Il Patriarca di Mosca, Kirill, apertamente connivente con Putin il criminale
di don Giorgio De Capitani
Ogni religione, come dice la parola, è un legame: legame alla struttura, legame al potere, legame che lega l’essere umano ad una concezione falsa della stessa Divinità. Ogni religione è idolatra di se stessa: si crea un proprio dio e lo impone ai suoi adepti. Ed ecco un popolo di dio, rincoglionito.
Chiese ortodosse (quante ce ne sono? di tutte le risme!), chiese protestanti o luterane (quante ce ne sono? Di tutte le risme!), Chiesa cattolica (forse una, per fortuna o per sfortuna, dipende!), tutte però sulla stessa barca: sono di una carnalità spaventosa!
Ministri del fatuo, della imbecillità, dell’ultima moda, del correre dietro a maschere d’inganno, a estrosità variopinte di genere, a scriteriati femminismi a ruota libera…
Queste chiese di spirituale hanno ben poco, forse nulla: si aggrappano a tutto, tranne al proprio essere interiore, lasciato nel fondo di un abisso, dove lo Spirito attende invano.
Da queste chiese, compresa quella cattolica, può venire di tutto: barbarie, assassini, delinquenza, connivenze balorde, e anche quel buonismo di facciata, o pietismo che lava la coscienza.
Per me una religione vale l’altra, ognuna è un legame che strozza le coscienze.
Sono nato nella Chiesa cattolica, sono un suo ministro, ma non per questo sono un pedissequo servitore di una struttura che puzza dalla testa ai piedi.
E non intendo uscirne, come fanno tanti burattini: solo dal di dentro mi sento in diritto di contestare questa Chiesa, che da millenni ha tradito Cristo.
La Chiesa cattolica è diventata una religione, ed è per questo che la contesto duramente, fino a quando non tornerà ad essere quel Cristianesimo puro, che non potrà mai essere una religione.
In ogni caso, credere o non credere è un’altra cosa: è la Fede pura che conta, la quale non è legata a nessuna religione. La religione, ogni religione, è solo un mezzo, mai un fine: un mezzo da usare, quando rispetta quel diritto al Divino, che è insito in ogni essere umano.
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www.huffingtonpost.it
07 Marzo 2022
Il patriarca di Mosca si arruola con Putin,
guerra giusta “contro la deriva gay”.
Missione in salita per gli emissari del Papa
di Maria Antonietta Calabrò
Kirill ha deluso le aspettative di quanti sia da parte cattolica che da quella ortodossa ucraina avevano chiesto una pronuncia contro l’invasione dell’Ucraina
Nelle stesse ore in cui il Papa dopo l’ Angelus ha chiamato la guerra con il suo nome, nella giornata di domenica, la domenica del Perdono, che in Russia segna l’inizio della Quaresima, il patriarca di Mosca Kirill, notoriamente legato a Putin, ha pronunciato un sermone scioccante che ha frustato le aspettative di quanti sia da parte cattolica che da quella ortodossa ucraina, avevano levato le loro voci affinchè il patriarca si pronunciasse chiaramente contro la guerra d’invasione. Ma la sua risposta è stata l’opposto. Kirill infatti ha parlato in termini apertamente giustificazionisti della guerra in Ucraina, vista come lotta contro le élite mondialiste e la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana. L’esempio principale? Il Gay Pride.
Per Kirill lo “scoppio delle ostilità” è arrivato dopo che “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass”, dove c’è “un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”. E secondo lui “oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo felice, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della libertà visibile. Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay”.
Nel suo sermone al termine della Divina Liturgia nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, il patriarca ortodosso inoltre ha fatto riferimento solo alle vittime filo-russe nel Donbass, e mai a quelle dell’invasione in corso. E ha fatto appello ai credenti a seguire le decisioni delle autorità governative. “Siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico – ha quindi insistito a proposito della necessità di combattere -. So come, purtroppo, gli ortodossi, i credenti, scegliendo la via di minor resistenza in questa guerra, non riflettano su tutto ciò a cui pensiamo oggi, ma seguano umilmente la strada che mostrano loro i poteri costituiti”.
Il nodo da mettere in luce è che per il Patriarcato di Mosca la guerra contro l’Ucraina è l’occasione di una vera e propria riconquista, visto che dopo lo scisma della Chiesa ortodossa del 2018, ha perso tra il 60 e il 70 per cento dei propri fedeli. La gran parte degli ortodossi ucraini si sono costituiti in una chiesa autocefala che ha avuto la benedizione del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Più che dimezzando così la consistenza della chiesa di Mosca nel suo complesso in tutto il mondo ortodosso (cioè non solo in Ucraina), a favore appunto del Patriarcato di Costantinopoli. Sembra perciò che Kirill segua Putin in modo che si avveri in Ucraina l’ espressione latina “cuius regio eius religio”.
