da NIGRIZIA
4 Settembre 2020
Nigeria, scontro sulla gestione pubblica dell’acqua
La legge sulle risorse idriche
riaccende la questione etnica
L’amministrazione Buhari ha reintrodotto il dibattuto sulla legge sulle risorse idriche nazionali, approvata dalla camera dei rappresentanti e avversata da politici, giornalisti e gruppi della società civile. Un disegno di legge che pone le basi per l’ennesimo scontro inter-etnico tra Fulani e comunità del sud
Anna Loschiavo
Nel luglio scorso la camera dei rappresentanti nigeriana ha approvato il controverso National water resources bill (Legge sulle risorse idriche nazionali), ora in attesa dell’approvazione finale.
La decisione di ripresentare la proposta di legge in parlamento sarebbe stata presa dall’amministrazione del presidente Muhammadu Buhari, pur essendo stata già rigettata nel 2018 dall’assemblea nazionale, in quanto oggetto di avversione popolare e clamore mediatico.
Sostituendo il sistema vigente di approvvigionamento e di gestione dell’acqua, il disegno di legge, se approvato in via definitiva, garantirebbe al governo federale nigeriano il controllo su tutte le risorse idriche del paese. Gli oneri di gestione e rifornimento di acqua a livello statale e locale verrebbero assegnate ad agenzie ad hoc, istituite dal governo di Abuja, che “promuovono la gestione integrata delle acque e la gestione coordinata del territorio e delle risorse idriche, superficiali e sotterranee, dei bacini fluviali, degli ambienti marini e costieri adiacenti, e degli interessi a monte e a valle”.
Politici, analisti, giornalisti e rappresentanti di gruppi della società civile hanno criticato aspramente la reintroduzione del disegno di legge.
Sunny Onuesoke, leader del Peoples democratic party (Pdp), ha esortato i nigeriani e i legislatori a respingere la nuova legge sulle risorse idriche, denunciando la sua introduzione come contraria al regolamento della camera dei rappresentanti e alle disposizioni della Costituzione del 1999.
Secondo Onuesoke e alcuni analisti nigeriani, il deferimento del National water resources bill alla commissione incaricata, violerebbe in particolare l’ordine 12, articolo 16 del regolamento della camera dei rappresentanti, il quale stabilisce che un disegno di legge presentato e discusso in un’assemblea precedente, debba essere nuovamente esaminato, e che vengano fatte circolare tra i legislatori copie pulite, ossia contenenti le disposizioni originali e le successive modifiche.
Nelle dichiarazioni del leader democratico si leggono però anche dei riferimenti alla ben nota querelle etnica, tra gli Hausa-Fulani degli stati del Nord, gli Yoruba del sud-ovest e gli Igbo del sud, che perseguita la Nigeria da secoli. Onuesoke ha infatti definito il progetto di legge “un complotto” per promuovere gli interessi della popolazione di allevatori di bestiame di etnia Fulani.
Sulla stessa lunghezza d’onda, il giornalista Bayo Oluwasanmi scrive su Sahara Reporters: “Tutto ciò che Buhari cerca è l’egemonia Fulani”. Gli fa eco Festus Adedayo che in un articolo pubblicato sul Premium Times dichiara: “Dopo il fallimento della politica Ruga (Rural Grazing Area, ndr), la legge sull’acqua è un altro stratagemma del presidente. Se la legge venisse approvata, i figli di coloro che volevano la scissione della Nigeria nel 1966 avrebbero il controllo su tutte le risorse idriche del paese”.
Anche il celebre scrittore, poeta e premio Nobel nigeriano Wole Soyinka ha invitato tutti i cittadini a prendere posizione contro il disegno di legge, illustrandone la correlazione alla suddetta, controversa politica Ruga, approvata dal governo Buhari nel 2019 con l’obiettivo di risolvere i conflitti tra i pastori nomadi, in prevalenza Fulani, e gli agricoltori sedentari ma ben presto sospesa. Agli allevatori sarebbero stati garantiti nuovi insediamenti in diversi stati della Nigeria, dove avrebbero potuto far pascolare le loro mandrie, e forniti di accesso all’acqua, scuole, ospedali, reti stradali e mercati di bestiame.
Tra i gruppi della società civile contrari alla proposta di legge c’è anche il sindacato dei lavoratori (Nlc), che ha contestato non solo il conferimento della proprietà delle risorse idriche al governo federale ma anche il tentativo di imporre ai cittadini nigeriani l’ottenimento dell’autorizzazione da parte del governo di Abuja a praticare fori nelle abitazioni e nelle attività per garantirsi l’approvvigionamento idrico giornaliero, nonostante l’incapacità delle stesse istituzioni federali di provvedere alla fornitura di acqua potabile alla gran parte della popolazione.
Regolamentazione e gestione delle risorse idriche
Attualmente, la responsabilità della gestione delle acque e dell’approvvigionamento idrico in Nigeria è distribuita sui tre livelli di governo federale, statale e locale.
