Tempo di bilanci parrocchiali: poca trasparenza e molta manipolazione

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 di don Giorgio De Capitani
Il mese di marzo è il tempo dei bilanci parrocchiali da consegnare presso la Curia. Così almeno è prassi nella Diocesi milanese.
Generalmente, tranne poche eccezioni, si tratta di bilanci fasulli, dove entrate e uscite sono sgonfiate e gonfiate, per evitare di pagare più tasse alla Curia.
Questi bilanci sono la prova di quanta poca trasparenza regni nel campo economico delle parrocchie, e fanno capire con quanta spregiudicatezza si cerchi di imbrogliare Chiesa e Stato.
Almeno, si avesse la prudenza di non rendere pubblici questi bilanci su Notiziari parrocchiali, da cui poi i giornalisti locali attingono per fare le loro considerazioni!
Forse l’impudenza è la virtù peculiare di noi preti, che sfidiamo la buona fede del popolo di Dio, mettendo però a rischio la nostra credibilità.
Che dire d’altro?
Dico solo che la questione economica di una parrocchia non fa che stridere con la coscienza di chi non fa che predicare il rispetto per la legge di Dio, e poi disattende con tanta faciloneria la legge dello Stato, oltre che venir meno al dovere di pagare le tasse alla Curia.
Che pagare le tasse allo Stato o alla Curia sia sempre giusto o fino a che punto lo sia, è un’altra questione. Anch’io, quando ero a Monte, ero sempre in crisi, ogniqualvolta ritenevo “giusto” accettare lavori in nero, ma ci tengo a dire che, negli ultimi anni, ho cercato di essere in regola con lo Stato. Inoltre, ci tengo a dire che non ho mai falsificato i bilanci parrocchiali da consegnare in Curia, tanto da pagare una cifra notevole per una piccola parrocchia qual era la mia. Se pensate che, come potrete notare, la parrocchia di Pagnano, di più di 3 mila abitanti, ha pagato ultimamente alla Curia la tassa di 1.420 €, solitamente, ogni anno, la parrocchia di Monte, di 600 abitanti, pagava tra le1800/2000 €.
Siamo gente strana noi preti! È proprio vero: predichiamo bene, e poi razzoliamo male! Forse siamo in graduatoria tra i primi evasori statali!
Ma lo Stato, per tutta una serie di patti o di convenienze o di sudditanze, è sempre benevolo e chiude un occhio con le parrocchie, anche perché nel mondo delle offerte è difficile mettere ordine.
“Pro opere parrocchiali”, e così si copre tutto un giro misterioso di soldi che, così si vorrebbe far credere, vanno tutti “a fin di bene”, come se un operaio non agisse a fin di bene a mantenere la propria famiglia. E perché allora l’operaio dovrebbe essere costretto a pagare sempre e comunque le tasse?
Ma noi preti abbiamo dalla nostra un bene migliore, senz’altro maggiore di chi suda per mantenersi la propria famiglia. E in nome di questo presunto bene migliore ci sentiamo in diritto e in dovere di falsificare i bilanci e di imbrogliare Stato e Curia.

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5 Commenti

  1. enniovico ha detto:

    Don Giorgio, complimenti per la chiarezza, coerenza e senso civile;purtroppo l’esperienza mi dice che è stato, è e sarà una rarità; in ogni caso, speriamo che dai suoi valori germogli qualcosa di buono! Contrariamene saranno guai per i nostri posteri…………… Con Osservanza, ennio.

  2. Giuseppe ha detto:

    I preti sono esseri umani e anche se ci si aspetterebbe che siano migliori degli altri, il più delle volte non lo sono, perciò mi pare evidente che si comportino come tutti. Sfido chiunque a pagare volentieri le tasse! Quanto ai bilanci delle parrocchie, credo che si tratti di una materia piuttosto complicata e, probabilmente, sarebbero necessari degli esperti fiscalisti per venirne a capo e farli quadrare in modo che nessuna delle parti in causa ci rimetta. Non è neanche detto, però, che anche il fiscalista più esperto sia esente da errori, ed oltretutto questi professionisti non prestano la loro opera “gratis et amore Dei” anzi, la maggior parte di loro non si accontentano tanto facilmente di parcelle modeste. Per questo si finisce per fare da soli o ricorrendo all’aiuto di qualche persona di buona volontà, se non altro in questo modo si è consapevoli che se ci dovessero essere degli errori non ci sarebbe da rammaricarsi per aver “buttato dei soldi” inutilmente. Forse nella struttura gestionale ecclesiastica sarebbe opportuno apportare dei correttivi, affidando le incombenze amministrative a un organismo a sé stante, in modo da liberare il clero da impegni che potrebbero essere d’intralcio allo svolgimento della fondamentale attività pastorale ed evitare eventuali problemi di coscienza…

  3. don ha detto:

    Una domanda, per curiosità: da noi la tassa curiale sulle entrate ordinarie è il 2 % e sulle alienazioni e eredità è il 10 %. Anche a Milano è così?

    • Don Giorgio ha detto:

      Non saprei rispondere, dico solo ciò che mi è capitato. Quando ero a Monte, una signora aveva regalato alla parrocchia un terreno agricolo. La Curia milanese che cosa ha fatto? Ha stimato di suo il terreno, l’ha valutato 100.000 € e ha fatto pagare alla parrocchia il 5%. E pensare che la parrocchia è proprietaria di quel terreno per modo di dire, perché non può disporne ciò che vuole, neppure per fare rispettare l’intenzione delle persone offerenti, che avevano messo un vincolo su una eventuale vendita di quel terreno.

  4. GIANNI ha detto:

    Anche l’ente parrocchiale, sopratutto dopo il riconoscimento della personalità giuridica, è specifico destinatario di normative, tra cui quelle tributarie.
    Con obblighi sia verso la diocesi, che verso lo stato.
    Bilanci non veritieri?
    Non è detto, dipende molto dal singolo….operatore, sopratutto per quelle parrocchie che magari, avendo anche attività di natura commerciale, possono essere maggiormente soggette anche a controlli del fisco, pensiamo al bar parrocchiale, al cinema..e via dicendo.
    Certo, anche la parrocchia deve reggersi finanziariamente, economicamente, e quindi è giusto che vi sia un’accorta gestione economica.
    Comunque, anche sotto tale profilo, la realtà è variegata, e quindi non possiamo fare di ogni erba un fascio.
    Diciamo che ogni parroco ha una sua personalità, e come, quindi, una parrocchia può limitarsi a pure attività liturgiche, altre si aprono invece ad attività diverse, e parimenti diverse saranno le voci di bilancio che le riguardano singolarmente, e diversi..se così vogliamo chiamarli, anche gli atteggiamenti verso principi di maggior o minor veridicità.

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