Gherardo Colombo: «Il carcere non serve a nulla. Bisogna stare sui territori ed educare»

dal Corriere della Sera

Gherardo Colombo:

«Il carcere non serve a nulla.

Bisogna stare sui territori ed educare»

di Giuseppe Guastella
L’ex magistrato non condivide la linea dura: «Non è che il timore del carcere comporti necessariamente l’astensione da commettere reati»
Che gliene pare dottor Gherardo Colombo, lei che è stato magistrato, dei provvedimenti sui minorenni ?
«Secondo lei, è attraverso la minaccia di una punizione che si riesce a fronteggiare la trasgressione oppure attraverso l’educazione?».
Scolastica o familiare?
«Scolastica familiare, televisiva e attraverso i social. Vivi dove la violenza degli adulti è frequente, guardi la tv e vedi uccidere dalla mattina alla sera, i notiziari parlano di ammazzamenti in continuazione, ci sono un sacco di serie, film e trasmissioni in cui viene sostanzialmente esaltata la violenza, sia del trasgressore sia delle forze dell’ordine. A furia di far vedere che si ammazza, la gente impara ad ammazzare. Sui social fa furore il degrado della dignità delle persone».
Sembra esserci una recrudescenza delle violenze tra i più giovani.
«Sono i guai causati nella psiche dei ragazzi dalla pandemia e dalla interruzione della loro vita sociale, che è durata tanto ed ha provocato situazioni di disagio molto marcate che riguardano non soltanto l’aggressività nei confronti degli altri, ma anche nei confronti di se stessi, come i suicidi, gli atti di autolesionismo».
Cosa crede sia necessario?
«Se guardiamo dal campo educativo, credo servirebbe presenza costante di controllori nel territorio. Un conto è fare i blitz come a Caivano, un conto è che esista una presenza visibile e di una certa costanza che non appaia come il segno di una repressione, ma appunto di un controllo».
Ci sarà più carcere per i minori.
«Che a mio parere non serve a niente. Non è che il timore del carcere comporti necessariamente l’astensione da commettere reati. Forse anche tra chi governa c’è chi ritiene che il carcere serva a poco. Da una parte non è detto che minacciando una pena poi si sia in grado di infliggerla e di eseguirla; dall’altra, quando ci si riesce, 70 volte su cento l’ex detenuto torna a delinquere. Addirittura, soprattutto in certe zone e per la criminalità non sporadica, senza nemmeno arrivare a quella organizzata, il carcere costituisce un titolo di merito nella carriera delinquenziale. Bisognerebbe insistere sull’altra strada, quella culturale».
Carcere per i genitori che non mandano i figli a scuola.
«Altro provvedimento punitivo. Non è attraverso l’imposizione ai genitori che si risolve il problema, ma andando a vedere quali sono le condizioni della famiglia e perché i figli non vengono mandati a scuola che ha tanti problemi ed ha bisogno di risorse e di contenuti. Quanto alle prime, leggo che il dl prevederebbe somme a favore della scuola, questa mi sembra una buona notizia. Per i secondi, andrei a rivedere gli esperimenti di recupero della frequenza scolastica».
C’è poi il mondo di internet.
«Se è impossibile intervenire sui social, allora bisogna educare i ragazzi a capire ciò che trovano in rete e ad evitare quel che danneggia la loro formazione. Più che obbedire senza capire, hanno bisogno di spiegazione, di ascolto. Mi pare il contrario di quello che si sta facendo».

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