
di don Giorgio De Capitani
Non solo non ho cambiato idea, ma ogni giorno che passa è un’ulteriore conferma, ovvero che papa Francesco passerà alla storia come il più grande bluff: uno che è riuscito a illudere il mondo intero, non solo catturando il consenso dei vecchi storici nemici della Chiesa (atei, mangiapreti e marxisti), ora inginocchiati a baciare i suoi piedi, tradendo la dea ragione per sostituirla con la dea religione, ma anche – ed è qui per me la cosa più criminosa – papa Francesco è riuscito a mortificare, fino ad annullarla, la vis profetica, usando non più la repressione (tranne pochi casi, meno noti), ma il fascino dell’inganno. E così quelle voci che avevano tenuto in vita le speranze più evangeliche, di colpo si sono spente in una adulazione vergognosa della star più venerata del mondo.
Gli stessi preti, che avevano lottato una vita per il rinnovamento radicale della Chiesa-istituzione, si sono ora accodati, omologandosi alle fasulle novità di un papa, che continua imperterrito a raccogliere osanna ovunque vada.
Eppure, la Chiesa mai come in questi ultimi anni è sull’orlo del fallimento anche istituzionale: le chiese si stanno sempre più svuotando, i gerarchi ne combinano di tutti i colori, i preti non sanno più che pesci pigliare: si è persa la differenza tra il sacro e il profano, in una tale commistione oscena da far perdere la realtà dell’Essenziale, che è il Divino in noi, esteriorizzandoci come creature allo sbando, peggio di bestie che, se non altro, sanno ancora capire dove andare a mangiare.
Papa Francesco sta quieto un giorno, e di notte ne inventa una delle sue, senza mai ponderare l’opportunità pastorale delle sue azioni. Ma chi è il buon pastore se non colui che sappia valutare quando uscire dall’ovile, dove andare e da quale spirito farsi guidare? A questo papa interessa solo sparare qualche battuta, fare un gesto spettacolare, far colpo sui media. Va in giro, e torna lasciando tutto come prima, aggiungendo illusioni a illusioni. Papa Francesco lavora sulla pelle della gente, che rimane incantata solo perché ha il prurito per qualcosa che sa di nuovo.
E i costi dei suoi viaggi? Chi li paga? E quali sono gli effetti benefici su un’umanità che forse chiede qualcosa di diverso dai soliti populisti discorsi che, il giorno dopo, si disperdono nel vuoto? Ma perché dire che i poveri sono soltanto coloro che hanno fame di qualcosa di materiale? I poveri di una volta, diventati ricchi, non sono forse gli attuali strozzini o gli attuali criminali che sfruttano la povera gente?
Ed ecco il grosso equivoco della Chiesa di oggi. Se prima parlava solo di anima (ma di quale anima?), ora parla anzitutto di corpo (ma di quale corpo?). Non vi siete mai chiesti il motivo per cui la Chiesa ha condannato i grandi Mistici, riuscendo perfino, alla fine del ‘600 con la condanna del quietismo, ad annullare la Mistica? D’altronde, tutti sanno, se conoscono un po’ di storia della Mistica, che i Mistici sono sempre stati malvisti dalla Chiesa, proprio perché saltavano ogni mediazione, compresa quella ecclesiastica, tra il Dio religioso e il “fondo dell’anima”, dove opera solo la Divinità assoluta, ovvero sciolta da ogni impaccio strutturale.
Ciò di cui ha veramente bisogno l’uomo di oggi è la riscoperta del proprio essere, quel “conosci te stesso” che era scritto a caratteri cubitali sul frontone del tempio di Apollo a Delfi.
Per fare qualche esempio concreto: non si combatte il razzismo o la xenofobia dicendo semplicemente che si parteggia per i migranti o extracomunitari in genere, o compiendo qualche opera di integrazione. Non si combatte l’ideologia leghista, contrapponendole alcuni gesti di ecumenismo con i musulmani. Ci vuole ben altro, che sembra sfuggire a papa Francesco, così attento alla visibilità mediatica ma così distratto sulla realtà più profonda dell’essere umano. È chiaro: parlare di Mistica, non rende!
