Martedì sera, 10 settembre, presso l’oratorio di Monte: Assemblea pubblica sulla rimozione di don Giorgio da Monte

 

 

Introduzione di don Giorgio

Buona sera a tutti, come direbbe Papa Francesco.
 
Anzitutto, tutto l’incontro sarà registrato, e poi verrà messo su youtube.

Lo dividerei in tre parti: una mia introduzione, poi il gruppo di parrocchiani, che nei giorni scorsi si sono attivati per far sentire la loro protesta e quella della comunità, vi spiegherà come sono andate le cose, infine lasceremo la parola a voi.

Cosa vi devo dire? La questione risale a diversi anni fa, ma non intendo ora farne tutta la cronistoria. Una cosa però ci tengo a dire: la storia che mi riguarda è complessa e in parte anche ingarbugliata. Mi riguarda come prete di Monte, come prete della comunità pastorale, come prete della Chiesa ambrosiana e come prete della Chiesa universale. Non possiamo e non dobbiamo separare questi quattro aspetti, che sono un tutt’uno. Quindi smettiamola di dire che il mio sito mi ha rovinato. Ogni mia presa di posizione nel campo socio-politico e nel campo ecclesiale riguarda nello stesso tempo il mio essere cittadino e il mio essere credente, il mio modo di essere incarnato nella società e il mio modo di credere nel Cristo, che si è incarnato in questo mondo, ma non per presentarsi unicamente come religioso o unicamente come politico. Quindi, se ad esempio ho lottato per l’ambiente ho lottato per difendere il Creato, e la parola creato richiama il Creatore. A proposito vorrei fare subito un inciso. Nonostante le riserve dei miei superiori, resterò in zona, a Cereda, frazione di Perego, dove ho trovato, anche provvidenzialmente, un appartamento. I motivi di rimanere in zona sono tanti, tra cui il mio desiderio di continuare a vivere in un posto tranquillo, nel Parco, e anche come sentinella. Chi ha preparato l’album-ricordi in occasione del mio 50° di ordinazione sacerdotale, ha voluto scegliere come titolo: “il ramo di mandorlo”, ispirandosi alla raccolta delle omelie festive che facevo qualche anno fa. L’immagine del mandorlo è bellissima: è presa dalla Bibbia, e precisamente dal profeta Geremia, che così scrive: “Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Che cosa vedi, Geremia?”. Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo”. Il Signore soggiunse: “Hai visto bene, perché io vigilo sulla mia parola per realizzarla”» (Ger 1,11-12). Gli studiosi ci dicono che mandorlo in ebraico significa appunto “io vigilo”. Rimarrò allora a Cereda come sentinella, anche per proteggere la natura. Se qualcuno, alla notizia della mia partenza, ha pensato: “Adesso se ne va, e potrò fare ciò che voglio, speculando su questo o su quello per realizzare i miei sogni di gloria”, beh si sbaglia. Resterò come sentinella.

Se ho lottato contro le fabbriche che chiudevano, o contro le fabbriche inquinanti (pensate all’Ilva di Taranto o alla Ditta Eternit di Casale Monferrato), l’ho fatto perché gli operai sono figli di Dio anche loro, indipendentemente se vanno in chiesa oppure no. Ai tempi in cui in Italia il comunismo era forte, gli industriali chiedevano a noi preti una garanzia: che l’operaio non fosse iscritto al partito. Ho detto tante bugie, per il semplice motivo che anche i comunisti avevano una bocca da sfamare e una famiglia da mantenere. E forse i parroci di una volta erano molto più umani di quelli di oggi: quante raccomandazioni che facevano per i loro parrocchiani in cerca di lavoro! Mi ricordo un parroco che scendeva tutte le settimane dalla montagna per andare a Sesto alla ricerca di un posto di lavoro per un parrocchiano disoccupato, e naturalmente anche lui dicendo bugie. E oggi? Quando la Candy-Bessel di Santa Maria Hoè, qualche anno fa, è stata sul punto di essere chiusa per i soliti giochetti degli industriali di trasferire le fabbriche fuori d’Italia, noi tre preti della Valletta, don Mario, don Benjamin e il sottoscritto, hanno proposto di stendere un documento di solidarietà, coinvolgendo la Comunità pastorale, ma il parroco ce lo ha proibito, dicendo che non erano affari nostri! Abbiamo disobbedito, e abbiamo pubblicato il documento, ma a titolo personale, sui giornali locali e anche sul mio sito. Comunque, per schiettezza, non so, se il parroco fosse stato d’accordo, come poi il Consiglio pastorale avrebbe reagito. Anche qui una parentesi. Ciò che sto per dire è un punto chiave anche per capire i miei contrasti, che non sono stati solo tra me e il parroco o i preti, ma anche con i Consigli pastorali precedenti, già al tempo di don Eugenio. Non ho mai sentito un membro del Consiglio parlare di ambiente, di lavoro, dei beni comuni, di politica. Quindi, è vero che il problema di una diversa impostazione di fede dipende soprattutto dal clero, ma è anche vero che quando i preti aprono a certi discorsi più ampi, trovano sempre ostacoli nel Consiglio pastorale. Cavoli! Che cristianesimo è mai questo? Tutto ritualismo, tutto sacramentalismo, tutto casa e chiesa! Nelle riunioni dei Consigli non si parla d’altro che di cerimonie, di novene, di processioni, di orari per le confessioni, di catechesi, di oratorio, e basta. Non si va oltre. Non si tocca mai la problematica reale della gente. Eppure capirei una visuale disincarnata da parte del prete, che non ha famiglia, che non ha problemi di lavoro e di casa ecc. Ma da parte dei laici che sono sposati, che vivono ogni giorno a contatto con la realtà, come si fa a separare il cristianesimo dalla realtà esistenziale?

