Il vescovo che non si piegò: Monsignor Antonio Riboldi pastore tra pecore e lupi

Monsignor Antonio Riboldi a margine di un convegno
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10 dicembre 2022

Il vescovo che non si piegò:

Monsignor Antonio Riboldi

pastore tra pecore e lupi

Sarà presentato, sabato a Padova, il libro “Tempo di coraggio”, raccolta di riflessioni e discorsi del vescovo di Acerra dal 1978 al 1999
08 dicembre
Pierluigi Mele
Aquasi cento anni dalla nascita di monsignor Antonio Riboldi (1923-2017), l’Associazione Editoriale Promozione Cattolica presenterà al pubblico, nel trentesimo anno dalla pubblicazione, la ri-edizione del libro “Tempo di coraggio – Oggi come ieri”, che raccoglie riflessioni e discorsi del vescovo di Acerra-Napoli (1978-1999). Un coraggio rivolto soprattutto alla difesa dei più deboli. Con questi ultimi don Riboldi, sacerdote rosminiano, si onorò di condivivere, da autentico pastore “con l’odore delle pecore”, la tenda all’indomani del terremoto del Belice. E di fronteggiare assieme a loro le prepotenze della mafia, risoluta a mettere le mani sui finanziamenti per la ricostruzione.
Il libro sarà presentato da Luciano Lincetto, direttore dell’Associazione Editoriale Promozione Cattolica di Padova, nell’ambito di un convegno che vuole essere la prima tappa di un cammino per la valorizzazione della figura di monsignor Riboldi che, da sacerdote prima e vescovo poi, si è battuto a favore della legalità e della giustizia.

L’appuntamento è per sabato, a partire dalle 9, nella Sala Teatro Convento Cappuccini.

«La data del 10 dicembre è stata scelta in quanto, oltre ad essere la data di morte di monsignor Riboldi (avvenuta il 10 dicembre 2017), è anche la giornata che fa memoria della Dichiarazione universale dei diritti umani (10 dicembre 1948), così come voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – spiega Lincetto -. Inoltre, dal 1901, ogni 10 dicembre a Oslo viene assegnato il Nobel per la Pace. E Riboldi fu un uomo di pace. “Armato” solo del Vangelo fu sempre dalla parte dei poveri, per la difesa della loro dignità. A tal proposito, va ricordato che fu anche direttore responsabile del mensile “Amici di Follereau”, dell’omonima Associazione Italiana (AIFO), organizzazione non governativa fondata nel 1961 da un gruppo di missionari comboniani allo scopo di operare per i diritti degli ultimi della terra, ispirati dal messaggio di amore e giustizia del giornalista francese Raoul Follereau».
Ad aprire i lavori del Convegno sarà don Alvaro Grammatica della Koinonia Giovanni Battista. Seguirà la relazione di don Vito Nardin, già padre generale dei rosminiani, vicino a monsignor Riboldi fino alla morte. Luigi Accattoli, già giornalista del Corriere della Sera, racconterà aneddoti relativi alle interviste con il vescovo di Acerra. Porteranno una testimonianza Ernesto Olivero, fondatore del Servizio Missionario Giovani (Sermig) di Torino, e don Luigi Tellatin, presbitero della diocesi di Vicenza, già referente per il Veneto di “Libera contro le mafie”. La parte di ricostruzione storica del periodo della criminalità organizzata degli anni ’80 sarà affidata ad Antonio Mazzei, storico delle Forze di Polizia, e al magistrato Gian Carlo Caselli (in videoconferenza), che si è occupato a lungo di mafia e di terrorismo, e che ha diretto per quasi sette anni la Procura di Palermo dopo la morte di Falcone e Borsellino. Concluderà l’incontro Paolo Galeano, sindaco di Preganziol (Treviso), coordinatore regionale di Avviso Pubblico per il Veneto, che spiegherà l’impegno dei Comuni per tutelarsi dalle infiltrazioni mafiose. Tutto il dibattito sarà moderato dalla giornalista d’inchiesta Romina Gobbo.
Di questo importante protagonista della Chiesa italiana, riportiamo di seguito alcune note biografiche.
Antonio Riboldi (Tregasio, Brianza, 16 gennaio 1923 – Stresa, Piemonte, 10 dicembre 2017), prima da sacerdote appartenente all’Istituto della Carità fondato dall’abate Antonio Rosmini (i rosminiani, ndr), poi da vescovo, si è sempre impegnato a favore della legalità e della giustizia. Venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1951. Inviato nel 1958 in una parrocchia di Santa Ninfa, nella Valle del Belice e Diocesi di Mazara del Vallo, si trovò dieci anni dopo a dover fronteggiare lo stato di emergenza causato dal terremoto che sconvolse la terra trapanese. Non solo dormì in tenda per mesi assieme ai suoi parrocchiani rimasti senza tetto, ma partecipò anche a cortei e manifestazioni davanti alla sede del Parlamento a Roma, in difesa delle richieste dei suoi concittadini. Collaborò con il generale Alberto Dalla Chiesa e con l’allora presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella. Il 25 gennaio 1978 papa Paolo VI lo nominò vescovo di Acerra. Ricevette l’ordinazione episcopale l’11 marzo 1978 dall’arcivescovo di Palermo cardinale Salvatore Pappalardo. Ad Acerra, Riboldi concentrò il suo impegno contro la camorra. Non solo a parole. Infatti, riuscì anche ad incontrare un detenuto piuttosto noto, Raffaele Cutolo. Negli anni ’80 ha svolto il suo apostolato anche in diverse carceri, incontrando numerosi “pentiti” della lotta armata. Riboldi è stato anche direttore responsabile del mensile “Amici di Follereau”, dell’omonima Associazione Italiana (AIFO). Per molti anni è stato anche una delle voci autorevoli della rubrica a carattere religioso del Giornale Radio Rai di Radiouno, “Ascolta si fa sera”. Il 30 maggio 2015, nella sede del Consiglio Comunale della Città di Acerra, l’Amministrazione, riunita in seduta solenne, gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2017, Antonio Riboldi muore a Stresa, presso il Collegio Rosmini, dove si era ritirato. È stato tumulato, per sua espressa volontà, nella cattedrale di Santa Maria Assunta.

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