Cari preti novelli, fedeltà assoluta al vostro posto di lavoro!
Cari preti novelli,
fedeltà assoluta al vostro posto di lavoro!
di don Giorgio De Capitani
Da tempo volevo fare un video, ma da tempo sto provando una certa allergia a mettermi davanti a una videocamera.
Non so spiegarmi questa allergia, forse perché nel passato ne ho realizzati troppi, e con conseguenze anche penali.
Forse c’è un’altra ragione, ed è la nuova moda dei preti di oggi, giovani e meno giovani, figli di questo tempo che sembra impazzito nella rincorsa alle nuove tecnologie mediatiche come mezzi ritenuti efficaci, consacrati da una gerarchia anch’essa schiava delle nuove tecnologie, per “evangelizzare” le masse.
Quando iniziai a usare il computer, aprendo un sito e facendo video, ero uno dei pochi in diocesi, poi successe ciò che è successo, e ora, chiuso da dieci anni in casa a vita privata per volere dei superiori, mi trovo a usare ancora il computer, ad aggiornare il sito, a sfruttare anche facebook, a realizzare qualche video, ma con più moderazione, o, meglio, facendo altre scelte.
Ecco, è proprio da questo che vorrei partire indirizzando questa lettera aperta a voi, preti novelli.
Forse si è un po’ spenta la moda dei preti canterini, dei preti youtuber, che frequentano anche i salotti gossip delle tv private.
Ma non solo per questo, è per ben altro che un prete oggi dovrebbe tornare a fare sul serio il prete, a servizio di una diocesi che non ha bisogno di preti di successo, ma di ministri “umili” e perdutamente innamorati del loro posto di lavoro.
Una volta, ancora ai tempi in cui ero giovane prete, ci si dedicava totalmente per il bene dei propri parrocchiani. Si era sul posto, localmente, senza mai evadere, se non in casi eccezionali. Si stava male, quando si lasciava fisicamente la parrocchia per qualche urgenza, desiderando di tornare subito al proprio posto di lavoro. E se si usciva dal paese, era unicamente per il bene della propria comunità.
Cari giovani preti, mi sembra che abbiate una certa allergia al vostro posto di lavoro, e appena potete (un motivo lo si trova sempre!), evadete, giustificando il vostro “tradimento” in nome di chissà quali nobili ideali.
Mi ha sempre colpito la determinazione con cui il card. Schuster (ed era un benedettino!) imponeva come criterio per essere preti diocesani l’amore incondizionato per gli oratori. Chi dimostrava di non essere tagliato per gli oratori non era degno di essere prete diocesano!
E oggi? C’è la moda di abbandonare gli oratori festivi per andare a visitare i carcerati, gli ospedali, per fare una certa esperienza, ma sempre “fuori”, lontano dalla propria parrocchia.
Certo, in tal modo ci si sente “soddisfatti”, quasi realizzati… Ok!
Ma chiediti: ti senti proprio a posto tradendo il tuo posto di lavoro, che magari non ti darà alcuna soddisfazione umana, ma è pur sempre il tuo posto di lavoro, ed è per questo che ti sei fatto prete diocesano? Oppure no?
Noi preti anziani siamo entrati in seminario in prima media. Sbagliato o no, normalmente era così. Ma c’era una educazione allo studio e al senso del dovere, che non mi sembra sia presente nei Seminari di oggi. È solo una mia impressione?
Il senso del dovere, il senso della disciplina: non era qualcosa di solo esteriore!
L’amore per il proprio posto di lavoro!
Sbagliato o no, i parroci morivano da parroci! Oggi? Si stabilisce l’esatto periodo (quanti anni!), in cui un parroco dovrà restare nella propria comunità. E si stabilisce anche l’età pensionabile: 75 anni! Oggi forse si chiude un occhio, visto che i preti diminuiscono, magari fra qualche anno destinati a scomparire.