Ho lottato per i beni comuni, terra e acqua, e a proposito dell’acqua, durante l’ultimo referendum, ho messo in chiesa un cartellone in cui invitavo a votare contro la privatizzazione dell’acqua, e che cosa è successo? Ho saputo che il mio parroco è venuto nella chiesa di Monte, ha fatto la foto e poi l’ha mandata in curia. E voi pensate che in quel periodo nelle riunioni dei Consigli pastorali si sia parlato di acqua? No, magari solo dell’acqua santa o benedetta da distribuire nelle case, durante l’Avvento, come hanno fatto alcune parrocchie. L’acqua è il dono più prezioso, e noi ce ne freghiamo? Sì, perché, secondo il mio parroco, noi dovevamo parlare solo di cose inerenti alla religione, non importa se poi nella religione l’acqua ha un significato enorme, per la sua ricca simbologia di purificazione e d’altro. Pensate al sacramenti del battesimo, pensate alla Messa. Ma anche qui una parentesi. Non sono contrario del tutto ai riti, o alle processioni, o alle novene. Ma lo stile dov’è? Per stile intendo la qualità. Si possono fare le stesse cose, ma in un modo del tutto diverso. Vorrei farvi alcuni esempi, anche se gli esempi rischiano di sembrare delle eccezioni. Venerdì santo: tutti ricordano e spero ricorderanno due momenti: il momento diciamo solenne della celebrazione della morte del Signore. Lo spoglio dell’altare, di proposito, l’ho sempre voluto in silenzio totale, mentre i chierichetti spogliavano l’altare con tanta precisione e compostezza.  Stile! E poi la sera, la Via Crucis dalla chiesa ai Pini per tornare ancora in chiesa: quasi tutto in silenzio, tranne pochi canti. Stile! E pensare che quest’anno hanno tentato di sopprimerla, ma mi sono opposto. Ecco un altro litigio. Chi non ricorda la processione il pomeriggio del 1 novembre per andare al cimitero: tutto in silenzio, al suono delle campane a morto. Solo le campane a parlare! Stile! Per non parlare poi dello stile anche in oratorio: gratuità, essenzialità, bellezza. Stile! Anche la Fiaccolata in occasione della Festa per l’apertura degli oratori negli ultimi anni ha assunto uno stile tutto suo: silenzio, riflessioni, canti. Ripeto: lo stile riguarda ogni attività, perché corrisponde alla visuale di fede che si ha. E lo stile deve coinvolgere anzitutto i piccoli. Stile educativo! Ad esempio: le rappresentazioni teatrali hanno coinvolto i ragazzi in una esperienza altamente educativa, in tutti i sensi.

Ho lottato in difesa della democrazia e della giustizia. Ed è qui soprattutto che ho avuto dure reazioni e polemiche in tutti i campi: da parte della Chiesa istituzione-gerarchica, da parte del mondo della politica e da parte anche dei cittadini. Non mi dilungo, neppure faccio esempi. Ma una cosa la devo dire: mai nel Consiglio pastorale si è parlato della oscenità di una Chiesa connivente con il potere corrotto! Mi ricordo don Eugenio, buon’anima, che, col suo modo di fare “taia e medèga”, mi raccomandava: “Non parlare mai di politica nelle riunioni!”. Anche qui, sapete il vero motivo per cui anche i preti più aperti non entravano mai nelle questioni politiche? Avevano attorno a sé berlusconiani e leghisti, talora gli unici factotum della parrocchia, e dovevano tenerseli buoni, altrimenti chi avrebbe organizzato poi le feste ecc.? In questi giorni ho conosciuto un prete: in realtà c’eravamo già sentiti qualche anno fa, nei momenti polemici del testamento biologico e del caso Boffo, quando mi aveva invitato a sottoscrivere un documento contro i vertici della Chiesa, per la loro convivenza con l’allora presidente del consiglio. Poi era successo che a firmare il documento eravamo rimasti in due o tre, per cui tutto finì lì. L’abbiamo sollecitato in questi giorni a farsi vivo, presentandogli il mio caso. Ci siamo trovati venerdì scorso, e ne abbiamo parlato. Mi disse che avrebbe scritto una lettera a Scola, e poi l’ha fatto, e me l’ha inviata per conoscenza. Anche se breve, ma forte, non ve la posso leggere tutta, ma solo la parte che interessa il mio caso. Scrive: “Ho sempre sentito il dovere di comunicare pubblicamente ai miei vescovi le mie convinzioni. Tra queste campeggiano alcune contingenti:
– il bisogno di una discussione comunitaria Magistero-clero-laicato sui principi non negoziabili, non a tutti così evidenti
– un profondo disagio per il silenzio, quando non connivenza, di alcuni esponenti ecclesiali con personalità politiche evangelicamente intollerabili
Ribadisco tali convinzioni in occasione delle Sue recenti decisioni nei riguardi di un sacerdote, indubbiamente scomodo, don Giorgio De Capitani, che ha professato con coraggio tesi simili a quelle che io professo con non altrettanto coraggio. Don Giorgio, al di là del linguaggio talvolta eccessivo, mi sembra carico di autentica passione evangelica. Mi piacerebbe vedere il mio Vescovo dialogare soprattutto con questo tipo di sacerdoti e con loro innescare un globale dialogo ecclesiale in diocesi. Sono un impenitente utopista!”.

