Incoerente e… anche bugiarda!

 
Foglio, Pagella Politica

Meloni,

le accise, le promesse e la «campagna mediatica»:

tutto quello che c’è da sapere sul caro benzina

di ALESSANDRO TROCINO
No, l’aumento del costo dei carburanti, ormai è chiaro, non è colpa degli speculatori. È la diretta conseguenza della fine della proroga del taglio delle accise, decisione del governo Meloni, per risparmiare 10 miliardi di euro.
No, non sono state prese misure concrete per diminuire il prezzo della benzina. E no, non è neanche stato deciso un tetto in autostrada, si è solo fatto un annuncio generico che potrebbe essere concretizzato in un prossimo decreto (ma difficilmente lo sarà).
Sì, invece, la decisione di togliere la proroga è giusta. Perché quei soldi sono tanti e servono urgentemente altrove e perché il taglio di prezzi del carburante è una misura che vale per ricchi e poveri e non è progressiva. Finalmente la premier Giorgia Meloni è uscita allo scoperto, con uno dei suoi video monologanti, rivendicando apertamente una scelta che finora era stata occultata sotto una cortina fumogena di propaganda.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché la rivendicazione della premier, a un certo punto, ha preso la solita direzione: la ricerca di un capro espiatorio. Meloni ha parlato di «mistificazione totale», ha spiegato che i prezzi della benzina non sono affatto «fuori controllo» e anzi sono sotto la media europea. Ha detto che i comportamenti speculativi non sono poi molti e che il suo governo è stato vittima di «una campagna comunicativa ben costruita». Dov’era la stampa, ha detto, quando la benzina era a 2,073 e ben più alta di ora, con i governi Monti e Renzi?
Dunque, colpa dei giornalisti. Ricostruzione perfetta, fino a che minimizza l’allarme aumenti. Se non fosse che sono stati molti esponenti del governo e della maggioranza a lanciare una caccia allo speculatore fantasma. Ad accusare i poveri benzinai di fare la cresta. A chiedere a gran voce l’intervento della Finanza, di mister Prezzi, dell’Antitrust per punire severamente «i furbetti» (Salvini) e tutti gli speculatori che — loro, mica la mancata proroga del taglio delle accise — avevano fatto schizzare i prezzi alle stelle. È stato il suo governo ad annunciare con un decreto d’urgenza misure draconiane, che naturalmente non lo sono: un cartello con il prezzo medio nazionale da esporre obbligatoriamente, che dovrebbe far desistere eventuali speculatori (che però oggi sono diventati «non molti»). È stato il suo governo a far titolare i giornali su un ipotetico prezzo calmierato in autostrada, misura liberticida e anti concorrenza, di cui parleremo ra poco.
È stato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (lo stesso che in un’intervista alla Stampa aveva lanciato l’allarme speculatori) ad ammettere che il rialzo dei prezzi è perfettamente in linea con il rialzo dovuto alla mancata proroga: 16,8 centesimi al litro per la benzina e 16 centesimi al litro per il gasolio. Perché allora sollevare il polverone speculatori? Perché la stessa premier Giorgia Meloni in campagna elettorale nel 2019 aveva fatto un video, direttamente dalla sua macchina, dove diceva: «Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite, perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia. Quando io faccio 50 euro di benzina, il grosso deve finire nella mia macchina, non in quella dello Stato». Non è stata l’unica volta che ha tuonato contro le «folli e anacronistiche accise sulla benzina».
Il riferimento all’abolizione delle accise sul carburante nel programma di Fratelli d’Italia
Ora Meloni spiega che quel video fu fatto tre anni fa: «Il mondo è cambiato. Io non l’ho mai promesso in questa campagna elettorale». Peccato che nel programma elettorale di Fratelli d’Italia del 2022, al capitolo 17, sia scritto a chiare lettere: «Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise». Automatica riduzione, dice. Sterilizzazione delle imposte. L’opposto di quello che è stato fatto.
Ora Meloni spiega

che il taglio delle accise si dovrà fare, non si sa quando, e dovrà essere strutturale. Benissimo, a patto che si dicano le cose come stanno, per il passato e per il presente. E non si accusi la «campagna mediatica» per quella che è stata, invece, una campagna politica tutta interna al suo governo. Perché la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia hanno visto nella questione una ghiotta occasione per differenziarsi e schierarsi con «il popolo» vessato. Forza Italia ha detto e ribadito che serviva un taglio delle accise. Salvini ha parlato di furbetti della speculazione, ha chiesto il taglio delle accise, poi ci ha ripensato, ma comunque ha scalpito. Provocando un gran malumore, nella premier, che non ha per nulla gradito.
Sul Foglio, Carlo Stagnaro e Simona Benedettini, evidentemente indietro di un giorno rispetto alla nuova versione che addossa la responsabilità ai cronisti allarmisti, scrivono: «La speculazione è un’ottima scusa per gettare la palla in tribuna ma non aiuta né a capire, né a risolvere i problemi. Non è neppure chiaro quale sia l’evidenza che i finanzieri e Mister Prezzi dovrebbero cercare: quale sarebbe l’ipotesi di reato?». Poi concludono: «Chiamare in causa la speculazione significa evitare di assumersi la responsabilità per un’azione, cioè la fine degli sgravi sulle accise, assolutamente ragionevole e difendibile, per ragioni ambientali e di finanza pubblica oltre che di equità. Come è stato per le bollette, gridare agli speculatori non gioverà a nessuno. Tantomeno ai cittadini. Che vedranno risorse pubbliche impiegate in inchieste che non portano a nulla e assisteranno ancora una volta all’avvelenamento dei pozzi del dibattito pubblico».
Meloni li ha accontentati, sia pure lievemente in ritardo. E sembra aver fatto cadere, come era ampiamente prevedibile, il progetto di stabilire un tetto ai prezzi della benzina in autostrada. È stato annunciato informalmente, comunicato alle agenzie, pronto per far titolo. Ma non è stato inserito in nessun decreto. E nel suo video Meloni non ne ha fatto cenno, forse perché aveva già esaurito la funzione, esclusivamente mediatica.
Nel caso ci ripensasse, Benedettini spiega alla Rassegna che non sarebbe una buona idea: «Innanzitutto bisogna spiegare perché i prezzi della benzina in autostrada sono più alti. Perché si paga una cifra per ogni litro venduto ai concessionari, alla società autostradale, che poi è lo Stato. E perché inevitabilmente i costi del personale e della distribuzione sono più alti».
Un tetto, dice, sarebbe sbagliato per questi motivi.
La sostenibilità: «Se non lasci un margine di guadagno accettabile, i distributori sulle autostrade rischiano il fallimento».
L’omogeneità territoriale: «Non ha senso un prezzo unico in tutto il territorio nazionale, che ha costi e traffici e condizioni molto differenziate».
Il prevedibile rialzo dei prezzi. «Paradossalmente un tetto può livellare verso l’alto il prezzo, spingendo i distributori più economici a mettersi alla pari degli altri».
L’inutilità. «Perché si fa questa misura? Se c’è speculazione, interviene l’Antitrust. Se non c’è, non ha senso mettere un tetto».
Infine. Cosa ne penserebbero Forza Italia e le altre forze liberali, che sbandierano la loro passione per il libero mercato, la mano invisibile, la competizione, il merito e la concorrenza?

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