È sparita anche l’idea che un prete possa innamorarsi della propria comunità. Innamoramento sì, ma a tempo determinato! Lo stabiliscono i superiori!
E che innamoramento è quello dei preti giovani che tradiscono il bene per la propria comunità sempre evadendo, alla ricerca di altri “amori”! Ma questo modo di fare non è forse prostituzione?
Cari giovani preti, tornate ad essere “fedeli” al vostro dovere, che è “amore locale”, amore del posto, in quanto luogo dove vive la comunità.
È chiaro che intendo dire “amore per la propria comunità”, ma la comunità la si serve e la si ama sul posto. Diciamo ancor meglio: non si ama la comunità in quanto qualcosa di astratto, si amano i parrocchiani, in qualsiasi posto si trovino: se qualcuno è all’ospedale è dovere andare a fargli visita, così se si trova in qualche ospizio o in carcere. Sono i “tuoi” parrocchiani! E succede anche che si esca dalla propria comunità, dimenticando i “propri” parrocchiani “fuori” per qualche seria motivazione. Troppo comodo andare a trovare qualche “amico” parrocchiano che si trova in vacanza, chissà dove.
Fedeltà al proprio posto di lavoro, il che vuol dire fedeltà alla propria comunità, ovvero ai propri parrocchiani.
Se posso farvi una confidenza, che è poi sotto gli occhi di tutti, vorrei dirvi: nonostante le polemiche che ho sollevato, mi sono sempre salvato per l’appoggio della mia comunità, che così pensava: “Non mi interessa ciò che don Giorgio dice, scrive o pensa, a me interessa che vuole bene al mio paese!”.
Ma non vorrei che pensiate che il mio amore al paese fosse una specie di campanilismo: ho cercato di tenere sempre presente il detto: “agire nel piccolo, e pensare in grande!”.
E, ve lo dico per esperienza, è più facile nel piccolo pensare in grande. Perché, e qui dovrei aprire un lungo discorso, ad aprire gli occhi e la mente è la scoperta del proprio mondo interiore.
Più si è liberi dentro, più si aprono in noi infiniti orizzonti e a gustarne qualcosa del nostro vivere dentro saranno proprio i nostri parrocchia anche di piccoli paesi.
Provare per credere!
E, cari preti novelli, se avete qualche momento libero, oppure trovatelo senza dover per forza andare in qualche eremo lontano, leggete qualche buon libro sulla Mistica medievale, o vedete qualche video di Marco Vannini. Vi si aprirà un mondo nuovo.
Perché lo scoprissi ci sono voluti tantissimi anni di svariate esperienze pastorali. Talora penso: se questo mondo l’avessi scoperto prima, quanta gente si sarebbe accorta di essere fuori strada!
Ma non tutto è perduto: sento l’obbligo di comunicare anzitutto alla Chiesa di oggi il dovere di “convertirsi”, del resto Cristo non ha detto: “Metanoèite!”? Ovvero: cambiate il vostro modo di pensare, e perciò rientrate in voi stessi, dove l’intelletto “attivo”, quello illuminato dal Divino, potrà illuminare il vostro spirito, così da farsi riempire di Spirito santo.
La Mistica è questa: rientrare in quel sé interiore, ove unirsi nel Sé divino.
La gente capisce queste cose, purché qualcuno inizi a educarla seriamente nel senso più “spirituale”, ovvero a partire dal proprio mondo interiore.
Non mi dilungo, concludo dicendo che, quando la gente la si conquista volendole bene perché il suo prete rimane sul posto di lavoro, poi accetterà tutto dal prete, anche discorsi filosofici, per non dire mistici.
NOTABENE
Se a lungo ho contestato, ancora oggi, società, mondo politico e chiesa istituzionale, non l’ho mai fatto per un meno, ma sempre per un più: ovvero, ho lottato e lotto, per quel meglio o per quel giusto che dovrebbe essere lo scopo della Politica o della Chiesa di Cristo. In altre parole, non ho lottato o lotto per qualche mio interesse o per qualche mia comodità, che porta o spinge al meno.
