
dal Corriere della Sera
Enrico Letta: «Emozionato,
dalla Francia ottima notizia per l’Europa.
Ma bisogna dare risposte
alle ansie emerse con le urne»
di Monica Guerzoni
L’ex premier e segretario del Pd: «Il centrosinistra in Italia trovi una sua strada, come fu con Prodi».
Enrico Letta risponde al Corriere cinque minuti dopo la chiusura delle urne. L’ex premier ed ex segretario del Pd, cui le istituzioni europee hanno affidato il report sul mercato unico, ha nella voce la soddisfazione per il boom della sinistra in Francia e il sollievo per il pericolo scampato: «Sono emozionato. Il risultato è molto meglio delle attese e indica che c’è stato un soprassalto da parte dei francesi».
Quando Macron ha sciolto con un azzardo l’Assemblea nazionale tanti gli hanno dato del pazzo. E adesso? È lui il vero vincitore?
«Un azzardo rischiosissimo, che però ha consentito di fermare Le Pen. I francesi sono fortunati ad avere un sistema elettorale così, a due turni, che a differenza del nostro consente le desistenze».
Nonostante gli errori, l’era di Macron non è finita?
«Lui comunque sarà sulla scena, sarà lui a dare l’incarico e il voto dice che devono trovare una larga coalizione. Senza veti e senza usare la clava uno contro l’altro. È l’ultima chance che i francesi danno a una politica europeista e non può essere buttata via, deve essere gestita con grande attenzione e delicatezza».
Si è votato in un clima di paura e di attesa spasmodica. Quali saranno gli effetti per l’Europa?
«Il risultato è un’ottima notizia per l’Europa, perché aver fermato la sfida populista distruttiva di Le Pen e Bardella consente di guardare ai prossimi cinque anni con un maggiore ottimismo. Ma ci sono due “però”, due condizioni fondamentali perché questi numeri diventino una realtà positiva. In Francia devono mettere da parte gli egoismi e costruire un’alleanza larga che funzioni e abbia vita lunga. Se facessero una coalizione che si va a schiantare nell’arco di pochi mesi, o una cosa debole, insulsa, insipida, sarebbe il modo migliore per aiutare Le Pen a vincere le presidenziali».
Seconda condizione?
«Il secondo caveat è che l’Europa non può andare avanti come se non fosse successo nulla. Il verdetto che ha premiato l’estrema destra alle Europee e il risultato del primo turno francese sono il segnale di ansie fortissime e profonde, a cui la politica dell’Unione deve dare risposte. Non si può voltare pagina senza tenerne conto».
Cosa insegna ai vertici della Ue la lezione francese?
«Insegna che alle ansie profonde delle persone bisogna rispondere con soluzioni ambiziose, non in continuità. Come scrivo nel mio rapporto sul mercato unico, è urgente che ci sia una risposta su come finanziare il Green deal, perché quelle ricette toccano la vita delle persone, le imprese, le case, le automobili. Se non si trova una soluzione a livello europeo su come coprire i 500 miliardi di euro l’anno di costi stimati, il populismo avrà facile gioco».
Pensa che Ursula von der Leyen sarà eletta?
«Mi sembra che questo risultato la rafforzi, però a patto che il programma sia ambizioso e che risponda alle paure dei cittadini, che vivono nelle regioni periferiche. Il voto indica che ci sono due France, quella parigina e quella dei territori sfavoriti».
A forza di cordoni sanitari non si rischia di gonfiare il vento delle destre estreme, sovraniste e populiste?
«Il messaggio che traggo da questo voto è che nelle situazioni estreme e quando la legge elettorale lo consente i cordoni sanitari sono fondamentali. Ma bisogna dare le risposte alle domande, altrimenti non sono sufficienti».
Vale anche per l’Italia?
«Anche in Italia bisognerà cercare di essere inclusivi e lavorare senza cambi di rotta, ma da noi si vota fra tre anni. La partita chiave si giocherà a Bruxelles e Strasburgo il 17 e 18 luglio, è necessario e importante che la coalizione europeista vinca».
Il successo di Macron indebolisce Meloni in Europa?
«La premier deve fare le sue scelte. L’importante è che l’Italia non si chiami fuori dallo stare al centro dei giochi europei. Io spero che Meloni non si chiami fuori».
Schlein, Conte e gli altri leader del centrosinistra devono ispirarsi al nuovo fronte popolare francese, o al Labour inglese?
«Ne ho viste talmente tante… Dal modello Blair al modello Zapatero, passando per Tsipras. Il centrosinistra deve trovare la sua strada italiana, come ai tempi di Prodi quando l’Ulivo divenne un’ispirazione a livello europeo e mondiale. Anche in casa nostra bisogna affrontare i problemi e assumersi le responsabilità, senza cercare inutili formule magiche».
La formula magica la devono trovare a Parigi. Non ha paura che la Francia precipiti nell’ingovernabilità?
«Devono mettersi d’accordo per far nascere un governo di coalizione, anche se è molto difficile. Devono tentare qualcosa di inedito e forse anche prendersi qualche rischio, avere fiducia gli uni negli altri e abbassare il tasso di egoismo. Altrimenti non ce la faranno e Marine Le Pen andrà in carrozza all’Eliseo».
Per Mélenchon, Macron si deve dimettere.
«Mi sembra che Mélenchon sia partito col piede sbagliato. Devono negoziare, dialogare, stare tutti insieme».
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