Obama, eccolo di nuovo. Invita gli studenti a resistere a Trump

da lanuovabq.it
08/04/2025
EX PRESIDENTE USA

Obama, eccolo di nuovo.

Invita gli studenti a resistere a Trump

Barack Obama, all’Hamilton College, invita gli studi legali e le università a resistere a Trump. Lo dice in un momento in cui l’opposizione organizza manifestazioni e proteste, ma è priva di leader e di idee.
di Stefano Magni
All’Hamilton College di Clinton, nello Stato di New York, Barack Obama torna a parlare di politica e incita alla resistenza a Trump. L’ex presidente coglie tutte le occasioni possibili per tornare a parlare di politica, rompendo continuamente una regola non scritta per cui un ex presidente, che non ha la possibilità di ricandidarsi, deve ritirarsi a vita privata. L’ha seguita George W. Bush che, in questi mesi, si starà sicuramente trattenendo mentre osserva il suo successore Donald Trump che dice e fa l’opposto di quel che ha detto, voluto e fatto lui nei suoi due mandati. L’ha seguita anche Bill Clinton, salvo qualche sporadico intervento in campagna elettorale. Obama, invece, è un fiume in piena e la notizia vera è che sia rimasto in silenzio per ben due mesi e mezzo di amministrazione Trump.
«Il ruolo più importante in questa democrazia è quello del cittadino, della persona comune che dice: no, non è giusto. Penso che uno dei motivi per cui il nostro impegno nei confronti degli ideali democratici si è indebolito sia che ci siamo rilassati e siamo diventati compiacenti – ha dichiarato alla platea dell’Hamilton College, concludendo – Sono più preoccupato per un governo federale che minaccia le università se non espellono agli studenti che esercitano il loro diritto alla libertà di parola». E: «Mi preoccupa di più l’idea che la Casa Bianca possa dire agli studi legali: “Se rappresentate parti che non ci piacciono, vi toglieremo tutti i nostri clienti o vi impediremo di rappresentare efficacemente le persone».
Obama omette alcuni “dettagli”, soprattutto per le università. Infatti non si tratta di espellere studenti che “esercitano il loro diritto alla libertà di parola” ma gli agitatori delle occupazioni pro-Pal che hanno rovinato l’anno accademico 2023/24, anche con azioni violente soprattutto ai danni di studenti e professori ebrei e israeliani. La Casa Bianca, nel suo ordine esecutivo, specifica di aver sospeso i fondi pubblici federali a quelle università che non hanno rispettato il dovere di non discriminare gli studenti appartenenti a una minoranza (ebraica, in questo caso), non proteggendoli da aggressioni politiche.
«Se sei uno studio legale minacciato, potresti dover dire: OK, perderemo un po’ di affari perché difenderemo un principio – ha detto Obama – Se sei un’università, potresti dover capire: stiamo davvero facendo le cose per bene? Abbiamo davvero violato i nostri stessi valori, il nostro stesso codice, violato la legge in qualche modo?». In molti casi sì, ma per l’ex presidente democratico questa è solo una domanda retorica. Il succo di tutto il discorso è: c’è un’emergenza democratica e tutti, a partire da studi legali e università devono opporre resistenza. Il “come” è scontato, anche se Obama non lo dice: con cause in tribunale e con la contestazione studentesca. Non un’opposizione politica e democratica, dunque.
Il discorso dell’ex presidente giunge in un momento in cui i Democratici sono, non solo all’opposizione in tutte le istituzioni, ma completamente privi di figure di leadership. Lo stesso Obama risulta essere ormai altamente impopolare. In un sondaggio della Cnn del mese scorso, Obama ha ricevuto solo il 4% di sostegno dai democratici a cui è stato chiesto quale leader rappresenti meglio il partito. La più gettonata è l’estremista di sinistra Alexandria Ocasio Cortez, ma con appena il 10% delle preferenze. Il 30% degli elettori di sinistra, la maggioranza relativa, non individua alcun candidato papabile.
Gli oppositori di Trump, nel fine settimana, hanno riempito le piazze. Secondo la Cnn erano un milione di manifestanti mobilitati, secondo gli stessi organizzatori circa la metà. Ma il problema della sinistra americana è l’assenza di idee. La protesta diventa sempre più violenta, come dimostra l’idolatria sul Web per un sospetto omicida (Luigi Mangione, presunto killer dell’amministratore delegato di un’assicurazione sanitaria) e i sempre più frequenti atti di vandalismo contro le auto Tesla (prodotte da Elon Musk). Ma le idee latitano.
Come constata lo storico Victor Davis Hanson: «Il deputato Al Green non è riuscito né di interrompere né di porre fine al discorso di Trump a una sessione congiunta del Congresso agitando il suo bastone e urlando epiteti. Né, mentre malediceva Trump al Senato per 25 ore in un ostruzionismo che non portava da nessuna parte, il senatore Cory Booker è riuscito a pronunciare una sola parola che potesse offrire il suo presunto modo migliore per affrontare il debito e i deficit schiaccianti».
La sinistra americana risente ancora della sconfitta subita a novembre e nei libri di nuova uscita emergono deprimenti retroscena sulla battaglia per allontanare Joe Biden dalla candidatura. Uno scontro dietro le quinte in cui lo stesso Obama ha combattuto e perso contro Biden (che non avrebbe voluto candidare) e poi contro Kamala Harris (che non avrebbe mai voluto si sostituisse al candidato uscente). Solo liberandosi della vecchia leadership, il Partito Democratico potrà tornare a fare opposizione e competere di nuovo nel 2026, anno delle elezioni di Medio Termine.
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da il Corrierre della Sera
8 aprile 2025