I profeti stimolavano per un più le masse, così gli spiriti liberi, e la pagavano di persona. Chi non la paga di persona non è un vero profeta o uno spirito libero.
Anche noi preti purtroppo abbiamo l’arte di equilibrare diritti e doveri, ponendo molta attenzione perché non subiamo qualche perdita in fatto di comodità.
Si lotta per un più, e non per un meno: in fondo, le eresie condannate dalla Chiesa che cos’erano, se non eccessi di verità, o meglio quel voler andare oltre i paletti di una ortodossia soffocante la voce dello Spirito. Tanto è vero che eretici del passato giudicati tali e magari fatti fuori vengono oggi messi sugli altari da una Chiesa, sempre comunque pronta a colpire gli spiriti liberi di oggi, per poi, chissà quando, venerarli. Si pensa che il tempo smorzi le ali, e venerare poi i profeti “castrati dal tempo” non è un altro omicidio?
Se un prete diocesano deve avere un pizzico di follia, è per quella profezia che fa vedere oltre una pastorale del troppo fare che blocca già sul nascere quel servire un regno di Dio, che è dentro di noi, ma che, estromesso, perde ogni vitalità.
Voi preti novelli, siete pochi, siete “imperfetti”, ma che importa, se, ciascuno, aveste quella follia che travolge anche una massa anonima e indifferente, in attesa di tempi migliori.
Una follia, che coinvolge il piccolo, pensando in grande. Follia è un grande pensiero, vissuto nel piccolo. E dal piccolo partirà quella fiamma che raggiungerà i confini della terra. Utopia? No! Don Lorenzo Milani è un esempio. Uno tra i tanti.
Meglio fare un video su questo argomento.
La gente ha poco tempo e voglia di leggere.
In assenza di video, la gente viene dirottata su altri canali di varia qualità (es., Padre Livio, don Alberto Ravagnani, Andrea Dipré per il sociale).
Un saluto.
Non capisco perché non si debba abituare la gente anche a leggere, e poi non mi rivolgo solo alla massa analbafeta che rifiuta di leggere, ma anche alle persone più “intelligenti”, che amano leggere. Ho fatto anche video, tantissimi, e ho scritto diversi libri, per non parlare di articoli. Ognuno usi la sua capacità di intendere e di volere. Purtroppo l’Italia è sommersa da una cappa di analfabetismo culturale, promosso e favorito da quel populismo targato Lega, Berlusconi e Meloni. Anche il video è fatto di parole, ma talora le parole vengono messe al servizio di una capacità (arte?) di ingannare la gente con immagini, gesti, o altro. I video ad esempio di don Ravagnani sono superficiali, che alla fine non servono a nulla. La gente ha bisogno di un cibo sostanzioso. Quando celebro la Messa a Dolzago, non uso video, e la gente viene in chiesa anche per ascoltare le mie omelie.
Infine, nel mio articolo, mi rivolgevo ai preti novelli…
Ero un pò indeciso se commentare questo post o l’editoriale della settimana. Ho letto, come spesso mi capita, l’omelia dell’Arcivescovo in occasione delle ordinazioni sacerdotali. Ormai vescovo e molti preti si sono sintonizzati su questo canale di rassegnazione e lamentazione (come il libro dell’antico testamento). I preti di oggi troveranno un contesto difficile, un popolo ormai insensibile alla fede e al clero. E quindi? L’Arcivescovo crede che fare i genitori sia semplice? Che fare i mariti sia semplice? Siam fortunati perchè abbiamo una donna e non dobbiamo rispettare il celibato, forse? O forse è semplice vivere da single? Dai a me certe affermazioni fanno ridere per non piangere. Un livello di banalità assurdo. E’ difficoltoso per ciascuno prendere un scelta definitiva, al di la del periodo storico. Il problema è che ci siamo abituati alla vita facile al benessere e le sfide, quelle che danno un senso alla vita, ci sembrano troppo. La vita in famiglia, nelle famiglie di oggi dove si lavora entrambi, è diventata difficile ma stimolante. Come la scelta della consacrazione o del sacerdozio. Mi piacerebbe che ogni tanto si guardasse con stupore alla bellezza di preti felici e aperti alla comunità (e con la testa aperta…difficilmente escono dal seminario di Milano in questi ultimi anni); di famiglie che nonostante tutto crescono con tutte le forze i loro figli. Questo è il futuro!