Oggi la Chiesa sembra ancor più impazzita: vuole riconquistarsi il consenso della gente, ma non capisce che tale illusione durerà poco, e, quello che è peggio, la Chiesa sta lasciando morire il vero bisogno dell’essere umano: la sua sete di quel Divino che non ha etichette da esibire, ma che è la vera essenza della nostra libertà, di quella libertà da cui dipende anche la libertà del nostro essere sociale. Qui sta l’Essenziale di cui parlavo sopra. Il rischio c’è, ed è forte, che l’Essenziale venga coperto da quell’eccesso di beni, che la società moderna impone come vero benessere, lasciando però soffocare l’essere nel mal-essere. Su frontone del tempio di Apollo a Delfi c’era un’altra scritta, poco conosciuta o poco reclamizzata: “nulla di eccessivo”, “nulla di troppo”. Non si può conoscere se stessi, quando si è sotto la cappa di un avere smodato. Come può la Chiesa parlare di Essenzialità, quando vive in una mastodontica struttura tale da soffocare perfino lo Spirito santo?
Oggi la Chiesa è tremendamente povera di “spirito” e, purtroppo, è riuscita a spegnere del tutto l’esigenza mistica, sostituendola con quella pseudo-religiosità da quattro soldi (è per questo che attira il consenso di tanta gente, che tuttavia se ne guarda bene dal praticarla), che insiste nel proporre riforme liturgiche senza né capo né coda, fuori dal contesto storico, ma soprattutto sostituendo la Mistica con il “grosso animale” di platoniana memoria. E per “grosso animale” intendo anche quell’impegno per il socio-politico-assistenziale verniciato di misericordia o di carità cristiana: ma lo “spirito” dov’è?
Ora, l’aver da parte di papa Francesco non solo di nuovo emarginato la Mistica, ma spento anche l’anima profetica, l’unica in grado oggi di contestare il “grosso animale”, ovvero la struttura della Chiesa, e soprattutto di riattivare il mondo profondo del divino, ovvero della sorgente della libertà dell’essere umano, sta portando la stessa Chiesa, e di conseguenza anche la società civile, ancora succube, in una tale involuzione da precludere ogni possibilità di salvezza, tanto più che il carisma mediatico del pontefice-star, ha generato in questi anni un istupidimento generale.
Uscirne, per il momento sembra quasi impossibile o, per lo meno, ciò creerebbe un maggior isolamento, anche perché, guardandomi attorno, vedo solo alcuni preti rimasti tra i vecchi ribelli, anche ora cocciutamente arrabbiati, ma su posizioni unilaterali o monocorde, senza quella carica rivoluzionaria che era la caratteristica dei grandi Mistici, oramai estinti. Forse sarebbe il caso di riprendere i loro scritti, e proporli all’uomo moderno, senza aspettare che la Chiesa-struttura lo faccia, a meno che non arrivi un papa deciso a dare un nuovo corso alla Chiesa, proponendo ciò che ora sembra impossibile, ma è solo rischiando sull’impossibile che si potrà dare una nuova svolta anche a questa società, prigioniera del “grosso animale”.
forse è don Giorgio che si deve convertire
Se non è riuscito nemmeno Gesù Cristo sia con la Parola che con l’Esempio a convertire i suoi compaesani di un tempo, nonostante compisse persino dei Miracoli, anzi attirandosi su di sè le ire di costoro, fino alla sua condanna a morte, cosa può fare un Papa che in fondo è anch’esso un uomo? Purtroppo la strada indicata dal Vangelo è molto stretta, l’uomo è molto fragile anche perchè condizionato dalle esigenze della carne, la Fede è credere in qualcosa che non si vede… i dubbi sono all’ordine del giorno. Però a meno che non si voglia mettere in discussione il Vangelo, Gesù ha detto “Pregate per non cadere in tentazione…”. Forse da parte dei cristiani manca proprio la preghiera per il Papa e per i Sacerdoti. Forse ognuno di noi critica gli altri, ed anzichè pregare per il prossimo, prega solo per se stesso, mettendo così dei paletti all’azione di DIO. Ma l’uomo di oggi è così pieno di sè che crede solo in se stesso, e non crede alla potenza della preghiera?
