Il consenso popolare di Bergoglio è in calo? Finalmente!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Il consenso popolare di Bergoglio è in calo?

Finalmente!

Ho letto in questi giorni la notizia che la popolarità di papa Francesco è in netto calo: dall’88% del 2013, il suo consenso è sceso ora al 71%, secondo un sondaggio realizzato da Demos.
Gli analisti spiegano che le motivazioni sono due: da una parte la linea di Bergoglio a difesa dei migranti, dall’altra il mancato cambiamento, annunciato e atteso, nel mondo della Chiesa.
Dico subito che la parola “popolarità” è in netto contrasto con il Vangelo: Cristo non è venuto per farsi ben volere da tutti, casomai per voler bene a tutti, il che significa che talora quel “tutti”, quando assume l’aspetto di massa o di folla, rende difficoltoso ogni rapporto con il singolo, il quale sembra scomparire nell’anonimato.
Nei Vangeli troviamo in Gesù un duplice aspetto che potrebbe sembrare contraddittorio: da una parte Cristo sembra che cerchi le folle per evangelizzarle, dall’altra le rifiuta, per non farsi strumentalizzare. All’inizio del suo ministero, le folle correvano dietro a lui, poi man mano si è trovato ad essere solo con i suoi discepoli, che, perfino loro, alla fine lo abbandoneranno quando egli verrà condannato a morte e crocifisso.
In realtà, anche quando Gesù era circondato dalle folle, non è che cercasse il loro consenso: certo, dava loro anche il pane dopo averlo moltiplicato, ma poi faceva loro capire che quel pane non era solo qualcosa destinato a nutrire solo il corpo. Quando la gente, entusiasta, lo vuole fare re, egli fugge, se ne va tutto solo sulla monte.
Cristo, dunque, non è mai stato un populista, ma uno che parlava chiaro e profondo, e non si è mai rivolto al ventre, ma ha cercato di  parlare alla mente della gente
Ecco, quando vedo che un papa ha troppa popolarità, temo per la sua libertà interiore. Un populista non è mai libero, dentro, ma un è condizionato dalla gente.
Su papa Bergoglio ho già detto diverse volte il mio parere. Che lo abbia fatto di proposito o non di proposito, interessa relativamente.
Un dato è certo: egli ha avuto fin dall’inizio troppa popolarità, anche favorita dal suo modo di fare, di dire battute, di affrontare la realtà. Se all’inizio anch’io mi ero lasciato prendere da una certa simpatia, poi man mano ho capito che qualcosa non funzionava: non notavo alcun passo verso quel rinnovamento della Chiesa che egli prometteva.
Ma sulla parola “rinnovamento” della e nella Chiesa bisognerebbe soffermarsi a lungo. Vorrei almeno dire questo: un conto è parlare di struttura e un conto è parlare di interiorità, anche se il rinnovamento strutturale non potrà fare a meno della riscoperta della interiorità dell’essere umano. Ed è qui che il populismo gioca bene le sue carte truccate: esso parla di rinnovamento strutturale come se fosse il vero segreto della democrazia, o di quel bene comune che richiede ben altro che riforme strutturali.
Ora mi chiedo se questo papa, nonostante il calo della sua popolarità, tuttora bene in vista dal punto di vista mediatico, abbia detto qualcosa di positivo sulla riscoperta del mondo interiore. Che poi la Chiesa abbia le sue regole anche strutturali, nulla da eccepire, anche da modificare in vista del bene del singolo e della società, ma che la Chiesa si chiuda a riccio, rifiutando di aprirsi ai valori universali dell’Umanità, questo è insopportabile e pericoloso, tanto più che solo al di là delle differenze anche religiose ci si può intendere, in vista del Bene comune che non è prerogativa di nessuna fede religiosa.
Sui valori dell’essere umano non si può giocare con il consenso: la gente fatica, enormemente fatica, a rientrare in se stessa, ma questa è la strada giusta, soprattutto da parte di una Chiesa che si dice risalente a Gesù Cristo. 
Anche sull’altro problema, quello dei migranti, bisognerebbe soffermarsi più a fondo. Anche qui la Chiesa ha perso il treno. Che nel suo complesso la gerarchia ecclesiastica sia particolarmente sensibile al problema dei migranti, nulla da dire, del resto supportata dalla Buona Novella, che parla chiaro quando si tratta di accoglienza verso i più poveri. Ma il fenomeno migratorio da anni andava affrontato seriamente, coralmente, da parte sia della Chiesa che del mondo politico.
Sì, si è perso troppo tempo tra un certo populismo ecclesiastico, dettato da un vago buonismo, e l’attendismo politico, e questo ha prodotto quel razzismo strisciante che ha trovato nella Lega un campo fertile.
La Lega vive sui malumori panceschi di una massa che ha paura dell’”altro”, del “forestiero”, visto come un “nemico”, tanto più che i leader, aborti di umanità, non fanno che cavalcare il malessere, speculando sulle tragedie umanitarie.
Nelle emergenze, ogni energia dovrebbe cercare la via migliore per trovare la soluzione migliore.
Qui il consenso di una massa s-cervellata è la prova della perversione d’animo di chi lo rincorre solo per raccogliere voti che, alla fine, cadranno come grossi macigni riducendo a brandelli sia la massa che i caporioni.
E la Chiesa assisterà, impotente, anche alla rovina di se stessa.
11 agosto 2018
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