Dal fascismo al berlusconismo al leghismo e al grullismo…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Dal fascismo al berlusconismo al leghismo

e al grullismo…

Un “quando” che sa già di passato, di un passato come puro ricordo di partiti o movimenti finiti nel dimenticatoio. Come a dire: quando la Dc, quando il Pci, quando il Psi, quando il Pri, quando il Msi…
Ma che patagone sto facendo? Come posso paragonare un passato che ha avuto i suoi risvolti anche negativi, ma è stato costruito con l’apporto di politici di alto spessore, e non certo da paragonare con lo strame di oggi?
Il passato non è come un calderone dove metterci di tutto: c’è il bene e c’è il male, ma come parlare di bene pensando ai miseri partitelli di protesta di oggi? Attenzione: il bene non lo giudico in rapporto al consenso. Certo, c’è stato il nazismo, e tanto consenso; c’è stato il fascismo, e tanto consenso; ma tutta questa dittatura è servita anche a risvegliare le coscienze, a creare quel “resto di onesti”, che è sempre il cuore vibrante di ogni vera democrazia, la parte migliore del’Umanità.
Ma oggi, con i nuovi populismi, che chiamerei giustamente dittature con apparenze democratiche, c’è una tale quiescenza o una tale omologazione che rende un popolo intero succube di idioti, che si divertono a castrare la capacità di un libero pensiero.
C’è qualcosa che mi spaventa, ed è quel delitto d’essere, ovvero un vuoto d’essere che si è venuto a creare. Non si sa più che cosa fare per opporsi a una dittatura di coscienze, tanto più delittuosa proprio perché le coscienze si fanno annullare senza un minimo sussulto d’orgoglio.
Un popolo che perde la propria capacità di pensiero finisce prima o poi per essere un relitto o rottame di umanità. Già dire umanità lascia ancora qualche speranza, forse sarebbe il caso di parlare solo di relitti o di rottami come oggetti in balìa di marosi infernali.
Il dittatorismo di coscienze è un mostro malefico, il peggiore: non c’è speranza di salvarsi, se non rifugiandosi in quel profondo d’essere, dove però rimane l’angoscia della solitudine e l’impotenza di agire per salvare qualcosa o qualcuno dal diluvio universale.
Non vorrei dare importanza a chi in fondo non è che un pezzo di merda, ma il problema non è il populista di turno, pezzo di merda o no, a incutermi paura o a farmi pena. Siamo sempre al solito punto: è la massa di gente che, disperata o svuotata di valori, si aggrappa ai rottami di merda per salvarsi dal naufragio, come se bastasse un salvagente qualsiasi, magari tanto luccicante quanto puzzolente, a toglierci dal pericolo.
Siamo usciti dal fascismo, e subito dopo ci è sembrato di rinascere, e la rinascita almeno economica ci fu, ma a spese di una democrazia partecipativa. La contestazione sessantottina cercò di ridare voce alla base, ma la speranza durò poco. Qualche critico potrebbe sarcasticamente commentare: Tanto tuonò che non piovve! Sarei meno negativo, e tuttora ritengo che quella contestazione sia stata un’efficace ribellione al potere di uno Stato e di una Chiesa fortemente autoritari. Ma è successo che si finì poi miseramente nel ventennio berlusconiano, peggiore del nazismo hitleriano e del fascismo mussoliniano.  Sì, peggiore: a differenza di Hitler o di Mussolini, Silvio Berlusconi iniettò nella testa vuota di milioni di italiani un virus che resterà per tantissimi anni. E questo virus favorì poi la nascita di populisti sempre più alla deriva dell’umanità, come Grillo e Salvini, figliocci di quel lurido bastardo che, anche sul punto di tirare le cuoia, non se ne andrà del tutto sconfitto da questo mondo, ma lascerà a lungo una scia di deliri di onnipotenza.
Bastardo e bastardelli che non finiscono mai di dimostrare che il nostro è il più cornuto e mazziato paese che esista su questa terra: una massa di poveracci mentali che allungano in un tempo quasi indeterminato le attese di una sempre più impossibile risurrezione.
Povera nazione, se dobbiamo aggrapparci eroi del caso o a martiri incompiuti, tanto osannati proprio perché non ci rimane altro.
L’”altro” di valore, di genio, di umanità ci sarebbe, ma è solo un ricordo che torna nelle celebrazioni ufficiali. Ma è solo l’ombra di una realtà, che sembra svanita nella nullità di un popolo, che all’impazzata corre dietro a pazzoidi e furbastri bastardi.
11 febbraio 2017
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Luigi ha detto:

    Volevo dedicare una poesia dialettale al commento sul grullismo che mi è venuta in questo momento.
    I stupidott gan un crapun
    a l’alteza di cuiun
    dan reson a Berluscun
    per che in cume lu scemun.
    I Brambilla e i Salvin
    i an ciuchì de vin
    lur in vila a nugn ul mezanin
    lur i cavai e nugn gli asnin.
    Sem turna ai temp del fascio
    ul sciur al ciapa e mi a lascio
    sui nost disgrazi ghe ‘l loro sfascio
    sem propri di cuiun da sganascio.
    Traduzione:
    I grulli (gli stupidotti) hanno testoni
    all’altezza dei coglioni
    danno ragione al Berlusconi
    perché sono come lui scemoni.
    Le Brambilla e i Salvini
    li hanno inciuchiti di vini
    loro nelle ville e noi nei mezzanini
    loro coi cavalli e noi con gli asinini.
    Siamo tornati ai tempi del fascio
    il signorotto prende e io lascio
    sulle nostre disgrazie c’è il loro sfascio
    siano proprio dei coglioni da sganascio (cioè ci ridiamo pure sopra alle nostre disgrazie).

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