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07 Luglio 2023
Forlani ha pagato per tutti.
L’Italia è un paese che dimentica
e lui aveva chiesto di essere dimenticato
di Gianfranco Rotondi
L’umiliazione di una condanna – scontata ai servizi sociali – perché “non poteva non sapere” del finanziamento illecito della Dc, un’abiezione giuridica possibile solo nel tempo della falsa rivoluzione manettara
Da qualche ora Arnaldo Forlani è entrato nella domenica senza tramonto, dove lo aspettavano Fanfani, De Mita, Donat Cattin, tanto per citare i leader democristiani a cui certamente egli voleva più bene.
In un Paese che invecchia, non abbiamo bisogno di ricordare chi era Forlani: l’azienda Italia è ancora guidata – nelle imprese, nelle autonomie locali, meno nella politica – dalla classe dirigente cattolica di cui Forlani fu espressione apicale. Tuttavia c’è una parte del Paese a cui il nome di Arnaldo non dice nulla: i nativi della seconda repubblica non hanno mai sentito parlare dell’ultimo segretario della Democrazia Cristiana.
Colpa anche sua, di Arnaldo, intendiamoci: l’Italia è un paese che dimentica, e lui ha chiesto di essere dimenticato, mai domanda e offerta si sono incontrate così perfettamente. Ma diciamolo ai giovani chi era Arnaldo, e perché noi vecchi ragazzi democristiani sessantenni sentiamo di perdere una parte di noi: Arnaldo era, con De Mita, la Democrazia Cristiana. Si unirono in un patto generazionale che risale al 1969, e fu detto ‘il patto di san Ginesio’, dal nome del paesino marchigiano in cui fu contratto.Nei due decenni successivi, De Mita e Forlani si articolarono nelle cento sfumature di grigio che consentiva la Democrazia Cristiana: alleati, competitori, avversari, comunque e sempre gemelli. E se ne sono andati assieme, a pochi mesi l’uno dall’altro.
Con Arnaldo veramente si chiude la storia della Democrazia Cristiana, a dispetto di rifondatori un tanto al chilo e di rissose e colorite dispute su nome e simbolo del partito.
Era proprio Arnaldo a spiegarci, trent’anni fa, perché era illusorio il nostro tentativo di riproporre il partito: “è come quando hai recitato una commedia per una vita” scandiva con la sua chioccia voce marchigiana “e continui con la tua parte, senza accorgerti che alle spalle lo scenario è cambiato, e la tua parte non è più attuale”.
Arnaldo si era ritirato, non aveva mai ceduto alle lusinghe di una prosecuzione del suo impegno nelle istituzioni. Aveva pagato per tutti, con l’umiliazione di una condanna – scontata ai servizi sociali – perché ‘non poteva non sapere‘ del finanziamento illecito della Dc, una abiezione giuridica possibile solo nel tempo della falsa rivoluzione manettara. Ovviamente ai servizi sociali Forlani ci andò da solo, con la sua dignità, mentre si riciclavano orde di democristiani di destra e di sinistra, che anch’essi “non potevano non sapere”, e infatti sapevano perfettamente, ma dimenticavano agilmente. In questi trent’anni di Forlani si sono ricordati in pochi. Magari in queste ore ci sarà un sussulto di buona coscienza, e qualcuno reciterà un fervorino di circostanza. A questo punto non saprei cosa è peggio, se una dichiarazione di circostanza o una frase ipocrita. Il lungo silenzio di Arnaldo forse suggerisce un estremo sforzo di discrezione, in virtù del quale parli chi ha sempre parlato, e taccia chi ha taciuto quando invece era il momento di parlare.
Il ciclone di mani pulite ha spazzato via, oltre al marciume politico di chi aveva approfittato delle istituzioni, anche i galantuomini e i politici veri e genuini…