Milano, l’ultimo sacerdote under 30 verrà ordinato nel 2039. «Il futuro? Neanche un prete per chiacchierare»

La festa in piazza Duomo dopo la cerimonia di ordinazione di un sacerdote
dal Corriere della Sera

Milano,l’ultimo sacerdote under 30

verrà ordinato nel 2039.

«Il futuro? Neanche un prete per chiacchierare»

di Giampiero Rossi
La proiezione statistica della Curia ambrosiana sul crollo delle vocazioni. Il numero dei sacerdoti è destinato a ridursi di oltre il 37% (con sempre più over 70 sul totale). Brambilla, docente di Teologia: «Dovremo snellirci senza avere paura»
Nell’anno del Signore 2039, l’arcidiocesi ambrosiana potrebbe accogliere l’ultimo nuovo prete under 30. Perché per l’anno successivo le proiezioni statistiche non ne vedono arrivare nemmeno uno. Per ora è soltanto una suggestione di un modello numerico, ma rende l’idea in modo chiaro e forte. E a sviluppare questa riflessione statistica è la stessa chiesa milanese, che sulla nuova edizione della rivista «La scuola cattolica» pubblica i risultati di una ricerca — che verrà presentata domani al seminario diocesano di Venegono, nell’ambito della «Festa dei fiori» — condotta con l’Università Cattolica, che tratteggia uno scenario in cui la popolazione dei sacerdoti è destinata a ridursi.
La linea di tendenza era già stata individuata in un’analoga ricerca del 2010, ma i dati proposti dallo studio condotto da Andrea Bonanomi, Giulia Rivellini (ricercatore e docente della Cattolica) e Paolo Brambilla (professore di Teologia al seminario) sono spietatamente dettagliati. Dopo aver illustrato le dinamiche demografiche in Lombardia e dopo aver misurato anche i numeri di battesimi, matrimoni e pratica religiosa, i tre ricercatori propongono un modello statistico che apre una finestra sul futuro delle parrocchie e arrivano alla conclusione che — prevedibilmente — nel 2040 i preti ambrosiani si ridurranno di un altro 37,7%, passando dagli attuali 1.694 a 1.055. E dal punto di vista anagrafico lo scenario sarà ancora più marcato: i sacerdoti con meno di 40 anni caleranno del 56,7%, dagli attuali 194 a 84 (anche per l’innalzamento dell’età in cui si entra in seminario), mentre quelli al di sotto dei 75 anni si ridurranno da 1.206 a 767, con un calo del 36,4%.
Il calcolo sul futuro della «popolazione presbiteriale», cioè dei preti, si basa su un’equazione: P=P+O-A-M+(I-E). Cioè: il numero dell’anno precedente, più i nuovi ordinati, meno quelli che «hanno abbandonato il ministero» e i deceduti, più il saldo dei sacerdoti arrivati nella diocesi e quelli che si sono trasferiti altrove. Partendo da questa formula, i ricercatori hanno delineato quattro scenari diversi, in base a linea di tendenza delle nuove ordinazioni, statistiche di mortalità maschile, numero medio di abbandoni. Si va quindi dalle 17 ordinazioni annue previste nell’ipotesi più ottimistica, alle 7 dello scenario pessimistico, passando per le 12 dell’ipotesi definita «realistica» e approdando al quarto scenario, quello «statistico» che si basa sull’andamento degli ultimi trent’anni. Cioè dai 30 ingressi del 2014 ai 6 del 2022, sui quali sembra aver pesato anche un effetto-pandemia, considerati al di sotto persino della decrescita prevista.
La storia dice che dai 2.200 preti diocesani del 1998 si è arrivati ai 1.737 del 2020 e che nel 2040 si potrebbe scendere a 1.147 nello scenario più ottimistico, 958 in quello pessimistico e 1.050 secondo l’elaborazione del trend statistico. E lo studio pronostica anche la distribuzione dei sacerdoti nei prossimi 20 anni nelle zone di Milano, cioè i decanati. Per esempio, ad Affori si passerà da 16 a 10 preti, tra i quali nessuno al di sotto dei 40 anni, e lo stesso in molte altre zone, poiché nel perimetro milanese, per il 2040, il modello statistico prevede una riduzione da 353 a 220 sacerdoti, con soltanto 14 under 40.
«Conoscevamo queste tendenze — spiega Paolo Brambilla — ma un’analisi approfondita era necessaria per riflettere su come riorganizzare le strutture, il lavoro e per capire la fatica dei nostri preti in questi anni, durante i quali hanno continuato a tenere aperti gli oratori, a promuovere tantissime attività e ad agire secondo il modello di vicinanza degli anni 60-70, sebbene fossero sempre di meno. Qualcosa dovrà essere rivisto — continua don Brambilla —, dovremo snellirci senza avere paura, consapevoli di non poter arrivare ovunque e anche i fedeli dovranno abituarsi all’idea che non ci sarà sempre un prete disponibile per una chiacchierata». Una grande presa di coscienza: «Sì, un’operazione realistica per valutare cosa fare con ciò che avremo a disposizione e per mettere i preti nelle condizioni di andare avanti. Ma nella sua storia la Chiesa ha conosciuto crisi ben peggiori».

