Simone Boccaccini (a sinistra) condannato per l’omicidio di Marco Biagi (al centro) il giuslavorista ucciso dalle nuove Br il 19 marzo 2002 in via Valdonica. A destra il figlio Lorenzo Biagi.
da bologna.repubblica.it/
10 AGOSTO 2024
Lorenzo Biagi:
“Boccaccini uomo libero?
Provo una gran rabbia, per i brigatisti
non dovrebbero esserci sconti di pena”
di Ilaria Venturi
Il figlio del giuslavorista ucciso il 19 marzo 2002 dalle Br commenta così l’uscita dal carcere di uno degli uomini coinvolto nel commando: “Mi ferisce sapere che lui è adesso un uomo libero, ma non posso farci niente”. Il legale della famiglia: “Tristezza dal punto di vista umano, ma l’espiazione deve anche liberare”
BOLOGNA – “Boccaccini è libero? Che rabbia”. Reagisce così Lorenzo Biagi, il figlio più piccolo del giuslavorista ucciso dalle Nuove Br sotto casa, a Bologna, il 19 marzo 2002. Simone Boccaccini, accusato di aver partecipato ai pedinamenti per la preparazione dell’agguato, era stato condannato all’ergastolo con pena ridotta nel 2006 a 21 anni in appello (gli furono riconosciute le attenuanti generiche), sentenza confermata in Cassazione nel 2007. È uscito dal carcere due giorni fa, giovedì 8 agosto, dopo aver saldato i conti con la giustizia.
Lo ripete anche ora, non ha cambiato idea. “Provo tanta rabbia”, dice a caldo. “È una notizia di cui prendo atto, si sapeva già. Per me non dovrebbero esserci sconti di pena per i terroristi, ma la giustizia italiana funziona così. Mi ferisce in modo profondo sapere che lui è adesso un uomo libero, ma non posso farci niente. Vado avanti e li ignoro, perché l’indifferenza nei confronti di chi ha ucciso mio babbo è il modo per andare avanti nella mia vita, che è l’unica cosa che conta”.
Aveva 13 anni quando suo babbo fu ucciso sotto casa. Freddato nel rientro dal lavoro in bicicletta, solo perché lo Stato gli aveva negato la riassegnazione della scorta, tolta nel 2001, nonostante le insistenze dello studioso allarmato per la sua incolumità. Nessuno si mosse. A processo l’ex Br Cinzia Banelli affermò che se avesse avuto la scorta non sarebbero riusciti ad ammazzarlo.
Il legale: “Senso di tristezza dal punto di vista umano”
L’avvocato Guido Magnisi, legale della famiglia Biagi, riflette: “Bisogna confrontare il dramma delle parti lese e parti civili con il tema delle legislazioni e il garantismo. È una notizia molto importante quella della buona condotta e dell’atteggiamento disponibile”.
E aggiunge: “La mia riflessione umana è un senso di tristezza rispetto alla vicenda e a quello che è accaduto, e rispetto alla memoria di Marco Biagi. Ma da avvocato garantista ritengo che l’espiazione deve anche liberare, è un effetto necessario. Si spera che l’esperienza avuta sia stata utile”.
Dunque la buona condotta va riconosciuta anche ai terroristi? “Una volta che l’espiazione c’è stata, un paese civile deve permettere che l’espiazione consumata della pena dia una possibilità, altrimenti ci troveremmo nell’assurdità che sia punitiva e non rieducativa”.
Il delitto Biagi e la condanna per l’omicidio D’Antona
Marco Biagi fu ucciso con la stessa arma usata per D’Antona. Le Nuove Brigate Rosse rivendicarono anche questo agguato. Entrambi gli studiosi finirono nel mirino in quanto entrambi impegnati nella riforma del mercato del lavoro. Per l’omicidio di Marco Biagi sono stati condannati all’ergastolo Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari.
Nadia Lioce insieme a Mario Galesi era, per l’accusa, la mente delle nuove Brigate rosse. Fu arrestata il 2 marzo 2003 dopo la sparatoria sul treno interregionale 2304 Roma-Firenze in cui morirono il sovrintendente della Polfer Emanuele Petri e lo stesso Galesi. La Cassazione ha confermato per lei già l’ergastolo per l’omicidio dell’agente.
Roberto Morandi arrivò in via Valdonica quel 19 marzo 2002 in motorino, insieme a Galesi. Galesi sparò a Biagi ma Morandi avrebbe dovuto farlo al suo posto nel caso qualcosa fosse andato storto. Marco Mezzasalma, ingegnere romano di 47 anni, è considerato dagli inquirenti l’esperto informatico delle Br: è sua l’impronta trovata sul computer utilizzato per inviare l’e-mail con la rivendicazione del delitto. Diana Blefari, suicida in carcere nel 2019, è invece l’affittuaria del covo Br in via Montecuccoli. L’ultimo condannato Simone Boccaccini, fiorentino di 47 anni, per gli inquirenti è il ‘compagno Carlo’, il militante che avrebbe dovuto andare a prendere Morandi dopo il delitto. Il 12 marzo del 2002 fu fermato dai carabinieri pe run controllo insieme a Morandi nei pressi di Porretta mentre rientravano da Bologna a Firenze.
