9 gennaio 2022: BATTESIMO DEL SIGNORE
Is 55,4-7; Ef 2,13-22; Lc 3,15-16.21-22
Talora può bastare una frase, anche solo poche parole, e qualcosa dentro di noi si muove, anche solo per un piccolo risveglio, quanto basti per permettere che dalla fessura entri più luce possibile. Più luce, più possibilità che lo Spirito occupi lo spazio libero.
Il dramma dell’uomo moderno è quello di non permettere che nemmeno un filo di luce entri nel proprio essere più profondo.
Il primo brano ci offre queste parole: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”.
Contrariamente a quanto solitamente pensiamo, non siamo noi a trovare Dio, o a rendercelo vicino. Lui si fa già trovare al posto giusto, lui ci è già vicino al posto giusto.
Sì, al posto giusto: giusto per il Signore, ma non per noi, che lo cerchiamo dappertutto, ma non al posto giusto.
Dio è l’Eterno presente, eppure viviamo un presente che non è l’Eterno, ma temporale, un presente che se ne va con il tempo che se ne va, trascinando anche noi, frantumandoci in mille cose.
Dio per la sua stessa natura è il Presente, eppure non lo vediamo o lo sentiamo lontano, e il motivo è semplice: siamo “fuori” di noi, lontano dalla Presenza divina che è in noi.
E ci giustifichiamo con delle fandonie: Dio è nel Creato, Dio è anche nella carnalità, Dio è ovunque. E così prendiamo Dio come se fosse un prezzemolo che va bene per tutte le minestre.
E dimentichiamo che Dio non è qualcosa, non è una cosa, non è qualcuno. Dio è purissimo Spirito, e perciò richiede lo spirito.
Più si è spirito, più si è divini.
Oggi si esalta la carnalità del divino, supposto che alla parola “divino” sia rimasto ancora qualcosa di Divino. Per l’uomo d’oggi il divino è la carnalità idolatrata, ovvero il divino è un idolo a cui ci si inginocchia miseramente, oscenamente, in modo anche blasfemo, quando è la Chiesa stessa a vendersi idolatrando se stessa come istituzione.
È assurdo, paradossale, per non dire osceno che la Chiesa non si accorga dell’Eterno presente, e invochi un dio lontano: lontano, perché è quel falso dio ripudiato dagli stessi profeti dell’Antico Testamento.
Come si può pretendere che la Chiesa istituzionale si accorga del suo errore, quando si è da secoli suicidata, condannando il cuore della Mistica, ovvero l’Eterno presente?
Capirà? Dio è ancora paziente, forse sta aspettando che la Chiesa chieda perdono non solo di certi errori del passato (un perdono tra l’altro ridicolo), ma di quei crimini che hanno tentato di far tacere la voce degli spiriti liberi. È anche comodo dire oggi che la Chiesa bruciava solo i corpi degli eretici, in realtà oggi ci chiediamo quanto della loro voce sia rimasto? Dove sono oggi gli spiriti liberi?
Nel secondo brano della Messa, troviamo queste parole: “Così egli (Cristo Gesù) ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo…”.
Non entro in una interpretazione strettamente esegetica del testo. Lascio via libera ai miei pensieri.
Penso alla legge, e subito penso alla Grazia che è la nuova legge dello Spirito, e allora tutto cambia prospettiva, misura, qualità. Si passa dalla carnalità alla spiritualità: dalla carnalità della legge alla spiritualità della Grazia. Siamo in un nuovo Ordine, quello divino.
Il problema c’è ancora, ed è che la Chiesa istituzionale non ha capito la Novità della Grazia, ed è caduta nell’errore della religione ebraica, contro cui Cristo si era scagliato, così fortemente da meritare la condanna a morte.
Di nuovo troviamo una legge, fatta di prescrizioni e di decreti, eppure Cristo l’aveva abolita, “per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo…”.
Anche qui proviamo a volare alto. Si parla di due, e in greco il due (dis-) richiama divisione, perciò male. Il due divide l’uno.
Già qui c’è tutto un pensiero antico che richiama l’unità, si va verso l’Uno, così ripete Plotino, filosofo pagano.
Mi viene spontaneo pensare a Sant’Agostino, quando “confessa” il tempo, in cui viveva nella “regione della dis-somiglianza”, richiamando una espressione di Plotino, il quale a sua volta richiamava le parole di Platone.
L’autore del libro della Genesi ha scritto che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e a sua somiglianza. Il male, dis- in greco, rompe questa armonia profonda, diciamo ontologica, che dovrebbe essere impossibile rompere, altrimenti l’essere finirebbe nel nulla.
Parliamo pure di una dis-somiglianza che tocca il nostro agire, separandolo dal nostro essere, ma diciamo pure che così possiamo mettere in seria difficoltà il nostro mondo interiore, separandolo dal contatto con il mondo del Divino.
Nel terzo brano, troviamo queste parole: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco… il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo”.
“Un battesimo in Spirito santo e fuoco”. Forse avrei bisogno di più tempo per farvi riflettere su queste parole. Ma le parole parlano da sole, purtroppo parlano al vento. Ma anche lo Spirito è vento, e perciò saprà prima o poi depositarle nel cuore di qualche gerarca della Chiesa, ancora ferma a un sacramentalismo, la cui porta principale sembra proprio il battesimo rituale.
Dove oggi vedete il fuoco ardere? Solo tizzoni fumiganti. Eppure basterebbe poco: lasciare via libera allo Spirito, e tutto si infiammerà.
“Il cielo si aprì…”.
I cieli che si aprono: e la Luce divina illuminerà il mondo, immerso nelle tenebre.
Santo Stefano ha visto i cieli aperti, ed è successo il finimondo. Fu ucciso.
Fino a quando vedere i cieli aperti non sarà una benedizione divina, ma una maledizione umana?
I cieli che si aprono!
E la Grazia scenderà sovrabbondante sopra l’umanità disperata.
La vallata delle ossa aride riprenderà a rivivere.
Inizierà una nuova era: quella dello Spirito, che prima però dovrà bruciare quel mondo di avere, di sapere, di potere che ancora sta seppellendo lo spirito dell’essere umano.
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