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Jasmine Cristallo
Attivista politica, Meridionalista, Coordinatrice calabrese e referente Nazionale del movimento 6000sardine
IL BLOG
03/09/2020
Il nostro No è un forte sì
alla nostra Storia Costituente,
alla Carta Costituzionale
Il primo atto che segnò l’avvio della “strategia modellante” della Costituzione ai bisogni della classe dirigente e dei nuovi blocchi sociali dominanti che si andavano a determinare, e con essi al nuovo corso della globalizzazione senza stati, fu l’abolizione della legge elettorale proporzionale.
I Costituenti, noi li chiamiamo Padri e Madri ma erano in gran parte giovani con un’età media che non superava i 41 anni, avevano pensato che la rappresentanza politica dovesse essere rapportata fedelmente alla multiforme società civile, e per questo si scelse il sistema elettorale proporzionale, sebbene non “incastrato” nella Costituzione, ma contenuto nel monito costituente al Parlamento.
I valori costituenti indicavano, pertanto, la strada di rappresentare in modo ampio tutte le diversità e istanze valoriali di cui l’Italia del dopoguerra si andava arricchendo.
Quindi torna come un macigno la responsabilità di chi quella forma elettorale ha voluto spazzare via.
Da allora ha inizio una strategia di adeguare sempre più il sistema di rappresentanza parlamentare a formule che si scostano profondamente dai principi fondamentali della Costituzione.
In Italia abbiamo assistito a un insano e pericoloso andamento legislativo volto a trapiantare formule differenti dalle nostre, importandole da sistemi costituzionali assai differenti per forme di stato e forme di governo (democrazie presidenziali, maggioritarie e tendenzialmente incentrate su pochi partiti sempre più a guida personale, mentre la nostra democrazia è basata su un equilibrio perfetto fra esecutivo e legislativo, multipartitico e pluralistico e dunque improntato alla rappresentanza delle minoranze).
Quanto viene proposto con il taglio lineare da 915 a 600 membri delle due Camere, completa in modo netto il percorso avviato nei decenni passati, ponendo le nostre Istituzioni fuori dallo spirito costituente.
Quale fine perseguivano i nostri padri e madri costituenti quando indicarono in un rapporto di 1/80.000 (o frazione maggiore di 40.000) i rappresentati alla Camera e di 1/200.000 (o frazione maggiore di 100.000 quelli del Senato la base minima della rappresentanza popolare?
Si legge, infatti, nel resoconto della seduta del 27 gennaio 1947 dell’Adunanza Plenaria della Commissione per La Costituzione presieduta da Ruini che l’obiettivo dei costituenti era di determinare una rappresentanza più ampia e più forte del passato che rifuggisse dalle tentazioni tipiche delle forze anti-progressiste di esautorazione degli organi rappresentativi.
Il principio inserito nella Costituzione era addirittura quello di una rappresentanza incrementale, che si ampliasse al variare in aumento della società civile, affinché fossero accolte tutte le specificità presenti e future che avrebbero caratterizzato la nostra democrazia.
Anche la successiva modifica costituzionale del 1963, non taglia, ma fissa un numero permanente dei rappresentanti. E tale numero non fu casuale: poiché nell’elezione del 1958, stando al rapporto indicato nella Costituzione, furono eletti 596 deputati e 246 senatori e considerato, come si legge nella relazione al progetto di revisione costituzionale, che i Senatori erano in numero insufficiente per assolvere i medesimi compiti della Camera dei Deputati, si stabilì il numero di 630 deputati e di 315 senatori, migliorando, in tal modo, l’efficienza e la rappresentatività del Senato.
Capite la differenza? Non si taglia, non si diminuisce la rappresentanza, ma si assume un criterio per consolidarla e rafforzarla!
Così, con il taglio dei parlamentari, non solo si comprime la rappresentanza passando da un rapporto di parlamentare per abitante pari a 1/152.000 alla Camera e 1/302.000 al Senato, ma si prevede per il Senato un numero di componenti inferiore a quello che già lo rendeva inefficiente nel 1963!
Inutile poi sottolineare quanto intriso di demagogia e sentimento antiparlamentare sia la questione dei costi: in Assemblea costituente, a chi sollevava la questione, l’On. Terracini, rispose che si trattava di ”un argomento debole e facilone”, e aggiungo populistico e fuorviante, che approfitta dello stato di crisi profonda in cui versano il mondo del lavoro, le famiglie, gli uomini e le donne di questo Paese, frutto delle scelte neo-liberiste che tutti i governi finora succedutosi hanno imposto. E non a caso, questo stravolgimento della nostra Carta costituzione viene posto in essere da forze politiche distanti dai valori costituenti.
Infine, un argomento che spesso viene taciuto: il taglio dei parlamentari è solo un primo passo di un disegno riformatore delle nostre istituzioni che, se completato, ci porterà a una sfigurazione della nostra democrazia parlamentare: sono già in fase di approvazione due proposte di revisione costituzionale, la prima concernente il referendum propositivo, che sposta il fulcro della decisione dal Parlamento alle masse (seguendo i diktat della Casaleggio & C. di superamento del Parlamento quale luogo della decisone) e il secondo che vorrebbe ridurre la rappresentanza politica a un mandato di tipo privatistico, attraverso l’introduzione del mandato imperativo che renderebbe il Parlamentare, che oggi rappresenta la Nazione secondo l’art. 67 della Costituzione, in un portavoce delle Segreterie di Partito, sostituendo un’oligarchia alla nostra democrazia e svilendo la sede principale della rappresentanza democratica, il Parlamento, che nasce proprio per fare argine al potere assoluto degli antichi sovrani.
E proprio richiamando l’antica funzione dei Parlamenti, auguro alle cittadine e ai cittadini attraverso il loro No al taglio dei parlamentari, gridato a gran voce, di ridare centralità al Parlamento, separando il prestigio dell’organo costituzionale da chi, a volte immeritatamente, si è seduto sui suoi scranni. Perché i politici passano, ma la Costituzione e il Parlamento devono essere stabili presidi delle nostre libertà.
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