Certo che c’è un pò di nostalgia per i tempi dove diventare sacerdote significava un giorno diventare “il signur curat”. Quello che decideva per le sorti del paese; che faceva il sindaco, il parroco, il medico e decideva ogni cosa. Certo era bello diventare prete sapendo che un giorno tutto il paese sarebbe dipeso da lui. Ma non è più così: per fortuna (dico io).
Oggi diventare prete è una scelta sconveniente: ce lo ricordano i numeri e le analisi sul futuro del clero milanese. Ma rimane una via per realizzare l’esistenza di taluni: questo conta!
Il consiglio di don Giorgio lo condivido a pieno. Mi sento di chiedere di più: passione e amore per la missione che viene consegnata. E’ vero oggi i preti scappano dalla parrocchia; incapaci di costruire relazioni autentiche e sincere con la gente. Sempre pronti a dover riaffermare la propria superiorità (quale?) rispetto alla gente. “Qui comando io! Il Vescovo ha mandato qui me”. Certo la gente, i laici fanatici, i “comandoni” son diventati davvero insopportabili. Ormai la parrocchia è lo strumento prediletto per trovare un pò di successo per il laico. Per potersi elevare rispetto al popolo e sentirsi superiore. E fanno di tutto per arrivarci; alcune donne arrivano anche a provare di sedurre il sacerdote. Segni del maligno che spesso comanda molti fratelli. Ma la missione è stare in mezzo alla gente, lì dove il Signore vi ha mandato, senza evadere, alzando la voce e sbattendo i pugni (ogni tanto sparando qualche bella parolaccia che fa sempre bene) quando serve ma cercando di costruire sempre relazioni. Chiedendo scusa e sotterrando ogni rancore. Io sono scottato da una bruttissima testimonianza vissuta con il nuovo vicario del mio paese. Non so ancora perchè mi ha cancellato dalla parrocchia e riservato parecchi gesti cattivi, pieni di rabbia per non dire odio. Io l’ho semplicemente contraddetto lungo tutto il primo anno in parecchie riunioni; ma non per partito preso, portando la mia testimonianza di fede…quello che sentivo vero su quegli argomento. Io mi sono allontanato, sono anche andato in crisi, ma son qui che aspetto. Aspetto instancabilmente le sue scuse. Ma non per me, per lui. Perchè ritrovi un minimo di umanità che gli sarà utile per il suo prossimo incarico. Non cerco una rivincita ma spero che questa brutta esperienza, che ha cambiato tanto in me e purificato molto la mia finta fede, possa aiutare anche lui a ritrovare un pò di umanità.
Ecco siate umani! Certo il pulpito, i paramenti, l’altare, le luci….si fa presto a montarsi la testa (se poi vi toccheranno anche le croci pettorali, gli anelli, i pastorali ecc…sarà sempre più difficile). Fate di tutto per rimanere umani. Per essere i primi a sporcarsi le mani quando serve; a chiedere scusa quando è necessario; a stare in mezzo alla gente nelle occasioni dove non serve il palcoscenico. Siete presi tra la gente ma siete sempre parte della gente: ricordatevelo! Buon cammino e congratulazione per la vostra scelta: che sia la strada che vi realizzi nella vita!