Non è un caso se il 2 febbraio 2022 a pochi giorni dall’invasione, Putin ha insignito il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca (e spesso in Vaticano) di una delle massime onorificenze russe: l’Ordine di Aleksandr Nevskij, il santo nobile russo, principe di Kiev, sepolto a San Pietroburgo, la città natale di Putin, di cui è patrono. Nel Salone di San Giorgio del Cremlino, Hilarion si è rivolto a Putin non solo ringraziandolo per l’aiuto ai cristiani in Siria contro i terroristi, ma anche per quello che sta facendo in Africa. Ha aggiunto, con un riferimento trasparente all’Ucraina: “Il nostro Dipartimento è talvolta chiamato Ministero degli Affari Esteri della Chiesa, il che non è esatto, poiché ci occupiamo non solo di affari esteri, ma anche di relazioni interreligiose nella nostra Patria. E negli ultimi anni ci sentiamo sempre di più una sorta di dipartimento di difesa, perché dobbiamo difendere le sacre frontiere della nostra Chiesa”. E ancora: “La Chiesa russa si è formata nel corso di più di dieci secoli e l’abbiamo ereditata entro i confini in cui è stata creata. Non l’abbiamo creata noi, e non possiamo distruggerla. Per cui continueremo a resistere alle sfide esterne che dobbiamo affrontare oggi”.
La guerra della Russia all’Ucraina ha anche questo risvolto religioso per il Patriarcato di Mosca: riannettersi quello che, a suo parere, le sarebbe stato tolto.
A dar man forte a Kirill nella sua crociata anti mondialista è tornato a farsi sentire proprio oggi l’ex nunzio apostolico negli Usa – e stretto alleato di Donald Trump anche in occasione dell’assalto al Capitol del 6 gennaio 2020 – l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, con una sua “dichiarazione sulla crisi Russia – Ucraina” in cui accusa, in modo consonante con Kirill, il Presidente Zelensky di essere una pedina per l ‘espansione della ideologia Lgbtq.
Nel frattempo il Papa ha inviato due cardinali “in missione verso l’ Ucraina”. Si tratta dell’Elemosiniere Konrad Krajewski, polacco, che cercherà di raggiungere il Paese passando per la Polonia, e del prefetto ‘ad interim’ per lo Sviluppo umano, Michael Czerny, cecoslovacco naturalizzato canadese, che transiterà invece dall’Ungheria. Testimonieranno la vicinanza e l’aiuto di Francesco per la popolazione sofferente della nazione invasa che, ha ricordato all’ Angelus, ha la Madonna come propria regina. Una missione molto difficile che non si sa fino a dove potrà arrivare in un paese che secoli fa vide il martirio in Crimea di ben due Papi (Clemente I, le cui ossa sarebbero state traslate proprio a Kiev, e Martino I).
Da parte sua il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin ha dato seguito alla parola di Papa Francesco ( “La Santa Sede farà di tutto per la pace”) dichiarando che “quello che si deve fare adesso, prima di tutto è fermare le armi e i combattimenti ma soprattutto evitare una escalation. E la prima escalation è proprio quella verbale”, ha detto a Tv2000 spiegando che “l’intervento della Santa Sede si colloca a più livelli”, “religioso”, “umanitario” e se le parti in causa lo richiedono, “poi c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico”.
Sembra che per le sue più recenti meditazioni il patriarca Kirill abbia un poco trascurato il Vangelo ma si sia fermato alla Genesi, 18 e 19, affascinato dalla distruzione di Sodoma e Gomorra!
Caro Giorgio, sarà ora che il Pontefice si desciùli!
Forse aprire una dialettica accesa tra le varie Chiese potrebbe sensibilizzare i popoli. Per questa situazione e per quelle che verranno. Non si può più attendere. E basta con i buonismi privi di sostanza e vigliacchi, senza posizioni.
Scusami Andrea, ma vorrei capire meglio cosa intendi per i “buonismi privi di sostanza”. Cosa vuoi dire? E cosa dovrebbe fare il Papa?
Ora che il patriarca Kirill ha fatto, come si potrebbe dire, il proprio “coming out” sarei curioso di sapere se il Papa è ancora desideroso di incontrarlo.
Oppure lo vorrebbe incontrare proprio per questo in quanto (Matteo 9,12) “non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”!
Molte immagini viste oggi in rete (e quella qui pubblicata) contano più di mille parole.
Cantava Battiato:
“E cosa devono vedere ancora gli occhi/
e sopportare:/
i demoni feroci della guerra/
che fingono di pregare!”
Tristezza immensa.
Ancora “uomini del sacro” agghindati come pagliacci, stracarichi di pizzi candele e tiare d’oro, che brandiscono crocifissi dorati come scettri, e benedicono i bombardieri che partono per distruggere città e massacrare famiglie.
Duemila anni di cristianesimo non sono serviti davvero a niente.
grazie Luca,
faccio tesoro del tuo commento e, col tuo permesso, farò girare!