Rimango molto perplessa dall’articolo di don Giorgio e dai vari commenti. Si parla senza mai nominare il messaggio di Gesù il vero capo di qualsiasi comunità, il vero Maestro. Senza Gesù non esiste chiesa. Gesù ci insegna di essere misericordiosi come il Padre. Gesù ci insegna di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amato. Gesù ci insegna di perdonarci come il Padre Misericordioso. Se non camminiamo con Cristo per portare nel mondo la buona notizia, non esiste chiesa, noi diventiamo veri discepoli di Gesù solo portando il suo amore incondizionato nel mondo. Credetemi è un lungo cammino in cui non solo conosciamo noi stessi, ma più diventeremo umani, più diventeremo spirituali. Grazie Gesù
Don Giorgio premetto che ho grande rispetto per le sue idee e posizioni. Anche io credo che la dimensione “mistica/spirituale” della religione vada incentivata e che probabilmente è il “mezzo” più potente per arrivare a Dio… però mi permetto anche di aggiungere che quella del “conosci te stesso” e del lavoro personale su se stessi è una delle tante vie e forse non si adatta ad ogni persona e ad ogni fase della vita… ognuno arriva a Dio passando per la sua via preferenziale… fermo restando che è compito della Chiesa far conoscere e sdoganare questa via …. si sa che da sempre l’ istituzione teme la via esoterica che disintermedia in parte la classica filiera della fede tradizionale 🙂
Un ultima cosa inoltre non mi è chiara. Cosa dovrebbe fare concretamente Papa Francesco ? Cosa farebbe lei ?
grazie mille
giuseppe
Probabilmente imposterei il mio pontificato in modo del tutto opposto, anche se richiederà molto tempo, ma per prima cosa m’incontrerei con i dissidenti di questa Chiesa, e li ascolterei. Poi…
Grande, Don Giorgio. Personalmente è da lunga pezza che queste francescate non mi incantano più. Del resto si tratta di un gesuita: basta conoscere un poco la storia di questa congregazione per comprendere molto dei comportamenti del sullodato: ae la cosa non va, non tiene. Ancorchè le masse siano imbesuite dalle televisioni e dai giornaloni c’è pur sempre un po’ di gente che si sforza di ragionare con la propria testa e di creare effettuare cllegamenti tra comportamenti, enunciazioni a frutti: non ovunque la dea ragione è passata invano. Per Francesco sono completamente d’accordo con la seria e ponderata disamina di Don Giorgio
riporto con copia ed incolla il mio precedente commento allo stesso articolo, già pubblicato negli editoriali:
LA storia della chiesa è segnata da sempre.
Il vero misticismo non può che prescindere dalla chiesa, rendendone evidente l’assoluta inutilità, nonchè usurpazione di funzioni.
La chiesa ne è istituzionalmente l’antitesi, proprio perchè ritiene che solo l’intermediazione liturgica consenta quelle funzioni, se così vogliamo chiamarle, che invece il misticismo riconduce direttamente all’uomo, o quanto meno a quell’uomo che è capace di autentica dimensione mistica.
Non credo sia un accidente storico la Bolla di condanna Caaelestis PAstor, e tutto quello che ne è conseguito sul piano storico.
Ma, anche se l’attuale pontefice fosse reale innovatore, probabilmente lo sarebbe su questioni di tipo liturgico(istituzionale), che per il mistico hanno scarso o nessun rilievo.
Proprio perchè si muovono pur sempre nell’ambito liturgico.
COncedere o meno l’eucaristia, definire più stringenti o meno canoni di libertà morale, ad esempio quella sessuale, sono tutti esempi del rapporto generale chiesa istituzione—fedeli, nel senso di una chiesa che concede o meno qualcosa, dice cosa fare o non fare, da cui la più stringente applicazione del significato etimologico di religione, da religo…
Il mistico, sa bene che il rapporto metafisico con essenze ultraterrene, ma anche quello fisico, prescinde da cosa la chiesa decide.
E lo dice la stessa chiesa, talora riconoscendolo.
L’indemoniato, allora, non è forse un esempio di rapporto con essenze metafisiche, per motivi inspiegabili, e su cui spesso la chiesa non incide, nonostante atti liturgici, come gli esorcismi?
