
Chiese sempre più vuote…
Oramai è una voce corale: le chiese si stanno svuotando, sempre più pochi vanno a Messa, c’è un sempre più allarmante allontanamento dei fedeli dalle pratiche religiose. Sembrano tenere ancora i funerali e i matrimoni (quest’ultimi solo per una ragione esteriore: per i riti più solenni in chiesa, per i fiori, per l’organo, andando alla ricerca delle chiese più belle, e se qualche chiesa bella non è più in uso per le cerimonie sacre, vendute a qualche ente pubblico, allora va bene anche il matrimonio civile).
Tale generale defezione corrisponde a verità, o come al solito sono balle di alcuni mass media che si divertono a sparare cazzate? Dipende.
Senz’altro è una balla dire che è un fenomeno di questi ultimi tempi. Da anni ci si sta lamentando di un progressivo svuotamento delle chiese. Un colpo l’ha dato anche il covid, dicendo ripetutamente che bastava ascoltare la Messa in tv, e ora la gente è convinta che la Messa la si possa ascoltare anche in tv, fuori dall’emergenza covid (il covid purtroppo circola ancora, più volentieri, dato che nessuno più porta la mascherina, colpa anche di un governo, bastardo, che se ne frega, lasciando i cittadini in balìa dei propri capricci).
Sì, da anni si sta dicendo che le chiese si stanno svuotando. Mi ricordo di un vescovo che già si lamentava 40 anni fa. Ma nessuno si è preoccupato, tanto meno la chiesa gerarchica. E ora ha aperto improvvisamente gli occhi, e si sta preoccupando, ma dando la colpa a tutti tranne che a se stessa.
E non è colpa della mancanza dei preti. Bisognava già, anche con l’abbondanza dei preti, educare il cosiddetto laicato a prendersi le proprie responsabilità anche nella gestione pastorale, e non solo pragmatica, della propria comunità parrocchiale.
E mai come oggi si parla del laicato, ma solo perché si è nell’emergenza, come a dire: “Adesso ho bisogno di te, laico”. Ma anche qui da noi, al nord, i laici non sono pronti, perché finora sono stati impegnati a organizzare feste o altro, tutto nell’aspetto più carnale.
Già cento anni fa don Primo Mazzolari (basterebbe leggere il suo libro sulla Parrocchia) aveva parlato dell’urgenza di risvegliare i laici, senza lasciarli nel loro stato embrionale.
Ed ora che facciamo, dal momento che non si è mai fatto un’opera seria di educazione pastorale dei laici a dare una mano al prete quando c’è, o a condurre da soli la propria comunità pastorale, certo senza fare il prete.
Lo vediamo tutti: quando qualche laico prende in mano una chiave, allora succede il finimondo: divisioni, litigi, gelosie, autonomie. Questi laici non devono cadere negli stessi difetti dei parroci, ovvero solo comandare.
E, se devo dire tutta la verità, a me non stanno bene i diaconi permanenti, perché li vedo solo come un compresso tra il prete e il laico. Qualcosa di mezzo. Mezzi preti.
Tornando al problema delle chiese che si vuotano, la colpa è solo in parte, minima parte, della mancanza dei preti. Il problema è che questi pochi preti ne combinano di tutti i colori, o perché troppo tradizionalisti o perché troppo modernisti. E se paradossalmente i giovani preti di oggi escono dai seminari da tradizionalisti non è perché è una reazione al troppo modernismo di una Chiesa, moderna nel vestito, ma confusa nella testa?
Quando vedo in qualche video/youtube registrazioni di Messe festive, celebrate da preti giovani e non giovani, che fanno di tutto tranne che mantenere quella dignità o decoro, richiesto dal Mistero divino, allora capisco perché la gente seria non venga più a Messa, o vada altrove, alla ricerca di qualcosa di più sostanzioso.
Lo svuotamento delle chiese è colpa, direi anzitutto colpa di un clero che ha perso così il senso del Sacro da ridurre Messa e sacramenti a qualcosa di teatrale di cattivo gusto, e colpa di vescovi girovaghi, che hanno perso il senso dell’orientamento evangelico. E che dire del papa? Di questo papa? Nulla, perché è un nulla.
E se la gente se ne va altrove, magari facendosi ingannare da falsi spiritualismi, è perché è alla ricerca di qualcosa di profondo, che non trova più in quel Cristianesimo, ora ridotto a pura esteriore idolatrica religione.
E la cosa ancor più assurda, allucinante, blasfema è aggrapparsi ai cadaveri dei santi, alle madonne pellegrine, a quelle superstizioni solo di pelle, pensando così di attirare la gente in chiesa, magari per dare qualche rituale assoluzione.
Sto male, mi arrabbio di brutto, quando assisto a questi sotterfugi osceni con l’intento malsano di riattivare la fede tra i credenti che si sono allontanati.
Ma perché non tentare di dare più decoro, più serietà alle nostre funzioni religiose, ma anzitutto perché non invitare la gente, ripetutamente, a convertirsi tornando in quel sé interiore, da troppo tempo dimenticato o trascurato o coperto da una carnalità che ha consumato il proprio respiro interiore, interrompendo ogni dialogo con il Mistero divino?
Sì, dobbiamo urgentemente riprendere il Vangelo nella sua realtà più mistica. Lo abbiamo tradito facendo lo psicologo, il sociologico, l’ambientalista, senza accennare mai a quel mondo, dello spirito, che è la nostra realtà essenziale.