Don Enrico, nella lettera a Scola, allude soprattutto ai valori cosiddetti non negoziabili secondo la Chiesa gerarchica, fortemente chiusa all’Umanità: pensate ai diritti civili per gay, per coppie di fatto, pensate al testamento biologico, pensate al problema dei sacramenti per i divorziati risposati o conviventi. Scola nella lettera che mi ha inviato il 31 agosto scrive: “Desiderando comunque riporre ancora una volta fiducia nella tua disponibilità a rivedere l'atteggiamento sin qui tenuto non sarà promossa al momento alcuna azione canonica nei tuoi riguardi, ma ti invito a cogliere l'occasione del tuo trasferimento per una significativa e inequivocabile correzione di rotta, astenendoti per il futuro da qualsiasi intervento che: ferisca la comunione ecclesiale, si opponga al magistero della Chiesa in temi di fede e di morale o risulti comunque incompatibile con gli atteggiamenti richiesti a un presbitero nel favorire la pace e la concordia fondate sulla giustizia e nel promuovere l'unità della comunità credente con i propri pastori. Confido nel fatto che il mio appello troverà accoglienza, conferendo stile evangelico ed ecclesiale ai tuoi interventi sinceri e appassionati, ma devo ricordarti sin d'ora che il prosieguo da parte tua dell'atteggiamento sin qui tenuto renderà inevitabile il ricorso ai provvedimenti che l'ordinamento canonico stabilisce per questi casi e che il pastore diocesano è tenuto ad applicare”.

Don Enrico parla anche di “un profondo disagio per il silenzio, quando non connivenza, di alcuni esponenti ecclesiali con personalità politiche evangelicamente intollerabili”.

Mi chiedo con tutta sincerità: si poteva tacere quando la Chiesa, nei suoi vertici e nei suoi organismi ecclesiali, si era perdutamente alleata con il Corrotto-Corruttore? 

Non intendo andare oltre, perché altrimenti mi arrabbierei. Tuttavia, una parentesi la voglio ancora fare. Nell’omelia di sabato e domenica scorsa ho precisato la differenza tra legalità e la giustizia. Ciò che in questi ultimi vent’anni abbiamo pagato di più è stato il venir meno del senso della giustizia a vantaggio di una legalità illegale, per cui abbiamo perso un po’ tutti quanti il concetto di giustizia. E a pagarne sono stati soprattutto i nostri ragazzi. Ecco, questo mi ha spinto a prendere certe dure posizioni, in difesa della legalità giusta! E si è talora di proposito confuso il mio modo di lottare, anche con verbosità fuori dalle righe, come se odiassi il personaggio. Sì, giustamente ho detto personaggio, che non è la stessa che dire persona. Il personaggio chi è? È colui che identifica se stesso con il proprio ruolo, per cui diventa una cosa unica. Tu non puoi distinguere nel personaggio ciò che fa e ciò che è. Finché rimane personaggio, è oggetto di giudizio: di critica o di elogio. Io ho combattuto, anche odiandolo, il personaggio, ma non la persona in quanto tale. Ciò non è stato capito neppure dai vertici del Vaticano che, forse pressati dalle lamentele, hanno deciso di intervenire, attraverso la “Congregazione del clero” che, nel mese di maggio, ha inviato una lettera alla Curia di Milano intimandomi di togliere dal mio sito tutti gli articoli su Berlusconi.  

