove risiedevo, perché lì, solo lì, era la mia “casa”. In toto. E poi non mi si era mai offerto alcun pretesto per tornare a Perego: non avevo più nessun parente, e, tra l’altro, non ricevevo inviti, forse perché sapevano della mia inflessibile ”inamovenza”.
E se, in tutti quegli anni del mio ministero pastorale, fosse capitato che qualcuno avesse tentato di dar fuoco all’intero paese di Perego, che cosa avrei fatto? Probabilmente, avrei continuato a fare il mio lavoro, là dove in quel momento ero di casa.
Ma… quando, sotto la guida del cardinale Carlo Maria Martini, risiedei per qualche anno presso una casa privata, a Bernaga Bassa, allora le cose cambiarono. Mi presi a cuore anche i problemi di quella piccolissima comunità. Mi ricordo, tra l’altro, di aver promosso una raccolta firme per ottenere un miglior servizio per l’acqua nella frazione. Cercai, proprio sul territorio di Perego, di realizzare qualche mio sogno: aprire ad esempio presso la Villa di proprietà, prima di monsignor Longoni, e attualmente di Tombini, un Centro particolare per i bisognosi di cure psichiatriche, e, in Val Curone, anche un Centro per il recupero dei tossicodipendenti. Per queste due vicende, che abortirono per tutta una serie di cause e concause veramente allucinanti, vi invito di nuovo a leggere il mio libro già citato.
Ed è stato in quel momento che venni a conoscenza di quanto succedeva a Perego. Qui, riprendo alcune righe del libro, pag. 81-82:
«All‟inizio del 1986, don Giovanni Premoli lasciava la parrocchia di Perego. Senza dilungarmi troppo, faccio solo alcune riflessioni del tutto personali su questo parroco, che ancora oggi tutti ricordano, nonostante avesse avuto, più che difetti, non pochi “eccessi” di zelo. Non penso di aver conosciuto nella mia vita un altro parroco “zelante” come don Giovanni! Quando risiedevo a Bernaga, ogni giorno, prima dell’alba, scendevo in canonica a recitare insieme il Breviario. Da solo non ce la faceva: si appisolava facilmente. Finita la preghiera, lo lasciavo sfogare. Aveva sempre mille cose da dirmi, anche se alla fine il discorso tornava al solito punto: i soliti due “individui”, ora l’uno ora l’altro, gli rendevano difficile la vita, ed egli ne soffriva da morire. E loro, i due “individui”, quasi si divertivano! In ogni caso, don Giovanni dalla sua aveva tante buone ragioni. Ma, nello stesso tempo, cercavo di convincerlo a pensare al suo futuro. Forse era giunto il momento di lasciare. Mi diceva di sì, ma poi non si decideva. Contemporaneamente, premevo sui superiori perché scegliessero la persona “giusta”, come successore. Mi rimproveravano: “Tu sei sempre il solito! Non ti fidi mai di noi!”. Già! Come fidarsi, dopo tante ‘stecche’ che ho potuto io stesso constatare?
Finalmente don Giovanni si decide a lasciare. Non gli è stato facile, dopo trent’anni di permanenza a Perego!
I superiori mi chiedono la disponibilità, durante l’emergenza, di prendere in mano la parrocchia. Accetto. Ricordo ancora quei pochi mesi: mi sentivo di nuovo pastoralmente utile. La gente, nel frattempo, nutriva qualche illusione: che io fossi nominato parroco. Ma non era ancora giunto il momento di prendere in mano una comunità».
Ecco, uno dei due “individui” era proprio il nostro “caro” maestro Giorgio dall’Angelo. Un maestro che approfittava degli strumenti della scuola dove insegnava per ciclostilare un giornaluncolo (non era “Caffècorretto”!), di odore ideologico-politico, fatto distribuire di casa in casa, dagli stessi alunni. Dico ciò che ho constatato con i miei occhi, e non per sentito dire. Su questo giornaluncolo appariva di tutto, e si contestava, spesso e volentieri, l’operato di don Giovanni, mettendolo in ridicolo, vergognosamente, senza alcun rispetto per la persona.
