Ritanna Armeni: “Roccella non faccia la vittima. Non è censura, solo contestazione pacifica”

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09 Maggio 2024

Ritanna Armeni:

“Roccella non faccia la vittima.

Non è censura, solo contestazione pacifica”

di Silvia Renda
La scrittrice, giornalista e femminista, commenta le proteste che hanno interrotto l’intervento della ministra: “La censura la esercita chi ha potere nei confronti di chi non ce l’ha. Un cittadino quale mezzo ha, oltre al voto, per far sapere che non è d’accordo? Se ci fosse stata violenza le avrei espresso vicinanza”
La ministra Roccella ha lasciato gli Stati generali della natalità senza pronunciare il suo intervento. Un gruppo di studenti hanno interrotto il convegno con fischi e cori, impedendole di parlare. Al termine della contestazione, i ragazzi sono stati identificati dalla polizia. Ne abbiamo parlato con Ritanna Armeni, scrittrice, giornalista e femminista, con una lunga militanza a sinistra
Ritanna Armeni, in un post su Facebook la ministra sostiene che nei suoi confronti sia stata esercitata censura da parte degli studenti. È un termine corretto?
No. La censura la esercita chi ha potere nei confronti di chi non ce l’ha. Un cittadino quale mezzo ha, oltre al voto, per far sapere che non è d’accordo? In questo caso non è stato censurato nessuno, si è trattata di una libera protesta nei confronti di posizioni politiche. La posizione politica degli studenti si è espressa con la contestazione nei confronti di posizioni politiche espresse con le leggi del governo. Chi fa questo mestiere deve mettere in conto la possibilità del disaccordo.
Nell’ultimo periodo stiamo assistendo spesso a interruzioni di interventi a causa di proteste rumorose, per Roccella stessa non si trattava di una prima volta. Anche tra chi appoggia la libera espressione degli studenti, c’è chi ritiene venga lesa quella dei contestati. È d’accordo con questa interpretazione?
Non sono d’accordo, perché qualunque intervista voglia fare oggi, Roccella la farà. Stasera sarà con me a Porta a Porta. Ha ampia possibilità di dire quello che pensa per il ruolo che ricopre, mentre chi non si trova nella sua posizione e vuole esprimere un parere contrario non ha la stessa disponibilità. Io ho stima della ministra, è una donna che crede nelle cose che fa, ma di cosa si meraviglia? Non faccia la vittima. Non si occupa di Pnrr, un tema per le persone molto astratto, si occupa di questioni sensibili che toccano la testa e il corpo delle donne, la loro libertà. Non si può aspettare che non ci sia una reazione. E la reazione di chi non ha strumenti di potere, quale può essere? Se questi studenti avessero inviato una dichiarazione da pubblicare sulle agenzie di stampa, sa cosa sarebbe successo? Niente.
Roccella auspica la solidarietà degli intellettuali e dei leader di sinistra. Lei darebbe la sua solidarietà alla ministra per questo episodio?
Ma non capisco per cosa dovrei esprimerle la mia solidarietà. Se un giorno Giorgia Meloni dovesse censurare Roccella, avrà la mia solidarietà, ma in questo caso no, perché non c’è stata censura. Non vedo violenza in questa protesta pacifica, se ci fosse stata sicuramente avrei espresso vicinanza alla ministra.
Al termine delle contestazioni i ragazzi sono stati identificati, anche questo non è la prima volta che accade. È una deriva preoccupante?
È una cosa bruttissima, questo è un caso di violazione di diritto. Noi per la Costituzione possiamo esprimere le nostre idee, quando e come vogliamo, entro i limiti della legge. Il fatto che questi ragazzi vengano identificati è una minaccia, uno strumento di intimidazione, nei confronti dei quali chiederei la solidarietà di Roccella. Era già successo anche alla Scala. Chi esprime parole contrarie al governo viene identificato? Io non uso paroloni, credo che viviamo in uno Stato ampiamente democratico, ma riesco a vedere il filo nero che collega certe azioni ad azioni del passato.
Da cosa deriva questa rabbia dei giovani, quali diritti sentono lesi al punto di mobilitarsi?
Intanto io ringrazierei il cielo. Noi siamo un paese ben strano. Abbiamo lamentato questi ragazzi sul divano, che non facevano niente, disinteressati alla politica. Ora che i giovani si mobilitano su questioni importantissime come possono essere la guerra di Gaza e il corpo delle donne, siamo lì a fare i distinguo. Soprattutto se fossi un ministro, lo saluterei come un atto di salute: i giovani hanno interesse alla vita e a quello che i partiti propongono. Se un politico si mettesse a dialogare con loro non si abbasserebbe, ma si innalzerebbe.
È da inquadrarsi anche in un risveglio della contestazione delle donne, come abbiamo già visto in piazza dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin?
E non le sembra una bella cosa? A me pare bellissimo.
Per la ministra, invece, le contestazioni denotano una “profonda ostilità verso la maternità”.
L’ostilità nei confronti della maternità finora l’hanno dimostrato tutti i governi, compreso, ma non solo, quello della ministra. Che nei confronti della maternità usano pochissime parole e, proprio quando sono costretti, qualche euro. Quello di cui la ministra dovrebbe prendere atto è una diversa concezione della maternità. Ma è un fatto storico che cambi sempre. L’idea della maternità che abbiamo noi oggi è nata con Jean Jacques Rousseau, prima le donne erano divise in due categorie: quelle ricche che affidavano le figlie alle balie e quelle povere che dopo aver partorito se ne fregavano. Man mano è nato il sentimento materno. Le donne, grazie a loro stesse, hanno oggi un ruolo diverso nella società e anche il sentimento materno è collocato diversamente: pretende aiuto, solidarietà, interventi dello Stato. Le donne non sono più acriticamente rassegnate ad accettare un ruolo se questo ruolo sacrifica altri ruoli: il lavoro, il divertimento, il viaggio. È vero che non sono più disposte come un tempo a rimanere incinte due o tre volte e a non fare niente per tutta la vita, e allora? Io lo reputo un passaggio positivo. Poi qualcuno mi deve spiegare perché una ministra della Famiglia non parli anche della crisi del concetto di paternità.
Di precarietà, difficoltà delle donne a districarsi tra lavoro e maternità, hanno parlato i ragazzi usciti dagli Stati generali, per motivare le loro contestazioni. La sintesi è che la politica non faccia abbastanza per convincere le coppie a diventare genitori. Una mossa operata dal governo in tal senso ha riguardato la discussa decisione di introdurre nei consultori di volontari Pro Vita. È questa la strada giusta da seguire per sostenere la genitorialità?
Credo che quella sia stata una mossa sbagliata. Chi va in un consultorio perché vuole abortire ha già fatto una scelta molto consapevole. La cosa che mi ha fatto pensare è che questa decisione sia stata inserita nel Pnrr. La legge 194 non è una legge che una certa parte della destra vede volentieri. Questa stessa parte politica sa che questa legge è intoccabile, perché riguarda il corpo delle donne e di chi è vicino alle donne. Il referendum sull’aborto è stato vinto perché non c’era famiglia italiana che non fosse toccata da una scelta come questa. Perché non fidarsi di questa scelta? Non potendo toccare la legge, vengono lanciati messaggi politici. Sa qual è la vera differenza tra me e Roccella? Nel mio mondo ideale tutti quelli che non vogliono abortire avrebbero piena cittadinanza. Nel mondo di Roccella io non ce l’avrei.

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