Non voglio finire questo mio intervento, senza dirvi uno dei motivi per cui ho chiesto ripetutamente di restare a Monte. Non se avete sentito parlare di Comunità cristiane di base: vi ricordo qualche nome di preti che le hanno fondate: Don Enzo Mazzi (Isolotto), morto nell’ottobre del 2011; don Giovanni Franzoni (Comunità di San Paolo – Roma), tuttora vivente, metterei anche don Paolo Pagliughi, ecc. Erano comunità nate nell’America latina per contrastare le dittature capitalistiche e le chiese conviventi. Trasportate in Europa e in Italia, le Comunità cristiane di base hanno assunto un ruolo un po’ differente, ma sempre con lo stesso scopo: ridare alla Chiesa il suo volto veramente evangelico, puntando sulla Parola di Dio fortemente radicale, su nette prese di posizioni contro ogni forma di dittatura e contro una Chiesa ancora tradizionalista e chiusa all’Umanità. Ecco, posso dire senza vantarmi che sono riuscito a creare a Monte una specie di Comunità cristiana di base. Gli elementi ci sono tutti. E la cosa diciamo forse unica è questa: mentre le Comunità cristiane di base non si identificano di per sé con le parrocchie, ma sono entità che sono al di sopra della località, sono quasi riuscito a identificare parrocchia e comunità di base, che per me sarebbe l’ideale. Ho detto “quasi”: bisogna sempre camminare. Per questo ci tenevo restare ancora a Monte: di lavoro da lavoro ce n’era ancora tanto.

Ecco perché più volte ho chiesto, sia al Vicario episcopale di zona sia al Vicario generale di Milano, di darmi la possibilità di continuare, senza dover per forza rientrare nella Comunità pastorale, a condurre la piccola Comunità di Monte, sulla via già tracciata. All’inizio c’è stato un forse, poi un no, poi un no secco. La struttura prima di tutto. Anche qui Cristo urlerebbe ancora: “Il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato!”. Perché non permettere questa esperienza, anche come eccezione? È sotto gli occhi di tutti che la Comunità di Monte ha fatto enormi passi in avanti, come comunità di base, come comunità aperta, come comunità radicalmente evangelica. Ma non si può. La struttura va rispettata, doverosamente mantenuta. Qui sta la reazione della gente di Monte: temere di perdere la possibilità di continuare su questa strada. La strada, ve lo confesso, è stata piena di difficoltà: perché tutto d’un colpo tornare come prima, rientrare nel gregge anonimo di pecore obbedienti in tutto ad un sistema religioso che io ritengo fallimentare?

Chiedevo di lasciarmi qui a Monte per dare un forte segno, oramai non più piccolo, per risvegliare una Chiesa piegata ancora su se stessa. Vedete: Papa Francesco è diventato anche un alibi per continuare come prima. L’ho già detto più volte: una rondine non fa primavera. Non illudiamoci: la Chiesa, in questi mesi del nuovo pontificato, non ha cambiato una virgola, non si è spostata di un centimetro, a partire dai cardinali, dai vescovi, dai preti e dalle suore giù giù fino al popolo di Dio, che, come si dice, senza offendere nessuno, continua il suo tran tran, tra contraddizioni ideologiche e politiche e godersi qualche festa paesana con salamelle e altro. Bravi i nostri laici a organizzare feste, gite, corse podistiche. Bravi, ma per il resto sono fermi ad una concezione della fede senza brividi, senza quell’ansia di Umanità, che è e deve essere il vero intento del credente di oggi. E poi succede che a cercare l’Umanità siano i non credenti, gli atei. Noi cattolici siamo fermi, tremendamente chiusi al progresso, abbiamo paura della Novità evangelica.

E i superiori che fanno? Mantengono l’ordine costituito, fanno di tutto per far rientrare chi esce alla ricerca di campi più spaziosi, per chiudere i cieli appena esce un raggio di sole dalle nubi. La Chiesa avrebbe l’occasione, in questa società confusa e allo sbando di una crisi economica e istituzionale veramente drammatica, di essere un faro, un segno di speranza. No!

Bisogna iniziare allora dalla base, ecco perché ho parlato di Comunità cristiana di base, una comunità non aleatoria, ma locale, una comunità incarnata nella parrocchia. Bisogna tentare; ma come si può, se si è costretti a restare chiusi nel cerchio di una Comunità pastorale, fatta di quattro parrocchie nelle mani di preti preoccupati solo di salvare il salvabile, sempre nel campo di una religione ormai morta.