Concludendo, con ancor più chiarezza. Laici o preti, ridiamo più dignità, più decoro, più nobiltà alla liturgia eucaristica e sacramentale, e scommettiamo tutto sulla spiritualità o sull’interiorità, dove avviene l’Incontro con lo Spirito di libertà.
Io credo che ci si un’altra ragione, forse la più importante, alla base dello svuotamento delle chiese: il fatto che la maggior parte dei cosiddetti cristiani non abbia scelto di esserlo, ma abbia ricevuto il battesimo per volontà altrui poco dopo la nascita, quindi del tutto inconsapevolmente. Trovo, perciò, comprensibile e anche giusto che queste persone abbandonino le chiese: non si riconoscono in una scelta di fede fatta da altri per loro. Il battesimo, così come qualsiasi altra appartenenza religiosa, dovrebbe essere una scelta libera e consapevole del diretto interessato, non l’imposizione della volontà altrui su un individuo inconsapevole e incapace di decidere autonomamente. In questo modo i fedeli sarebbero davvero convinti della loro scelta e partecipi alla pratica religiosa. Non mi piace l’indottrinamento, il lavaggio del cervello fatto ai bambini; l’adesione a una fede religiosa dev’essere il frutto di una profonda riflessione, una scelta convinta e personale, che quindi può essere fatta solo da un adulto. Questo vale per qualunque religione. Un caro abbraccio a Don Giorgio, che stimo da sempre e il cui sito, interessante e aggiornato, è uno sguardo sul mondo e offre spunti di riflessione molto importanti.
Vorrei dire una parola su un solo punto, fra i molti gia’ citati dall’articolo e dal commento. Al solito rimaniamo nell’ambito delle opinioni personali. Puo’ sembrare un suicidio, ma credo che la chiesa debba abbandonare questa spasmodica ricerca del consenso tra i giovani. Un rito non puo’ essere volgarizzato con la (vana) speranza di attrarre i ragazzi. Il rito e’ qualcosa d’altro rispetto alla quotidianita’, e’ un taglio ben preciso nello scorrere delle giornate fatte di casa, scuola, lavoro. Ha le sue caratteristiche che lo rendono unico e tale deve rimanere. Altrimenti diventa una cosa come un’altra, una delle tante di quelle che ci circondano. Non e’ con quattro schitarrate a messa che si conquistano i giovani – i quali, infatti, alle schitarrate chiesastiche preferiscono un concerto (e non si puo’ dar loro torto). Paradossalmente ho il sospetto che se si tornasse ad una liturgia meditata, qualche giovanotto potrebbe anche affacciarsi piu’ spesso in chiesa.
Grazie don Giorgio, condivido a pieno questo post!
Credo che spesso ci capita di fare “le cose” senza pensarci; dietro queste nostre azioni non c’è una motivazione forte.
Perchè andiamo a Messa tutte le domeniche? Il covid ha semplicemente rotto un’abitudine che, nella gran parte delle persone, non aveva una motivazione forte alle spalle. Questo era già in corso da anni.
C’è un motivo, solo uno per partecipare alla Messa….nel tempo se ne sono creati tanti altri che hanno oscurato quell’uno (con l’intento di avvicinare le persone). Devo leggere; devo cantare; devo servire; c’è quella ricorrenza. Oggi ripristiniamo gli ordini minori, da un pò ci sono i diaconi. Strutture sopra struttura per cercare di fidelizzare. Tutto questo ha cancellato la necessità di questo incontro salvifico. E’ stato oscurato il senso….la necessità del popolo di radunarsi intorno ad un altare, INSIEME, per “rendere grazie” (il rendimento di grazie). Mi viene spesso da pensare che questa società non senta più il bisogno di “dire grazie” e quindi non possa partecipare compiutamente a questo rito.
Mi è capitato di partecipare a Messe con canti e animazione di persone dell’Africa, di vedere la gioia, il coinvolgimento, i gesti quotidiani e l’unione di queste persone che VIVEVANO la Messa…un colpo al cuore pensando ai CADAVERI che partecipano ai nostri riti. Non cantano, non rispondono, non ti danno più neanche la mano…che freddezza, ossa inaridite.
Poi, come dice giustamente lei, c’è la colpa del prete che ha voluto diventare il centro della celebrazione coi suoi vezzi. Spesso, soprattutto nelle liturgie dove ci son tanti bambini, esco chiedendomi chi fosse stato il centro della celebrazione? Dio con la Sua parola e la Sua presenza o il parroco con il suo protagonismo e i suoi versi?
Ricordo il parroco storico del mio paese, morto pochi mesi fa, che litigava col primo cantore della corale (mio grande amico) accusandolo di cantare per sè e non per il popolo. Insomma anche il canto se diventa un vanto, una dimostrazione di tecnica non è preghiera, non incentiva la partecipazione, non tocca il cuore, non arriva.
Viviamo ogni momento di comunità come una competizione; spesso la Messa diventa “proprietà” del prete: lui decide, lui comanda, lui è al centro…e chi troppo vuole controllare alla fine finisce per perdere il controllo.
A tutti, ordinati e laici, viene chiesto di ritrovare la giusta misura e il giusto centro. La Messa non è un palcoscenico, non è un vanto, non è il luogo dove comandare, non è un momento dove dimostrarsi perfetti. E’ l’incontro sincero, senza maschere con Dio…per esprimere la nostra immensa gratitudine per quello che ci è stato donato. Per riconoscerci nelle nostre debolezze ed essere guariti.
Oggi il problema, per me, è ritrovare il senso di quello che viviamo. Non mi preoccupa l’essere tanti o pochi; mi preoccupa il vivere consapevolmente.