Il discorso di Obama

Rassegna mar 8 aprile
editorialista
di Gianluca Mercuri
Barack Obama ha parlato, e come sempre ha lasciato il segno. In questo momento unico della storia americana e mondiale, le parole del 44° presidente erano particolarmente attese. E certo:
Obama ha messo in luce tutte le distorsioni che Donald Trump sta imprimendo alla democrazia americana.
Ha esortato le università e gli studi legali a non cedere al ricatto del presidente, che taglia i fondi se non fanno quello che vuole lui: hanno abbastanza soldi per resistere un bel po’.
Ha invitato «il cittadino comune» a dire no alla tracotanza trumpiana, a capire che sono in gioco i valori fondanti di quella grande nazione.
Ha sottolineato che questi valori fondanti, lo stato di diritto, la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, tendiamo a considerarli astratti, a pensare che non c’entrino niente col prezzo delle uova. «Ebbene, sapete cosa? Stanno influendo sul prezzo delle uova».
Ha ironizzato sulle grandi aziende che da un giorno all’altro hanno cancellato le norme su diversità e inclusività perché, come dire, non erano più cool.
Ha immaginato che cosa sarebbe successo, se le stesse cose che sta facendo Trump le avesse fatte lui.
Ma Obama non ha detto solo queste cose «di sinistra». Ha ricordato anche gli errori che hanno fatto sentire esclusa l’altra mezza America, e l’intolleranza portata nei campus dagli eccessi del pensiero woke. Si può pensarla in ogni modo, e ricordare tutti i limiti del sogno obamiano, ma come si fa a non notare la differenza tra parole così oneste e i toni del suo successore (e del suo vice)? E soprattutto: il pericolo che Trump e Vance rappresentano? Per questo è utile riportare ampi stralci del discorso di Barack Obama.
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dal Corriere della sera
Rassegna americana

«La carica più importante

in questa democrazia

è il cittadino, la persona comune

che dice: no, non è giusto»