Lo si sapeva: Giorgio Dall’Angelo, appena aveva a che fare con un debole, ci prendeva gusto, soprattutto se era un prete. Forse per una innata vocazione, voleva lui stesso fare il prete, e l’ha fatto come maestro e poi come sindaco. Che cos’erano le settimane residenziali al mare, quasi un’alternativa all’oratorio feriale? Si diceva miscredente o qualcosa di simile, e poi ogni anno organizzava in paese il Presepe vivente, occupando per le prove ore e ore di scuola, magari intere giornate.
Quando nel 1996 il cardinale Martini mi inviò a Monte, pur essendo vicino al mio Paese di Perego (a qualche chilometro di distanza), dove continuai a mantenere la residenza civica, mi presi subito a cuore la mia nuova piccola comunità, ignorando “quasi” Perego, riservandomi però il mio dovere-diritto di elettore
Ho detto “quasi”, in realtà forse sono stato il primo a suscitare scalpore attorno al Piano edilizio “Gloria”, che prevedeva (e prevede) un gruppo di villette o di condomini sul terreno sovrastante le scuole e il palazzo comunale. Avevo tra l’altro interpellato un geologo, il quale, conoscendo bene il territorio della collina, mi aveva espresso forti perplessità per eventuali costruzioni di notevoli dimensioni sul terreno sopra il Comune. E mi ricordo di aver anche tirato in ballo un altro Piano edilizio, a Lissolo. Anche su questo vorrei qualche chiarezza.
C’è di più. Ci sono stati momenti in cui, durante soprattutto l’amministrazione di Giorgio Dall’Angelo, la canonica di Monte divenne la sede di incontri con la minoranza. Fu in quel momento che toccai con mano l’inconsistenza anche dell’opposizione, la quale si sfasciò del tutto, del resto già divisa tra Destra/Sinistra e Lega, quando il sindaco si aggravò a causa della sua malattia. Mi sentii dire: “Come si fa ora a contrastarlo politicamente?”. Al che risposi: “Amicizie e malattie non devono mai compromettere il Bene comune! Certo, di fronte alla malattia bisogna avere tanto riguardo per la persona, ma non si deve permettere che nel frattempo l’amministrazione faccia le porcate che vuole. Anzitutto: se io sapessi di avere una malattia in corso, non mi candiderei a fare il sindaco; secondo: se, durante il mio mandato, mi capitasse una malattia grave, rinuncerei all’incarico. Il Bene comune richiede salute, efficienza e tempo”. Pensatela come volete. Nessuno deve assumersi un incarico come se fosse un onore o la conclusione di una bella carriera. Ogni incarico è servizio, e, se non si può più servire, si lascia l’incarico. Ho detto questa cosa anche a proposito degli ultimi anni di Giovanni Paolo II, ed è per questo che non smetterò di elogiare il gesto di rinuncia fatto da Benedetto XVI!
Ma torniamo a Monte. Quando venni a sapere che una famiglia della mia parrocchia era stata derubata da un assessore del Comune di Perego nel proprio diritto di prelazione sulla casa dove da cent’anni abitava, come custodi, giardinieri, coltivatori e altro, allora andai su tutte le furie. E l’assessore era l’amico del cuore di Giorgio Dall’Angelo, sindaco! Chiesi al sindaco un appuntamento: mi ricevette con un tono canzonatorio. Mi disse che era una questione del passato. Ma come poteva esserlo, se c’era una causa in ballo? Il sindaco, Giorgio Dall’Angelo, mi assicurò che avrebbe tolto in parte l’incarico all’assessore, senza tuttavia estrometterlo del tutto dall’amministrazione. Ci vuole poco per pulirsi apparentemente il culo e salvare la faccia. D’altronde, l’assessore era suo amico! Diamine, almeno dovevi consigliarlo a suo tempo, dicendogli di non fare quel gesto di sopruso! No!
