Eminenza, ultima cantonata?
Nell’omelia, che il cardinale Angelo Scola, ha tenuto nel Duomo di Milano l’8 settembre scorso, per la Solennità della Natività della Beata Vergine Maria, al punto 6 dice:
«Con il Consiglio episcopale milanese, e dopo averne discusso nell’intensa assemblea partecipata da tutti i decani, ho deciso di indire nella data di oggi una Visita pastorale che durerà fino al 31 maggio 2017. Fra poco verrà reso pubblico il decreto di indizione. Insieme, Arcivescovo, Vicari di Zona, decani, sacerdoti, religiosi e fedeli laici, attraverso pochi gesti molto semplici – si è parlato di una Visita pastorale feriale – di verificare la ricezione delle priorità pastorali indicate in questi anni a partire dai quattro pilastri della vita della comunità cristiana primitiva. La Visita pastorale potrà essere un catalizzatore dei non pochi processi ed iniziative cui abbiamo fatto riferimento».
Non sto a fare una storia della Visita Pastorale: quando e perché è nata. Dico solo che sono famose le Visite pastorali di San Carlo Borromeo. Dico solo che inizialmente avevano un carattere di ispezione e di correzione per eventuali abusi, in tutti i campi: da quello liturgico a quello etico e dottrinale. Più recentemente si è sottolineato l’aspetto propriamente pastorale della visita o della presenza del Vescovo tra la sua gente. Che significa recentemente? Ancora ai tempi del cardinale Colombo, le Visite pastorali avevano un aspetto disciplinare: lo posso dire per esperienza personale. Con Carlo Maria Martini qualcosa è cambiato, ma è stato il cardinale Dionigi Tettamanzi ad aprire una strada nuova: non più programmare una Visita pastorale per tutte le parrocchie della Diocesi, ma visitare le parrocchie su invito o approfittando di particolari occasioni celebrative. Certo, sarà capitato che Tettamanzi andasse più volte in una parrocchia, e tralasciasse altre. Tuttavia, l’idea per me era buona, e andava realizzata meglio: ad esempio, il cardinale avrebbe dovuto di persona creare certe occasioni per andare tra i suoi fedeli, senza aspettare di essere invitato.
Ora apprendo che il cardinale Angelo Scola, sollecitato dai decani, ha indetto una Visita pastorale per tutta la Diocesi, pur in modo semplice o feriale, senza celebrazioni particolari. Durerà fino al 31 maggio 2017. Perché una data così precisa? Scola ha intenzione di restare ancora tra noi per oltre un anno e mezzo? Non dovrebbe dare le dimissioni alla fine dell’anno prossimo? In ogni caso, sapendo che resterà poco in Diocesi, che senso avrebbe iniziare una Visita pastorale a tappeto, anche se non riguarderà le singole parrocchie, ma i Decanati, ecc. ecc.?
Si dirà in coro e dall’alto dei campanili, su tutti i bollettini parrocchiali, che si tratterà della visita “di un pastore”, di un padre che va tra le sue pecorelle per esprimere loro tutto l’amore di Dio. Bla, bla, bla… Sarà anche così, ma necessariamente, per forza di cose, si ridurrà ad una presenza formale del Pastore, che non potrà essere spontanea. Alla fine, come al solito, il Vescovo vedrà ciò che il parroco vorrà far vedere: un po’ d’oro che luccica!
Sinceramente, se fossi vescovo di una Diocesi grande come quella milanese, non so come mi comporterei, ma senz’altro studierei qualcosa di diverso da una formale Visita pastorale. D’altronde, non mi meraviglio che i decani abbiano invitato il cardinale a ritentare l’esperienza della Visita pastorale in tutta la Diocesi. Forse ci saranno state lamentele per il fatto che il cardinale non visita tutte le parrocchie. E non mi meraviglio, pensando ai preti ambrosiani in genere, a cui piace che il loro vescovo venga a incensare le loro bravure nel campo strutturale.
Non ci siamo. Tutto da rifare, direbbe ancora oggi un noto ciclista. La Diocesi milanese non potrà uscire da uno stallo pauroso in cui da anni e anni è caduta, nonostante Martini, se non avrà il coraggio da parte dei suoi preti di alzare una buona volta la testa dalle proprie zolle, per guardare in avanti.
La Diocesi milanese mi fa paura per il suo immobilismo culturale e pastorale! L’ho già detto altre volte. Non è tutta colpa senz’altro del proprio Pastore, ma il Pastore dovrebbe educare il popolo al meglio, ma lo deve fare con uno stile pastorale e soprattutto con una Parola veramente pastorale e profetica. Ho ascoltato l’intervento per la inaugurazione della Visita pastorale dell’8 settembre 2015 ai Decanati di Zara, Affori e Niguarda.