Il governo di Abuja controlla le risorse idriche su tutto il territorio nazionale, ma sono i governi statali a garantire l’approvvigionamento idrico nelle zone urbane, e i governi locali, assistiti dalle comunità indigene, ad assicurarne il rifornimento nelle zone rurali. La responsabilità sulle strutture igienico-sanitarie non è invece chiaramente definita.
Il ministero federale delle risorse idriche (Fmwr) è la principale istituzione ad occuparsi di acqua, sanità e igiene in Nigeria, ed ha l’autorità sulla formulazione della politica nazionale e della consulenza strategica per la fornitura pubblica di acqua. I ministeri statali delle risorse idriche sono invece responsabili della adozione delle politiche disposte a livello federale e del monitoraggio sui governi locali.
Tuttavia, risulta particolarmente evidente l’inefficienza nella gestione di questa importante risorsa e la mancanza sistematica di risposte al fabbisogno idrico giornaliero dei cittadini nigeriani che spesso non hanno accesso all’acqua corrente.
Tra le cause di tale insufficienza ci sarebbe l’inadeguatezza del Water decree 101 del 1993, la principale legislazione del settore, nonché la grande varietà nella gestione e fornitura di acqua tra le varie giurisdizioni, la gestione inadeguata dei bacini idrici, a cui si somma l’inquinamento diffuso, la carenza di finanziamenti e la mancanza di monitoraggio degli impianti, e infine l’approvvigionamento idrico irregolare.
Sono molti, infatti, gli schemi alternativi di rifornimento idrico utilizzati dai cittadini nigeriani, dai tubi “di fortuna” che trasportano l’acqua dai bacini idrici alle case, ai fori e ai pozzi scavati trivellando il terreno nelle zone urbane, fino alla raccolta di acqua da fiumi e torrenti trasportata in grosse taniche.
La Banca mondiale, nel report Wash a wake up call, dell’aprile 2019, ha rilevato che il settore Wash (Water, sanitation and hygiene) in Nigeria è in condizioni critiche e richiede un’attenzione immediata. E’ stato infatti calcolato che nel 2015 meno di una persona ogni dieci aveva accesso all’acqua corrente nelle aree urbane, che meno di un terzo dei 181 milioni di nigeriani aveva buone e non condivise strutture igienico-sanitarie e che solo il 5,6% della popolazione poteva utilizzare i sistemi fognari.
Il rapporto della Banca mondiale ha evidenziato anche una significativa carenza dei servizi e delle strutture del settore. Durante il periodo del sondaggio, nel 2015, circa il 40% dei servizi di approvvigionamento idrico sono risultati fuori uso, e la gran parte di questi si sarebbero danneggiati nel primo anno di funzionamento dopo la costruzione, presumibilmente a causa della scarsa qualità edilizia.
La questione etnica
Da sempre i tre gruppi etnici maggioritari della Nigeria Housa-Fulani, Yoruba e Igbo, dominano il processo politico e l’allocazione delle risorse nel paese. Come infatti spiega l’opinionista del The Guardian, Michael Owhoko: “Ogni grande gruppo etnico in Nigeria è interessato al controllo del potere politico, burocratico ed economico. Forse l’unico momento in cui le tre etnie maggioritarie lavorano all’unisono è quando la risorsa comune, il petrolio, viene minacciata”.
La reintroduzione del National water resources bill si conferma dunque come l’ennesimo terreno di scontro tra le comunità etniche del Nord e quelle delle regioni meridionali. I membri dei gruppi Yoruba ed Igbo riaccendono i riflettori sull’appartenenza etnica Fulani del presidente Buhari e sui suoi tentativi di introdurre e approvare leggi, e politiche, a tutto vantaggio della sua comunità.
Per di più, negli ultimi anni, ai pastori Fulani, a maggioranza musulmana, vengono addebitati comportamenti violenti e attacchi ai civili, sono spesso accusati di voler “islamizzare” la Nigeria, e anche di tentare di monopolizzare l’industria zootecnica delle regioni meridionali.
Gli spostamenti degli allevatori di bestiame nomadi con le loro mandrie negli stati del sud si sono infatti intensificati in seguito alle incursioni di Boko Haram nel nord-est e agli effetti dei cambiamenti climatici sui territori settentrionali, come dimostra l’emergenza siccità del bacino del Lago Ciad.
A queste preoccupazioni si aggiunge l’evidenza di una sempre maggiore presenza di funzionari pubblici di etnia Hausa-Fulani nelle istituzioni nigeriane, a scapito delle comunità Yoruba e soprattutto Igbo. Secondo uno studio del 2019, pubblicato da Cogent Social Sciences, il 70% dei soldati di fanteria nigeriana, il 70% dei servizi di sicurezza dello stato, il 60% dei vertici dei corpi di polizia e l’80% dei segretari permanenti nei ministeri, appartengono al gruppo Hausa-Fulani.
Significative percentuali di membri di questa comunità si troverebbero anche nelle istituzioni scolastiche, nelle agenzie incaricate di prevenire la corruzione e i crimini finanziari e tra gli ambasciatori e gli alti commissari coinvolti in missioni all’estero.
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