In un video ho proposto a Papa Francesco di riunire tutti i vescovi, i preti e le suore più aperti, più dissidenti, in un luogo, possibilmente fuori del vaticano, per ascoltarli, invece che combatterli. Angelo Scola non ci sente. Non ascolta. Chiude ogni dialogo. Vuole solo ordine, disciplina, obbedienza. In occasione della Festa della Natività di Maria che, come voi sapete, è la Festa del Duomo di Milano, che è dedicato a Maria Nascente, ogni anno il cardinale presenta il suo nuovo piano pastorale, il cui tema scelto per quest’anno è: “Il campo è il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano”. Già la parola “umano” allarga il cuore. Che bello!, mi detto. Finalmente l’Umanità entra nella nostra Chiesa! Il sito poi della Diocesi di Milano titola così la presentazione della nuova lettera pastorale: “La Chiesa ambrosiana per un nuovo umanesimo”. Altra meraviglia: che sta succedendo? Una improvvisa conversione sulla via di Damasco? Sono andato a leggere l’omelia che Scola ha tenuto durante la Messa pontificale nella festa della Natività. Man mano leggevo, mi chiedevo: dove sta l’umano? Ulteriore delusione. Ma, ecco la sorpresa: la parte finale! Quasi svenivo. Ha detto il cardinale: «Non più bastioni da difendere, ma strade da percorrere incontro all’umano, ci siamo ripetuti in questi mesi. In questa nuova epoca che si presenta carica di contraddizioni, ma che possiede anche l’affascinante carattere di una nuova avventura, la Chiesa ambrosiana intende mettersi al lavoro in tutti gli ambiti dell’umana esistenza, per edificare, con tutti gli uomini, a partire da una rinnovata vita di fede, un nuovo umanesimo generatore di pace e di vita buona. Per il bene della nostra amata città e non solo». Che intende Scola per nuovo umanesimo? Chi mi sa rispondere?

Ho l’impressione che giochiamo sulle parole, e ho la netta impressione che qualcuno stia barando sull’equivoco. Nuovo umanesimo? Ma vi rendete conto che sarebbe veramente grave se si equivocasse su una delle più sconvolgenti parole, umanesimo, usandola poi come fendente per colpire chi fa dell’umanesimo la forza della propria fede in quel Dio che si è incarnato, ma non per chiudersi e chiuderci in una struttura, nuova ma sempre struttura, ma per aprire il mondo a quella meraviglia che è l’Universo, e qui vivere con tutto il proprio essere, senza soffocarlo, senza reprimerlo, senza farne l’oggetto di un potere dis-Umano? Scola, che intendi per nuovo umanesimo? Riverniciare la facciata del cristianesimo, per coprire il vuoto che c’è dentro la casa? Non me la dai da bere! Oramai ho imparato dalla vita tante cose: una fra queste è di non farmi più fregare dalle belle parole. La Chiesa in questo batte tutti: parlare bene, e poi razzolare male! Ma il problema non è neppure saper parlare bene: il problema è ciò che sta dietro le belle parole, ovvero una concezione della religione paurosamente vecchia. Scola, sei prigioniero della tua supponente cultura per nulla “intelligente”.

Concludo. Una volta si diceva: “Ho un sogno”. Oggi i sogni o non si fanno più o vengono proibiti. Sognare è peccato. Da censurare. Ditemi voi se è possibile dare un futuro diverso ai figli. Figli che già non sognano più, figli che crescono senza crescere, figli che a loro volta genereranno figli senza sogni. Figli vuoti dentro, insulsi, inafferrabili. Non basta riempirli di ogni superfluo, nemmeno di qualche surrogato religioso. La via da percorrere è lunga, anche faticosa, una via in cui società civile e società religiosa devono collaborare. Pur nel rispetto dei specifici ruoli. Ma occorre che da una parte e dall’altra ci sia una grande apertura mentale. Il bene dei figli non cammina su due binari, ma qui ci vorrebbe di più che un salto di qualità, ci vuole il coraggio di puntare al meglio, che è l’unicum verso cui devono convergere tutti gli sforzi della società civile e della società religiosa.

Si può? Certo che si può! Nulla è impossibile a Dio, e nulla è impossibile a chi crede nei sogni. Bisogna però crederci con tutta l’anima!

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10 Commenti

  1. Giulio Guerrini ha detto:

    Don Giorgio, siamo tutti con te, hai ragioni in abbondanza, non ti curare di chi non capisce, passerà anche lui, e la sua apparente potenza sarà cenere. Se al posto di Scola ci fosse stato Martini non ti avrebbe rimosso, m tant’è, passerà anche Scola

  2. GIANNI ha detto:

    DOMANDA E RIFLESSIONI
    Visto che il mio commento si articola in diversi punti, premetto una DOMANDA, che potrebbe sfuggire.
    La riprendo nel corso del presente, ma affinché non sfugga all’attenzione, la richiamo sin d’ora.
    Se fossi stato presente, te l’avrei rivolta direttamente, don Giorgio:
    perché hai deciso di non presentare ricorso?
    Nell’incontro il tema non viene toccato.
    Una mia idea me la sono fatta, ma vorrei saperlo direttamente da te.
    Grazie.