Ho messo sotto il video questo commento:
Eminenza, premetto che sono prevenuto nei Suoi riguardi. Ogni qualvolta leggo qualche Suo scritto o ascolto le Sue omelie tramite youtube subito mi annoio, ovvero, per essere più chiaro, non riesco ad appassionarmi a quanto Lei scrive o dice. Non mi tocca né nella mente né nel cuore. Anche questa introduzione che è durata circa venti minuti non mi ha per nulla appassionato. Venti minuti buttati via. Parole, parole, parole, buttate al cento, proprio perché volano via senza lasciare nulla in chi ascolta. Ho ascoltato qualche intervento, poi, mi son detto: Le solite cose! Le solite cose! Eminenza, che senso avrà la Visita pastorale, se parte così? Non servirà a nulla. La gente non sarà coinvolta. I preti faranno di tutto per riempire il salone o la chiesa, anche con tanti sotterfugi. Poi… il vuoto! Eminenza, faccia un esame di coscienza. Lei sta portando la Diocesi verso la morte! Non aspetti un anno o due… Il suo esperimento a Milano è finito, forse non è mai iniziato.
Chi volesse vedere il video, clicchi qui.
Decreto visita pastorale
Caro don Giorgio,
visito spesso il Tuo sito: di tutto ciò che vi è scritto, alcune cose le condivido, su altre ho qualche perplessità, altre ancora non mi trovano d’accordo.
Vi leggo spesso frasi come questa: “il Pastore dovrebbe educare il popolo al meglio, ma lo deve fare con uno stile pastorale e soprattutto con una Parola veramente pastorale e profetica”. Naturalmente, il Pastore (ogni Pastore) dovrebbe avere a cura anche i propri consacrati (e consacrate), i vecchi e nuovi poveri, gli ultimi, gli esclusi, i divorziati, i carcerati, i disoccupati, i giovani, le missioni, gli stranieri, ecc.
Ora, CONCRETAMENTE, mi puoi fare 3 esempi di cosa il nuovo Vescovo di Milano (ogni Vescovo, se vogliamo) dovrebbe fare secondo Te per essere veramente un Pastore secondo il cuore di Dio?
Grazie.
Cordialmente, Paolo
Mi riferisco al vescovo di Milano, e credo che sia veramente difficile poter dire ciò che dovrebbe fare, perché è fuori di ogni mia idea.
Don Giorgio hai ragione! Da praticante non assiduo posso dire che da quanto posso ricordare è stato sempre così e non solo nell’abito della Chiesa, ma anche in altre istituzioni (politiche, militari, aziendali, ecc.): per ricevere i vertici si fa di tutto e di più (si bonificano gli itinerari, si corteggia il pubblico più gradito, si allontanano i “diversi” che potrebbero dire la loro, si lucida tutto ciò che è posizionato in vista lungo l’itinerario non rimuovibile, si pre cofezionano i discorsi e non si gradiscono interventi liberi ed altro ancora; insomma l’ospite che dovrebbe essere il responsabile di quella istituzione deve percepire (ma in effetti lo sa già) che tutto funzioni a dovere! Don Giorgio, questa è la situazione che tu lo voglia o no e (ne sono convinto) cambiare le cose sarà dura perché? Perché in palio vi sono troppi interessi anche solo di immagine che si sono accumulati gradatamente nei secoli passati.Quindi la tua crociata potrebbe essere anche condivisibile, coloro però che ritenessero di associarvisi sarebbe giusto sapessero come stanno le cose altrimenti nel tempo potrebbero ritenersi ingannati. Come sempre saluti e buon lavoro.
storicamente, furono abbondate per un certo periodo di tempo e, se non erro, riprese con il concilio di Trento.
MA allora avevano un preciso senso dogmatico/teologico, nel senso di vigilare sull’ortodossia, senso di cui si trova traccia ancor oggi, tanto che, nel codice di diritto canonico, è prevista un relazione al pontefice, che sostituisce quella che era un relazione, guarda caso…., alla congregazione per la dottrina della fede…
Oggi a che servono?
Sono solo una cerimonia, come ce ne sono tante……e non solo nel caso di Scola
Sono anch’io dell’opinione che le visite pastorali siano concordate e preparate con cura. A partire da un’attenta selezione dei parrocchiani che potranno venire a contatto con il vescovo, in modo tale da mettere in evidenza ciò che funziona, ma nascondendo opportunamente sotto il tappeto la polvere del degrado e di tutto quello che potrebbe turbare la sensibilità di sua eminenza.
Invece il mio Vescovo non fa la visita pastorale (anche se va a celebrare nelle parrocchie ma senza soffermarsi a incontrare la gente) perché ha paura di incontri più approfonditi che lo mettano di fronte a problemi che non ha o la capacità o la voglia di risovere
Comunque, anche le cosiddette Visite pastorali non servono a nulla, perché la gente è selezionata e le domande sono state già censurate in anticipo. Ai tempi di Giovanni Colombo, l’incontro era solo con i genitori dei figli dai 0 ai 3 anni! Le Visite pastorali, lo sarà anche quest’ultima milanese, sono una presa per i fondelli, tanto più che il cardinale Scola è un aborto come pastore!
Il ritratto del suo vescovo che esce dai suoi interventi , alla fine, e’ quello di un “aborto”? un ‘ opinione più che legittima, diamine! siamo in democrazia! ma mi levi questa curiosità, cosa ci fa ancora Lei in una organizzazione che avrebbe come riferimento un “aborto”? non sarebbe meglio, per Lei e per la Chiesa che togliesse finalmente l’ incomodo fondandone una sua personale costruita a sua misura?
Nessuno glielo impedirebbe…
No, bisogna togliere il tumore, e il problema può essere risolto.