BARACK OBAMA
Quelli che seguono sono brani del discorso che il 44° presidente degli Stati Uniti ha tenuto il 3 aprile allo Hamilton College di New York
Permettetemi di premettere quello che tutti sanno, ovvero che ho profonde divergenze di opinione con il mio più immediato successore, che ora è di nuovo presidente. Ci sono un’infinità di politiche di cui potremmo discutere e sulle quali ho opinioni forti, ma almeno per la maggior parte della mia vita, direi il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, c’è stato un ampio consenso tra democratici, repubblicani, conservatori e liberal su un certo insieme di regole con cui appianare le nostre differenze.
Ci sono alcuni legami che trascendono il partito, il territorio o l’ideologia. C’era un credo a cui tutti ci attenevamo. La nozione di base della democrazia americana, incarnata dalla nostra Costituzione e dal Bill of Rights, è che tutti noi contiamo, tutti noi abbiamo dignità, tutti noi abbiamo valore, e che istituiremo un sistema in cui ci siano lo Stato di diritto, la separazione dei poteri e una magistratura indipendente.
Ci sono queste libertà, la libertà di culto e la libertà di stampa e la garanzia che, se andiamo davanti alla legge, ci sarà un processo. Tutti ci siamo attenuti a questo, più o meno. Questo non significa che non ci fossero politici corrotti. Non significa che non ci siano stati abusi di potere. Nella società stessa, ovviamente, c’erano grandi differenze in termini di accesso, di influenza e di potere. Ma abbiamo detto che, anche se questo ideale non è stato sempre rispettato, era l’ideale giusto da avere.
Credo che il nostro impegno nei confronti di questi principi si sia eroso, e credo che si sia eroso in parte perché il governo stesso è diventato molto grande. Ciò ha significato che a volte si è sentito distante e poco reattivo, e le regole sono una seccatura. Alcune regole non sono intelligenti e la gente si sente frustrata. Penso che parte di ciò che è successo sia anche il fatto che bisogna accettare di non essere d’accordo e avere tolleranza verso le persone con cui non si è d’accordo, visto che siamo tutti simili.
Quando sono arrivato al Senato degli Stati Uniti, ero l’unico afroamericano. C’era un ispanico al Senato degli Stati Uniti. Non sono così vecchio, quindi è una cosa abbastanza recente. Per rendersi conto di quanto fosse diverso bastava guardare la palestra degli uomini al Senato rispetto a quella delle donne. Palestra per uomini, molto grande, e vecchi che camminavano senza indossare abbastanza roba. La palestra per le donne era fondamentalmente uno sgabuzzino modificato con una bicicletta, perché non ce n’erano molte.
In quel periodo della nostra storia, credo che ci fosse un senso generale di “beh, se sono un dixiecrat, un democratico del Sud, se sono un repubblicano del Nord, se sono questo o quello, se ho questa o quella prospettiva in termini di conservatorismo fiscale o di moderazione sociale”, comunque andavamo tutti nello stesso club e parlavamo tutti delle stesse cose.
Poi, a partire dagli anni ’60 e ’70, la gente si è imbucata alla festa.
Ora è un po’ più difficile accettare di essere in disaccordo senza essere sgradevoli, se si pensa che quella persona non è come me. Non mi somiglia, forse non la pensa esattamente come me. Sono più incline a sentirmi attaccato o minacciato. Questo, credo, ci ha reso un po’ più tribali nella nostra politica.
Poi l’economia non funzionava per tutti. Questo, in parte, aveva a che fare con il fatto che il governo non rispondeva come avrebbe dovuto, e la disuguaglianza è cresciuta. Infine, i media. Credo che uno degli aspetti più importanti della nostra pratica democratica sia la presenza di una cittadinanza ben informata, che dipende da una stampa libera, obiettiva ed efficace, e questa ha iniziato a essere attaccata.
Abbiamo visto com’è andata la combinazione di tutti questi fattori nel corso dei decenni. Ma ovviamente ora la situazione è molto peggiorata.
Quando osservo alcune delle cose che stanno accadendo ora, non credo che ciò a cui abbiamo appena assistito in termini di politica economica e di tariffe sia positivo per l’America, ma questa è una politica specifica. Mi preoccupa di più un governo federale che minaccia le università se non consegnano gli studenti che esercitano il loro diritto alla libertà di parola.
Mi turba di più l’idea che la Casa Bianca possa dire agli studi legali: “Se rappresentate soggetti che non ci piacciono, non vi affideremo più i nostri affari o vi impediremo di rappresentare efficacemente le persone”. Questo tipo di comportamento è contrario al patto di base che abbiamo come americani.
Immaginate se avessi fatto tutto questo. Voglio essere chiaro su questo punto. Immaginate se avessi ritirato le credenziali di Fox News dal corpo dei giornalisti della Casa Bianca. State ridendo, ma è quello che sta succedendo. Immaginate se avessi detto agli studi legali che rappresentavano soggetti contrari alle politiche avviate dalla mia amministrazione: “Non vi sarà permesso di entrare negli edifici governativi”. “Vi puniremo economicamente per aver dissentito dall’Affordable Care Act o dall’accordo con l’Iran”. “Rintracceremo gli studenti che protestano contro le mie politiche”. È inimmaginabile che gli stessi partiti che ora tacciono avrebbero tollerato un comportamento del genere da parte mia o di molti miei predecessori.