    Vengo ora ad alcune riflessioni.
    IL CONVITATO DI PIETRA ED ALTRI ASPETTI

    Nel merito dei diversi punti, commento ora, anche perché ho fatto girare la registrazione in spezzoni diversi, vista anche la lunghezza.
    Noto intanto che gli argomenti trattati sono vari, non tutti incentrati sulle specifiche vicende.
    Anche per questo, mi sono ripromesso di dare un po’ d’ordine alle mie riflessioni, fissando un piccolo indice.
    Non tratterò i vari punti necessariamente in ordine correlato a quello tenuto dall’assemblea, anche perché in tale contesto i vari intervenuti sono un po’ saltati di palo in frasca.
    Anch’io, quindi, necessariamente, non tratterò solo temi strettamente legati alle recenti vicende.
    Non so cosa uscirà da queste mie riflessioni, peraltro condizionate anche, in parte, da mie non ottimali condizioni di salute, in parte anche dal fatto che non sempre l’audio si sente chiaramente. Offro, comunque, la lettura di queste mie riflessioni a quanti interessati, soprattutto alla recenti vicende. Forse riuscendo a chiarire taluni aspetti, che lasciano dubbi in taluni, ma che non sono chiari, anche per via di taluni argomenti non toccati nell’incontro.

    1) Autonomia della comunità e chiesa.
    Bisticci tra presbiteri
    2) Papa Francesco….consenso…. e solo figura morale?
    3) Aspetti legali e culturali: il convitato di pietra
    4) Aspetti mediatici
    5) Contenuti di merito
    6) Il futuro

    1) Autonomia della comunità e chiesa.
    Bisticci tra presbiteri

    Questo è un aspetto toccato verso la fine.
    La mia riflessione è che si tratti di aspetto tutto sommato non infrequente, ma non solo su visuali di fede, mi riferisco ai bisticci, ma anche su molti aspetti concreti.
    Faccio un esempio: come forse si ricorda chi ha seguito miei precedenti commenti, sa che io sono organista, e quindi logico che vada, di tanto in tanto, a chiedere a qualche chiesa di suonare, anche perché gli organi a canne sono uno diverso dall’altro, per composizione dei suoni e per caratteristiche timbriche.
    Beh, devo dire che ci sono almeno tre o quattro atteggiamenti diversi, anche solo su un aspetto tutto sommato penso marginale, nella vita di una chiesa.
    C’è il parroco che dice, no, perché l’organista ufficiale è geloso, c’è chi teme che l’organo glielo rompi, anche se nessuno da anni lo suona, c’è chi ha un minimo di conoscenza, e sa che se l’organo non suona mai, allora si che si rompe davvero, e quindi capisce che gli rendi un servizio, c’è chi rinvia..e poi non si fa più trovare…..
    Immaginiamoci cosa significa, quindi, mettersi d’accordo sul resto.
    Vabbe’, questa era una nota di colore.

    Vengo ora ad un tema più serio.
    Don Giorgio, sempre verso la fine, dice che il suo obiettivo sarebbe stato quello di creare una comunità autonoma.
    Ecco il vero problema.
    Finchè autonomia significa, per la chiesa gerarchica cattolica, adottare pastorali particolari, magari incentrate su taluni elementi, al limite, potrebbe stare ancora bene.
    Il problema, però, è di non consentire autonomia sui temi, teologici, della fede e della morale.
    Quindi ovvio che quando si afferma una precisa presa di posizione, ad es, tanto per far riferimento a temi che tutti comprendono, al profilattico, piuttosto che alla pillola, ecc…..
    Qui, come senza troppi giri di parole ebbe a pronunciarsi quel teologo, di cui parlai tempo fa, si parla apertamente di eresia, capite?
    Non parliamo poi di temi, che credo neppure tutti i credenti conoscano o capiscano, se non li hanno studiati, come quello del peccato originale.
    E’ questo l’elemento di fondo, ma su questo rinvio……

    2) Papa Francesco….consenso e solo figura morale?

    Io tengo a ribadire sul papa attuale quanto già dissi.
    Non si tratta di persona che non dice certe cose, perché non vuole sminuire il proprio consenso, no.
    Credere questo significa essere molto ingenerosi verso di lui.
    Se lui fosse convinto di certe cose, l’avrebbe già detto.
    Si tratta, invece, di papa che non rifiuta la tradizionale impostazione del magistero su certi temi, e l’ha riconfermato diverse volte, se leggiamo la sua biografia, anzi diverse sue biografie.
    Quanto alla figura del papa in generale, non ha, nell’attuale chiesa cattolica, solo un significato morale.
    Pensiamo alle fonti della dogmatica ed in particolare al dogma dell’infallibilità pontifica.
    E pensiamo anche al rilievo storico.
    Se non fosse per questo dogma, non ci sarebbe neppure quello dell’assunzione, quindi….