Giorgio Dall’Angelo morì, in odore di santità, e furono indette nuove elezioni. Che fece la candidata sindaco, Paola Panzeri, appartenente alla cricca “Giorgio Dall’Angelo”? Rimise in lista l’assessore! Mi salì il sangue alla testa! Contestai pubblicamente e anche privatamente, la nuova lista. Ma la candidata sindaco si ostinava nel sostenere che lei non sapesse nulla della vicenda (era già avviata una denuncia nei riguardi dell’assessore per omissione di atti di ufficio!). Poi seppi che, se Paola Panzeri lo avesse tolto dalla lista, probabilmente avrebbe perso le elezioni: sarebbe mancato l’appoggio di un consistente gruppo legato all’assessore. La lista di Paola Panzeri vinse (io comunque non la votai!), e l’assessore, pur con una causa pendente sulle spalle, rimase, fino a quando arrivò la sentenza. In un colloquio con la sindachessa, le dissi senza mezzi termini: “Ora Lei lo deve buttar fuori dal Comune!”. Mi ripose che non l’avrebbe fatto, ma che toccava alla persona interessata decidere. Da allora iniziai a odiare il Comune di Perego.
Ora chiedo, da parte degli ex amministratori di Perego presenti nella nuova amministrazione, una esplicita e pubblica confessione di quanto è successo. La stessa sindachessa, Roberta Trabucchi, le cose le dovrebbe sapere, se è vero che, come mi hanno riferito, ha preso il posto dell’assessore che ha dovuto lasciare l’incarico. Non si è mai chiesta del perché delle sue dimissioni?
Ma, come si dice, chi odia ama. Ed è per questo che, ora, dopo essere stato rimosso da Monte (leggere il mio libro citato), con la gioia di alcuni parrocchiani di Monte, soprattutto di Rovagnate e di Perego, mi trovo qui a Cereda o a Perego, ad avere tutto il tempo disponibile per pensare al mio paese. Ho lottato per la fusione, ed ora lotto perché la fusione non diventi un fallimento o una catastrofe.
Lottare per me è continuare a vivere. Guai se avessi niente da fare. Sarei già in stato vegetativo. Quando ci andrò, staccherò la spina.
NOTABENE
Adesso aspetto repliche, chiarimenti, e magari anche qualche denuncia per diffamazione. In tal caso, aumenterò la dose delle verità, che nessuno finora ha avuto il coraggio di svelare.
Molto interessanti tutti questi fatti.
Anche un piccolo centro può rappresentare un microcosmo di esperienze, di fatti, di personaggi, di eventi, positivi o negativi, che si disnodano lungo il corso dell’esperienza umana.
E questo rappresenta un elemento di ricchezza, la ricchezza delle esperienze umane, fatte di tante persone e situazioni diverse.
Si fidi di me Gianni, il bene che ha fatto il signor Giorgio Dall’Angelo è tanto. Tutti in comunità lo stimano e gli han voluto un gran bene. L'”oratorio feriale” che faceva Giorgio era un modo per stare insieme senza scopo di lucro, e far passare delle splendide vacanze alle famiglie spendendo pochissimo.
Per quanto mi riguarda Giorgio Dall’Angelo è un esempio di vita che ha insegnato valore civico a tanti bambini ragazzi di Perego e non. Coi suoi pregi e coi suoi difetti. E mi fa davvero male sentir parlar male di lui che non si può piu difendere. Se ci fossero più Giorgio Dall’Angelo il mondo sarebbe un posto migliore.
Gianni può anche fidarsi di te, perché lui abita fuori Lombardia. Ma io non posso accettare ciò che hai scritto, perché su Giorgio Dall’Angelo potrei dire altre cose, e non certo positive. Perego è una ferita unica!
caro sig. Elia, ma io non ho espresso alcun giudizio su nessuno, per cui neppure capisco perchè lei parli a me del personaggio citato, francamente, personaggio che, appunto, non ho mai conosciuto.
Forse non hai capito ancora chi sono i brianzoli: un branco di pecore che corrono dietro al primo imbonitore di turno (vedi, nel caso, Giorgio Dall’Angelo), e sono tanto codardi che neppure quando si tratta di difendere un loro “carissimo” e “santissimo” maestro, tolgono la maschera. Se devo difendere qualcuno che ritengo onesto, perché mi devo nascondere? Allora vuol dire che: gatta ci cova.