Nicolas Hulot: “La transizione ecologica è la speranza, fate tesoro dei nostri errori”

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ESTERI
10/02/2021

Nicolas Hulot:

“La transizione ecologica è la speranza,

fate tesoro dei nostri errori”

L’ex ministro spiega cosa non ha funzionato in Francia, da non ripetere in Italia nel super Ministero green del prossimo Governo Draghi
By Antonio Cianciullo
“Sono contento perché ora avete di fronte due grandi opportunità. La prima è che avete scelto l’unica strada che vi può permettere di superare sia la crisi ecologica che quella economica. E la seconda è che potete fare tesoro degli errori che abbiamo commesso in Francia cercando di raggiungere lo stesso obiettivo”. Si percepisce un sorriso dietro la risposta di Nicolas Hulot, che risponde al telefono dopo una giornata lunga, in buona parte spesa a cercare di capire se l’Italia potrà diventare lo scenario che lui avrebbe voluto per la sua Francia. Una possibilità a cui ha rinunciato con le dimissioni dell’estate 2018 da ministro di Stato nel dicastero per la Transizione ecologica e solidale.
Eppure in Francia sembrava che ci fossero le condizioni per il salto verso una visione moderna e dinamica dell’ecologia. Un presidente giovane che aveva vinto le elezioni con un messaggio legato al cambiamento. La scelta di un ecologista a 360 gradi come ministro. Perché non ha funzionato?
“Il presidente Macron e io avevamo una percezione diversa dell’urgenza della crisi ecologica. E anche del modello produttivo che sta dilapidando le risorse del pianeta e le nostre possibilità di sopravvivenza. Quando mi è stato chiesto di assumere le funzioni di ministro ho accettato ponendo una sola condizione: non essere lasciato solo. Non per timidezza. Ma perché la battaglia contro le lobbies del vecchio modello di sviluppo non può essere vinta da una persona sola, anche se ministro di Stato, cioè ministro con una funzione centrale. Deve essere il governo a fare squadra. E il responsabile del governo deve essere il garante della rotta da seguire. Quando ho visto che questa garanzia non c’era e che prevaleva una linea minimalista e attendista mi sono tirato indietro perché con le mezze misure si fanno solo guai”.
Sembra che le cronache le abbiano dato ragione. Gli spiccioli incamerati dallo Stato francese con le accise sulla benzina hanno acceso il fuoco dei gilet jaunes.
“È andata proprio così. Il punto è che servono misure radicali ma anche solidali. Se avessero utilizzato i proventi delle tasse ecologiche per difendere le persone che da quelle tasse rischiavano di essere penalizzate i gilet jaunes non ci sarebbero stati”.
Ma quelli che hanno meno sono quelli che perdono di più per colpa dei disastri provocati dalla crisi climatica. E’ una bella contraddizione.
“Ed è per questo che la transizione ecologica o è solidale o non è. Ma per far passare un messaggio del genere ci vuole coerenza nelle azioni, non nelle parole. Bisogna lavorare sull’accettabilità della transizione ecologica. Attraverso un’analisi onesta di ciò che avverrà nella stagione di passaggio dall’economia dei combustibili fossili a quella delle rinnovabili e dell’efficienza. Ci sarà chi perderà il posto di lavoro e chi lo guadagnerà. E quindi occorre creare una cassa di compensazione attraverso una fiscalità equa”.
In che senso?
“Penso che le risorse prelevate da tasse che scoraggiano i consumi ad alto impatto ambientale devono essere destinate a incoraggiare altre attività che premiano i consumi a basso impatto ambientale”.
Detto così siano tutti d’accordo. In pratica cosa significa?
“Lo spiego subito. Prendiamo la nuova Pac, la riforma della politica agricola comunitaria che gestisce decine di miliardi di euro. Su questo punto c’è uno scontro molto forte. Quei soldi devono continuare ad andare al vecchio modello agricolo che è uno dei responsabili dell’inquinamento che ci assedia? O devono sostenere il passaggio a un’agricoltura a basso impatto ambientale, un’agricoltura capace di alleggerire la pressione della crisi climatica stoccando il carbonio nel terreno, difendendo la fertilità del suolo, dando agli agricoltori la possibilità di avere un reddito aggiunto utilizzando energie rinnovabili?”
Quindi, se dovessimo fare una classifica delle priorità del nuovo ministero della Transizione ecologica, lei vede un ruolo importante per l’agricoltura. In Italia se ne parla poco. E poi?
“C’è l’energia e ne ho già accennato. Il passaggio dall’energia fossile a quella rinnovabile è un asse centrale di ogni politica che guardi al futuro. Ma questo è uno dei punti che sono già emersi con più chiarezza. Forse è più interessante concentrarsi sulla fiscalità che è un tema più controverso. Bisogna lanciare messaggi chiari: chi già oggi è più colpito dalle alluvioni e dall’inquinamento perché è economicamente più debole non può essere colpito una seconda volta dalla transizione ecologica. Così come chi produce beni e servizi a discapito della giustizia ambientale e sociale non può essere premiato. Ci vogliono misure che difendano l’Europa dalla concorrenza sleale di Paesi che non applicano le norme ecologiche e sociale dall’Unione Europea”.
Pensa che l’Italia, con il nuovo ministero della Transizione ecologica che si profila potrà raggiungere questi obiettivi?
“Penso che l’idea di concentrare competenze ambientali e competenze energetiche in un unico ministero sia un passo avanti fondamentale. Ci saranno buone possibilità se si capirà che una sfida di questo tipo non può gravare sulle spalle di una sola persona. Deve essere il capo del governo a farsi garante del progetto, a pianificare e armonizzare le scelte che portano in quella direzione. E’ un esperimento importante. Una speranza per tutta l’Europa”.
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