    3) Aspetti legali e culturali: il convitato di pietra

    I precedenti due punti non riguardano direttamente le vicende della rimozione di don Giorgio.
    Ora entro più direttamente nel merito.
    Direi che la maggior parte dei temi, come dire…si riferiscono a iniziative per tentare di contrastare la decisione di Scola, ma che si muovono su un piano puramente culturale.
    Credo che molti, non essendo giuristi, forse hanno solo intuito che qualcosa mancava…..
    Ma appunto, è questo il convitato di pietra di cui parlo.
    Manca il fatto di una prospettiva giuridica.
    Tutte le iniziative prese, incontri con i vari ecclesiastici, financo monsignor Ravasi, che non ho ben capito perché sia stato coinvolto negli incontri, comunque dicevo..tutte queste iniziative, incontri, lettere ecc., hanno una caratteristica: sono LIBERE iniziative che non obbligano neppure la controparte a stare ad ascoltare o a prendere una decisione.
    Compresa la missiva al papa.
    E’ questo che molti intervenuti NON hanno capito.
    Non a caso, Ravasi diceva che non poteva consegnarla lui, la missiva al papa.
    Proprio perché, se in forma di ricorso, va data formalità alla cosa.
    Infatti qualcuno giustamente si domandava se l’avesse ricevuta.
    ECCO PERCHE’ io proponevo di fare un ricorso.
    Questa registrazione l’ha ascoltata anche un mio conoscente, che mi domandava: ma non valgono queste iniziative?
    Io dico che queste iniziative hanno un difetto: non obbligano l’interlocutore a prendere una decisione formale, e non possono essere considerate ricorso, anche solo per il fatto che il ricorso va presentato, per essere valido, solo da parte di chi legittimato, cioè il diretto interessato dal provvedimento, cioè don Giorgio.
    Posso anche intuire (se non è così don Giorgio mi corregga, considera che se io fossi stato a Monte quella sera avrei partecipato e te l’avrei direttamente domandato) che tu, don Giorgio, forse non abbia voluto presentare formale ricorso gerarchico, perché in questo modo avresti riconosciuto un vincolo gerarchico, che tendi a disconoscere.
    Comunque non lo so.
    Io i motivi se presente te li avrei domandati, cioè il perchè non presentare ricorso gerarchico, e gradirei una risposta su questo….
    Quello che posso dire è che tutte le iniziative prese non obbligano a dare una risposta.
    Nel caso del ricorso, invece, si sarebbe comunque ottenuto un effetto:
    non che tutti i ricorsi siano diretttamente esaminati dal superiore gerarchico.
    Chiaro che sono esaminati soprattutto da funzionari esperti di diritto canonico, ma quanto meno sono presi a nome suo.
    Quindi, se di competenza pontifica, si sarebbe comunque presa una posizione ufficiale a favore o contro la rimozione, a nome del papa.
    Vedi, don Giorgio, ad un certo punto tu dici:
    sarà che non siamo più preti a far casino, ecc., quindi non è detto che il papa prenda in considerazione il mio singolo caso.
    Ora, ripeto, non so se il papa o altra autorità, ma comunque quanto meno qualcuno pubblicamente, a seguito di ricorso gerarchico presentato da te, avrebbe dovuto espressamente dire se rimanevi a Monte o se veniva confermata la decisione del vescovo.
    Quindi, ripeto, perché non si è presentato ricorso?

    4) Aspetti mediatici

    Un’altra mia proposta era di non mettere piede in chiesa da parte di chi ti sostiene.
    OK, tu dici che i nuovi preti nulla hanno a che vedere con la situazione, ma giustamente c’era un’intervenuta che ha capito la mia proposta, cioè il rilievo mediatico di un messaggio che non era diretto ai nuovi preti, ma alla chiesa che essi continuano a rappresentare.
    Chapeau, quindi, da parte mia, a quella intervenuta.

    5) Contenuti di merito

    Ecco, direi che questo è un aspetto fondamentale di tutta la serata.
    Avete soprattutto insistito su quello che vi divide dalla chiesa cattolica.
    Ok, ma a mio avviso non erano questi i contenuti preferibili, se desiderate rimanere in essa.
    Vanno benissimo questi contenuti per chi desidera costituire una comunità autonoma, che ESCA dalla chiesa, ma per chi invece desiderava soprattutto rimanere, anzi di più, da parte tua restare nella chiesa cattolica ed a Monte, allora era da preferire il tema di cosa vi unisce.
    Quindi, anche se non presentati questi contenuti in un ricorso, ma solo nell’ambito di iniziative a livello libero, non giuridico, come la lettera a Tizio o Caio, o i vari incontri, a mio avviso anche questo non ha aiutato a far rimuovere la decisione di Scola.
    Io, fossi stato uno che ti poteva aiutare da vicino, avrei preferito mettere il focus su ciò che unisce.
    Avrei detto, piuttosto, che esiste tuttora nella chiesa un dibattito anche su posizioni teologiche diversificate, tipo quelle di Kung, che anima tuttora la dialettica teologica, eppure Kung non è stato scomunicato, ed anzi, avrei sottolineato come in fondo vi siano teologi in auge che sostengono posizioni decisamente meno conformi al magistero, delle tue.