La dimensione metafisica di chi è in qualche modo in contatto con essenze angeliche o divine o comunque ultraterrene, non prescinde dall’intermediazione ecclesiastica?
Non è un caso che questi fenomeni spesso siano oggetto di diffidenza se non di vera e propria negazione/repulsione, proprio perchè prescindono da una mediazione istituzionale della chiesa liturgicamente intesa.
Mi rendo conto che i miei ragionamenti sono forse un po’ terra-terra se non addirittura insignificanti, ma ho l’impressione che la Chiesa non da oggi stia subendo una crisi di identità, per alcuni versi preoccupante, di cui è in gran parte responsabile avendola costruita gradualmente attraverso i secoli con il suo modo di agire, per cui, probabilmente, adesso è qualcosa di molto diverso da quello che avrebbe dovuto e/o potuto essere. Non è mia intenzione negare che gli eventi storici, l’evoluzione del pensiero e il progresso scientifico e tecnologico abbiano influito in maniera spesso determinante sull’ambiente, sul modo di rapportarsi agli altri e su quello di vedere ed affrontare le cose, dalle più elementari e pratiche della quotidianità a quelle più complesse e di maggiore impatto sociale, politico ed economico. Perciò sarebbe impossibile, anche volendo, ricreare pedissequamente le condizioni in cui ha mosso i suoi primi passi e tornare alla spontaneità e semplicità degli inizi. Istintivamente, però, mi viene da chiedermi a che serva questo “grosso animale”. A cosa mai può servire una struttura tanto opulenta, complessa ed ingombrante per un movimento fondamentalmente spirituale e che, di fronte ai problemi concreti dovrebbe fare appello alla solidarietà tra i fratelli per affrontarli e risolverli e, soprattutto, dovrebbe sapersi accontentare dell’essenziale. Oggi la chiesa cattolica è un punto di riferimento importante nel mondo, ma più come soggetto politico, che per la sua funzione di erede del messaggio evangelico e custode della parola del Salvatore. Non per niente, menzionandola, nell’immaginario comune automaticamente si è portati a pensare alle basiliche monumentali e all’apparato ecclesiastico vaticano, piuttosto che a chiesette spoglie ed umili preti, che probabilmente presi singolarmente sono ancora integri e non contaminati dalla mania di grandezza e dalle tentazioni del benessere e dell’esibizionismo. Che me ne faccio della capacità di attirare un uditorio di milioni di persone via etere per la celebrazione di riti più o meno complicati e a volte incomprensibili, ma dall’impatto scenico e coreografico imponente e sfarzoso, se poi tutto questo non incide minimamente sulla sfera intima delle persone? La messa non è forse la celebrazione dell’eucarestia e la proclamazione della parola di Dio? E allora che bisogno c’è di tutte le aggiunte, gli orpelli e le tante formalità esteriori che l’accompagnano? Per anni ho frequentato la parrocchia con convinzione ed entusiasmo, eppure andando a frugare tra i miei ricordi mi vengono in mente con maggior piacere quelle occasioni in cui ci si radunava all’aperto, magari per celebrare la messa, spesso su altari improvvisati o addirittura di fortuna, usando il poco che era a portata di mano, ma con una partecipazione profonda e un coinvolgimento genuino. Non pretendo di avere ragione a tutti i costi, ma mi chiedo se il grande bluff non sia tutta questa megalomania e quel desiderio spasmodico di offrire un colpo d’occhio ad effetto, o comunque tale da riuscire a far sì che la gente ne rimanga impressionata.
Complimenti per la lucida critica del bluff bergoglio e per la proposta dello studio della Mistica che provvederò ad approfondire. Cordiali saluti
Un Papa che vuole accontentare tutti, cadendo in palesi contraddizioni: vedrai, caro don Giorgio, la prossima mossa… il pieno reintegro dei lefevriani, senza nemmeno chiedere loro un’adesione, almeno pro forma, al magistero del Concilio Vaticano II. Costituirà una prelatura personale sul modello dell’Opus Dei, così faranno ciò che vogliono portando avanti un magistero parallelo, fondamentalista, bieco e deleterio!
Forse non ho capito bene, ma mi sembra che don Giorgio scriva solo critiche (magari anche fondate) senza proporre niente di concreto.
Non è un po’troppo facile questo dire?