Non lo dico per una questione di parte. Ha a che fare con qualcosa di più prezioso, ovvero chi siamo noi come Paese e per quali valori ci battiamo? Non si tratta di un’astrazione. Penso che questa sia una delle sfide che abbiamo, e l’ho visto anche prima delle ultime elezioni. Penso che le persone tendano a pensare: “Oh, democrazia, stato di diritto, indipendenza della magistratura, libertà di stampa. Sono tutte cose astratte perché non influiscono sul prezzo delle uova”. Ebbene, sapete cosa? Stanno influendo sul prezzo delle uova.
Una delle cose che ci ha contraddistinto in passato è stata l’idea di fondo che siamo una società basata sulle regole. Ciò significa che posso sostenere un candidato anziché un altro e non devo preoccuparmi che la polizia venga a molestare me o i miei clienti. Questo è ciò che accade in altri luoghi. È quello che succede in Russia.
Diamo per scontata l’idea di non dover pagare tangenti o assumere il cugino di qualcuno per ottenere un permesso commerciale. È così che abbiamo costruito l’economia che abbiamo costruito. Ecco perché questo posto ha funzionato. Ha un impatto concreto sulla vita di tutti noi.
È la prima volta che parlo pubblicamente da un po’ di tempo. Ho osservato un po’. Sì. Permettetemi di concludere questa parte del mio intervento dicendo che spetta a tutti noi risolvere la situazione. Non si risolverà perché qualcuno viene a salvarvi. La carica più importante in questa democrazia è il cittadino, la persona comune che dice: no, non è giusto. Penso che una delle ragioni per cui il nostro impegno verso gli ideali democratici si è eroso è che siamo diventati piuttosto pigri e compiacenti.
Per la maggior parte della nostra vita è stato facile dire di essere un progressista o di essere per la giustizia sociale o di essere per la libertà di parola senza doverne pagare il prezzo. Ora siamo in uno di quei momenti in cui non è sufficiente dire di essere a favore di qualcosa, ma è necessario fare qualcosa e forse sacrificarsi un po’.
Se siete uno studio legale minacciato, potreste dover dire: ok, perderemo un po’ di affari perché difenderemo un principio. Se siete un’università, dovrete capire se state facendo le cose per bene. Abbiamo violato i nostri valori, il nostro codice, abbiamo violato la legge in qualche modo? Se non è così, e vi stanno solo intimidendo, dovreste essere in grado di dire che è per questo che abbiamo questi grandi finanziamenti. “Ci batteremo per ciò in cui crediamo, e pagheremo i nostri ricercatori per un po’ di tempo con quei finanziamenti, e rinunceremo all’ala in più o alla palestra di lusso, che possiamo rimandare di un paio d’anni perché la libertà accademica potrebbe essere un po’ più importante”.
Per la maggior parte della storia dell’umanità, e ancora oggi, nella maggior parte dei luoghi del mondo, sfidare i potenti ha un costo, soprattutto se questi abusano del loro potere.
C’è questa idea, e l’ho notata tra le persone più ricche, che dopo George Floyd erano proprio lì e un gruppo di aziende parlava di quanto tenessero alla diversità, e volevano fare questo, ed erano tutti a favore di questo. Ora sono muti.
Ma questo mi dice che andava bene quando era cool e di moda e quando non lo è più, non va tanto bene. Questo, credo, è ciò che ognuno di noi deve esaminare nel proprio cuore. Diciamo di essere per l’uguaglianza, ma siamo disposti a lottare per essa? Siamo disposti a rischiare qualcosa per ottenerla? Diciamo di essere per lo Stato di diritto: ci atterremo a questo principio quando sarà difficile e non quando sarà facile? Crediamo nella libertà di parola: ci battiamo per la libertà di parola quando l’interlocutore dice cose che ci fanno infuriare e che sono sbagliate e offensive? Ci crediamo ancora?
Per gli studenti universitari e per la vostra generazione credo che questo sia importante, perché in parte ci siamo confusi su alcuni di questi temi, visto che coloro che sostenevano di lottare per la giustizia sociale, la libertà di parola e l’uguaglianza, a volte non la osservavano. Sono lieto di sentire che qui nel campus vi concentrate sull’iniziativa Common Ground. Sono stato assolutamente chiaro durante tutta la mia presidenza e post-presidenza: l’idea di cancellare un oratore che viene nel vostro campus, cercando di gridargli addosso e di non lasciarlo parlare, non solo non è ciò che le università dovrebbero essere, ma non è ciò che l’America dovrebbe essere: anche se trovate le sue idee odiose. Lo si lascia parlare e poi gli si dice perché si sbaglia. È così che si vince la discussione.
Lasciate che vi dica che nel mondo avrete a che fare con persone a cui non piacete e che dicono cose cattive su di voi. È meglio che vi abituiate. A volte avrete capi orribili, o colleghi che dicono cose odiose e in alcuni casi si scoprirà che in realtà sono brave persone che non hanno usato la parola giusta per qualcosa, o che hanno bisogno di essere istruite, informate su qualcosa. Ebbene, bisogna che vi abituiate a questo.
Alcuni di questi principi fondanti sono quelli a cui non è solo una parte o l’altra a non essere stata fedele. Credo che in alcuni casi ne siamo stati tutti colpevoli, alcuni più di altri, ed è importante ora che ci concentriamo su chi siamo e su ciò in cui crediamo.
(Traduzione a cura di Gianluca Mercuri)

 

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