    6) Il futuro

    Ho capito cosa succederà.
    Avrai comunque più tempo di dedicarti al blog/sito, e la tua voce la potrai far sentire a molte più persone, che ti seguono.
    Come dicevo, si chiude una porta, talora si apre un portone.
    Un piccolo aneddoto:
    c’ero rimasto male, quando in una certa località, il locale parroco non mi fece suonare l’organo.
    Beh, mi è andata bene.
    Mi sarei recato diverse volte a suonarlo, e non avrei cercato in altre chiese.
    Di lì a qualche giorno, invece, chiesi ad un seminario, ed ebbi modo di suonare uno dei più grandi organi esistenti in Italia, cosa che non mi sarebbe successa, se mi fosse stato dato modo di suonare l’organo della prima chiesa.
    A volte si chiude una porta, ma si apre un portone.

  3. Pietro ha detto:

    Errata corrige: umus= humus (una mia svista)

  4. MJ Valtolina ha detto:

    Grazie Don Giorgio, grazie per averci tenuto svegli, grazie per averci ricordato il Vangelo, grazie perché il seme che ha seminato con tanta fatica, coraggio e caparbietà non morirà. I gran sacerdoti sono peggio dei mercanti del tempio in questa sua storia, ma anche allora…

  5. Pietro ha detto:

    Caro don Giorgio,
    non sono un tuo parrocchiano, ma per i principi universali di umanità insiti nella tua missione, me ne sento parte e, credo, anche tanti altri come me.
    I problemi che ora vive la tua parrocchia sono estensibili, bene o male, ad ogni realtà locale.
    Come vedi, ti do del tu, poichè lo ritengo un valore aggiunto nel rispetto della persona, oltre che del ruolo, e dei valori condivisi per i quali dare senso alla vita.
    Ho letto con attenzione il tuo reportage e non ho potuto fare a meno di considerare quanto la chiesa, attraverso ingerenze conservatrici e controproducenti,si faccia del male, rinunciando alle sue migliori risorse di rinnovamento nella direzione del Vangelo vissuto.
    Le tue battaglie civili, tutte, sono dirette alla difesa dei diritti umani. Sono le battaglie che condivido e che, da un’altra sponda d’identità laica, ho portato avanti quando non avevo ancora i capelli bianchi.
    Tuttora costituiscono la mia energia vitale, conservandomi un cuore di ventenne.
    Quindi,l’umus ed il seme daranno i frutti, ne sono certo!
    Il buon seminatore cura le sue piante e sa attendere…
    “BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DI GIUSTIZIA, PERCHE’ SARANNO SAZIATI”.
    Sono convinto che la tua opera che ritieni incompiuta, sia già ad un punto di non ritorno, dacchè gli elementi di forte impatto sociale, politico, religioso, in una parola, UMANO, stanno già germogliando.
    Per sradicare i tentacoli della piovra del malaffare, dell’opportunismo, dell’ipocrisia paludata, della barbarie in questi tre campi occorrerà l’impegno di tutti, aldilà dei partiti, dei sindacati e delle organizzazioni di qualsiasi tipo.

  6. Giuseppe ha detto:

    Ancora una volta non si è nascosto.
    Quando si è animati da una fede autentica non si può fare a meno di renderlo evidente in ogni occasione. Se così non fosse, don Giorgio non avrebbe dato tanto fastidio alla curia. Nonostante il vento di rinnovamento dell’opera evangelica di papa Francesco, i vescovi, i cardinali e tutti gli alti prelati che sono ai vertici della chiesa istituzione, continueranno nel loro comodo “tran-tran” confondendo come sempre la fede con l’abitudine e la spiritualità con l’obbedienza. Più che pastori sembrano capibranco, sono convinti di prendere iniziative perché guidano il resto del gregge, mentre in realtà anche loro non sono altro che pecoroni, che si limitano a seguire le solite tracce ripercorrendo avanti e indietro sempre il solito cammino.
    Ancora una volta coraggio don Giorgio, la giustizia e il vangelo sono indubbiamente dalla sua parte.

  7. GIANNI ha detto:

    L’articolo spiega diversi aspetti di un’intricata vicenda, ma…..
    quali decisioni sono state prese nell’assemblea?

    • Don Giorgio ha detto:

      Bisogna sentire il video con gli interventi del pubblico e le risposte che ho dato.

    • Gatto don Luigi ha detto:

      Forza don Giorgio. Sono don Luigi, sacerdote in diocesi di Padova e provincia di Vicenza. Ho fatto il sacerdote lavoratore per circa 15 anni. Ora sono parroco in una comunità di circa 2.700 persone. Ci vogliamo bene e stiamo facendo tante cose belle insieme. Non cedere. Attraverso la persona di papa Francesco abbiamo lo Spirito Santo dalla parte nostra.
      Ti sono vicino. Dai!

  8. Antonio ha detto:

    Buona sera Dion Giorgio!
    Grazie per questo suo intervento.
    Sono commosso.
    La ringrazio per quello che ha fatto finora e che, sono certo, continuerà a fare per quelli che riconoscono nel suo operare alti valori umani e religiosi.
    Cari saluti
    Antonio

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