2 Commenti

  1. Martina ha detto:

    Simone, hai ragione anche tu, ad ogni modo, c’è bisogno di una profonda e radicale purificazione in questa Chiesa, a partire dalla stessa diocesi di Milano.
    La mentalità è la stessa di quando hanno fatto quel che hanno fatto con don Giorgio, 10 anni fa. Sono le stesse persone, non penso che siano cambiate.
    La mentalità è così chiusa da non lasciare assolutamente spazio alle menti aperte, profetiche.
    Piuttosto si alzano muri.
    Condivido anche io ciò che dice don Giorgio e conoscendolo so quanto sia autentico e sincero.
    Solo i profeti, gli spiriti liberi possono cambiare le cose. E questi sono radicali.

  2. simone ha detto:

    A mio modo di vedere si tratta di un’indagine superficiale e priva di fondamento. Non mi stupisco che sia stata presentata in seminario durante la “Festa dei Fiori”. Mi sembra l’occasione adatta per seminare un pò di preoccupazione, come se non ce ne fosse già. Mettiamo caso che tra 5 anni il celibato per i sacerdoti diventasse arbitrario, confermerebbero le stime riportate in questa previsione? Ci son eventi a mio avviso non prevedibili e come dice don Giorgio la Provvidenza opera senza tener conto dei nostri progetti.
    Il centro del discorso l’ha, a mio avviso, espresso don Giorgio. Come sostituire i preti con i laici? Mi sembra che l’attenzione della diocesi sia rivolta sempre ad un aspetto formativo legato a temi organizzativi o burocratici. Penso che la maggior parte degli oratori siano già oggi gestiti da responsabili laici; bravissimi ragazzi ma l’oratorio ha smarrito la sua identità. “Educare è questione di cuore” non tanto di ruoli e mestieri. Non funziona trovare persone competenti, oneste, capaci e metterle a “gestire” qualche servizio. Serve qualcosa in più. Quello che diceva don Giorgio, la vocazione oppure quello Spirito capace di discernere e fare il bene.
    Se ragioni come il mondo affossi ciò che per anni è servito a trasmettere uno stile, dei valori diverse dal mondo.
    Concludendo, oggi il tema non è il numero dei preti che avremo tra 30 anni….ma come creare comunità che sappiano collaborare, preti e laici, per l’evangelizzazione. Come riconoscere, formare, tirare fuori i carismi nei laici affinchè possano concretamente aiutare la missione della Chiesa. Mi permetto di dire che la strada non è il ripristino degli ordini minori (ho letto il vademecum emesso dalla CEL e lo ritengo inapplicabile e un vero disastro…torniamo a modelli valutativi e formativi ormai superati). Servono forme diverse, più agili, più aperte e attrattive. Questi cammini attirano giusto i pensionati in cerca di poter trovare un modo per esercitare quel potere che avevano al lavoro e perso con la pensione…siamo fritti!

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