Morandi, Mezzasalma e Lioce furono condannati nel 2007 in via definitiva anche per l’omicidio di Massimo D’Antona, il professore consulente giuridico del Ministero del Lavoro, ucciso il 20 maggio 1999. Per la morte di D’Antona, Simone Boccaccini fu condannato a cinque anni e otto mesi per associazione sovversiva. Fondamentale per smantellare le Nuove Br, formate in realtà da pochi militanti, fu il pentimento della brigatista Cinzia Banelli. La terrorista, condannata per gli omicidi D’Antona e Biagi, decise di collaborare. Fu casuale, ma uscì dal carcere nel giorno del sesto anniversario della morte di D’Antona.
“Bologna vicina alla famiglia Biagi”
“Esprimo la vicinanza e quella della città alla famiglia Biagi. La notizia della scarcerazione per buona condotta di una persona coinvolta nel piano che uccise il professor Biagi è davvero una decisione che ci sconvolge”. Lo dice il sindaco di Bologna Matteo Lepore.
***
da Il Corriere della Sera
10 agosto 2024
Il figlio di Marco Biagi:
«Simone Boccaccini libero?
Dopo la scorta negata a mio padre,
un’altra ingiustizia»
di Francesco Rosano
Lorenzo Biagi dopo che l’ex Br è tornato in libertà: «Provo rabbia, avrei preferito che scontasse la pena fino in fondo. Le leggi italiane sono queste»
«Neanche di fronte a un caso grave, come un omicidio di stampo terroristico legato alla Brigate rosse, si è riusciti a far scontare una pena fino in fondo. Ne prendo atto, ma provo tanta rabbia e amarezza». La notizia della liberazione di Simone Boccaccini, uscito dal carcere in anticipo grazie a uno sconto di pena e alla buona condotta, è un fulmine nel cielo dell’estate di Lorenzo Biagi, il figlio minore del giuslavorista Marco Biagi, ucciso nel marzo 2002 sotto la sua abitazione nel centro di Bologna da un commando della nuove Br. «Questa ingiustizia si aggiunge alla prima e più grave subita da mio padre: negargli la scorta, ciò che ha fatto sì che venisse ucciso».
Simone Boccaccini, l’unico brigatista del commando che uccise sue padre a non dovere scontare un ergastolo, da venerdì 9 agosto è un uomo libero. Cosa significa questa notizia per lei e per la sua famiglia?
«Mi fa tanta rabbia, perché è un po’ come se con questo sconto di pena mio padre venisse ucciso per la seconda volta. Dentro di me c’è solo rabbia e amarezza, è questa l’unica cosa che mi viene da dire».
È deluso dallo Stato italiano?
«Non posso dire di essere deluso, esistono delle leggi e credo siano state seguite, Boccaccini era l’unico a non avere ricevuto l’ergastolo. O meglio, in prima istanza sì, ma successivamente la sua posizione era stata rivista. Avrei preferito che quantomeno scontasse quella pena fino in fondo, anche considerando il fatto che ancora prima che per l’omicidio di mio padre era stato condannato per quello di Massimo D’Antona (5 anni e 8 mesi per associazione sovversiva, ndr.)»
Crede che vadano strette le maglie delle leggi sulla detenzione dei terroristi?
«Non sono io a dover dire se si debbano o meno rivedere le leggi, ma già il fatto che non sia stato condannato come gli altri all’ergastolo mi sembra una cosa molto rivedibile. Che poi ora sia un uomo libero dopo un’ulteriore riduzione della pena, come ho già detto, è una cosa che mi fa rabbia ma ne prendo atto perché le leggi italiane sono queste».
Se lo incontrasse per strada cosa gli direbbe?
«Assolutamente nulla, farei finta di niente e spero che non avvenga mai. Farei lo stesso se dovessero arrivare riduzioni di pena per gli altri brigatisti: è vero che sono stati condannati all’ergastolo, ma non si sa mai… Non ho mai voluto e non vorrò mai incontrare nessuno di loro, punto e basta. Hanno commesso crimini molto gravi o odiosi, la mia indifferenza nei loro confronti è totale».
Non vorrebbe nemmeno dirgli in faccia quello che pensa di loro?
«A parte Cinzia Banelli, che adesso ha una nuova vita, nessuno si è mai pentito. Non vedo il motivo per cui io debba avere un qualche confronto con loro, ma anche se si fossero pentiti non lo vorrei avere a prescindere».
Il suo impegno per ricordare suo padre nelle scuole e con la pagina «Mio babbo Marco Biagi» va avanti?
«Certo, continuerà per sempre e non smetterà mai di andare avanti. Sia attraverso la pagina Facebook che tra gli studenti, sono il modo migliore di tenere vivo il ricordo e spiegare ai ragazzi più giovani, che ancora non sono all’università o devono affacciarsi sul mondo del lavoro, chi era mio padre e cosa gli è successo, per tenere vivo il suo ricordo e lanciare esempi positivi di vita da seguire».
Commenti Recenti