11 agosto 2019: NONA DOPO PENTECOSTE
1Sam 16,1-13; 2Tm 2,8-13; Mt 22,41-46
Il criterio di Dio e il criterio degli uomini
Potrei soffermarmi per tutta l’omelia sulle parole che il Signore rivolge a Samuele, quando l’anziano giudice d’Israele, vedendo il figlio più grande di Iesse, Eliàb, lo vuole consacrare re come successore di Saul: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
In base a queste parole, Samuele sceglie l’ultimo figlio di Iesse, il più giovane, il più inesperto: Davide.
Ecco, le parole del Signore sembrano costituire il criterio dell’agire di Dio, quando si tratta di scegliere chi dovrà guidare la sua storia, il suo Regno, nell’attuare i suoi piani.
Il Signore, dunque, è colui che sceglie il minore, il meno apprezzato, il più piccolo, lo scarto, il più debole, il meno potente. E gli affida le sorti della sua Storia.
Se questa è la legge del Signore, non è però mai stata da legge degli uomini e nemmeno degli uomini di fede, e nemmeno degli uomini di Chiesa.
Fin dagli inizi del cristianesimo, gli uomini di Chiesa hanno preso la via del più forte, del più dotto. Anche la strada del più dotto è una strada di potere.
Possiamo dire che, ancor prima che arrivasse il primato del potere anche nel campo politico, nella Chiesa ha subito prevalso il predominio della cultura, mettendo in ombra o, meglio, sfruttando lo Spirito santo.
Luca, informandoci sul primo Concilio della Chiesa, svoltosi a Gerusalemme (intorno al 49/50 d.C.), così introduce la lettera che gli Apostoli inviarono in quella circostanza alle comunità cristiane della diaspora: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi…” (At 15,28).
Benedetto XVI, Udienza Generale del 1 ottobre 2008, commenta: lo Spirito, che opera in tutta la Chiesa, conduce per mano gli Apostoli nell’intraprendere strade nuove per realizzare i suoi progetti: è Lui l’artefice principale dell’edificazione della Chiesa.
Per quanto tempo dureranno le parole: “Abbiamo deciso lo Spirito santo e noi”? Poi si invertì l’ordine, e si disse: “Abbiamo deciso noi e lo Spirito santo”, e poi sparirà lo Spirito santo.
Chiesa dogmatica e i concili
Che la Chiesa dogmatica si sia imposta sulla Chiesa dei più umili lo si può constatare dalla storia dei Concili ecumenici e dalla storia dei dogmi trinitari. Si arrivò perfino a sottilizzare su Dio così da cadere nel ridicolo, ma soprattutto in diatribe anche sanguinose, creando separazioni, scismi, uno scambiarsi di dure condanne reciproche.
Dire che la storia della Chiesa sia una storia dei più umili, dei più deboli, dei più piccoli è un controsenso pensando a quanto è successo in due millenni.
Il potere religioso della Chiesa! Il potere politico della Chiesa! Qualcosa di spaventoso! Qualcosa di diabolico!
Nella sua opera, “Lo specchio delle anime semplici”, ritenuta eretica dalla Chiesa cattolica, perciò arsa sul rogo insieme alla sua autrice, Margherita Porete (1 giugno 1310) si distinguono due Chiese: la Chiesa grande, quella nobile, composta di anime umili, e la Chiesa piccola, la Chiesa delle gerarchie ecclesiastiche.
Dunque, grande sta per la vera Chiesa di Cristo, e piccola sta per la Chiesa ristretta, ottusa, potente.
Secondo la Porete, accanto alla Chiesa piccola, quella del potere, che ha fatto e fa tuttora danni incalcolabili, c’è la Chiesa grande, quella delle anime nobili, quella dello Spirito santo.
Credo che la Chiesa cattolica, a differenza delle altre istituzioni religiose, sia la dimostrazione di un potere messo a dura prova al suo interno: un potere che vorrebbe spegnere lo Spirito santo, ma che è sotto processo dallo stesso Spirito santo.
No, dire che la Chiesa cattolica sia sotto tentazione da parte di una forza esteriore significa non capire quale sia il vero dramma della Chiesa: è una istituzione talmente grossa che è una minaccia alla sua stessa anima, intendendo per anima quella realtà divina, che è l’essenza di quel Cristianesimo che Cristo non ha voluto così come poi si è sviluppato lungo i secoli.
Dire che oggi le cose siano diverse, significa essere ingenui, con la testa fasciata: chi viene nominato oggi papa o vescovo di una determinata diocesi? Gente di un certo rango, di un certo giro culturale, non importa se poi si rivelano palloni gonfiati, per non dire peggio.
Da anni sostengo che la vera Chiesa è sostenuta dai preti badilanti, dalla gente di una fede grande come una montagna.
Ma la cosa veramente paradossale sta nel fatto che non ci si accorge, o non si vuole prendere coscienza che la Chiesa del potere non solo è in contraddizione con il Vangelo del Cristo, ma porta l’essere umano verso la sua distruzione. Nella Chiesa del potere conta il potere, la struttura, il dogma, ma la coscienza è umiliata, bloccata in una prigione.
E non dimentichiamo che, anche nel caso di Davide, nel caso di scarti rivalutati da Dio, la storia insegna che, a contatto col potere, diventano parte del potere stesso che riesce a distruggere perfino le anime più belle.
“… l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”
Spesso ci chiediamo qual è l’essenza o la cosa più importante perché le responsabilità, nel campo religioso e politico, vengano affidate a un individuo invece che a un altro.
Credo che, tra una complessità di motivazioni le più assurde, sia difficile individuarne almeno una sana: una che arrivi a individuare la bontà o la rettitudine del cuore.
“… l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”.
Le apparenze fanno scuola, dettano legge, magari pur sapendo che sono solo apparenze: ma sono sempre vincenti nel campo politico e nel campo religioso.
Basta poco perché il più deficientello diventi ministro o vice-presidente del governo. Basta poco perché diventi vescovo di una grande diocesi. E talora succede che neppure le apparenze sorreggano le ragioni di una loro scelta.
Dio vede il cuore, e non dà importanza alle apparenze. Ma Dio è l’eccezione, e la storia è fatta dalle regole, che sono: più si è “carnali”, più si è vincenti agli sguardi di un’opinione pubblica assetata di apparenze promosse da una pubblicità senza pudore.
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