
dal Corriere della Sera
Fine vita,
cosa c’è da sapere sulla legge toscana:
le domande e le risposte.
Perché non sarà la nuova Svizzera
di Giorgio Bernardini
Cosa dice la norma? Chi ha diritto ad accedere al trattamento? Cosa comporta? Abbiamo chiesto ad alcuni tecnici e al presidente della Commissione Sanità della Toscana, Enrico Sostegni
La Toscana è la prima regione italiana ad avere una legge sul suicidio medicalmente assistito, la procedura con cui – a determinate condizioni – ci si può autosomministrare un farmaco letale. Cosa vuol dire? Chi ha diritto ad accedere al trattamento? Cosa comporta? Abbiamo chiesto ad alcuni tecnici e al presidente della Commissione Sanità della Toscana, Enrico Sostegni, di chiarire alcuni punti.
Qual è la differenza tra «eutanasia» e «suicidio assistito»?
L’eutanasia è concetto ampio, significa letteralmente buona morte (dal greco eu-thanatos) e indica l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta. Dunque è una terza persona che fisicamente opera l’atto letale. Nel suicidio assistito invece, come indica la locuzione letterale, è il paziente stesso ad autosomministrarsi il farmaco letale: questo implica la possibilità per lui di poter scegliere sino all’ultimo secondo di poter cambiare idea. Il «suicidio medicalmente assistito» indica infine la condizione in cui un medico curi e assista il paziente in ciascuno dei momenti della procedura (la scelta del farmaco, i tempi), restando ferma l’azione di autosmministrazione finale. Tutte questi trattamenti assumono spesso la semplificazione giornalistica di «Fine vita».
Cosa prevede la legge italiana, cosa prevede la legge toscana?
Non esiste una norma nazionale completa sul tema del «Fine vita», nonostante la Corte costituzionale abbia richiesto più volte al Parlamento, intervenendo con le sue sentenze, di approvare una. Proprio quelle sentenze – oltre alla norma sul testo biologico approvata nel 2017 – danno però a determinate condizioni la possibilità ai pazienti di interrompere il trattamento vitale a cui sono sottoposti. E di chiedere la sedazione profonda. In molti casi rimane tuttavia nei pazienti una capacità residua respiratoria (come nel caso di malati di Sla), una caratteristica che porta avanti la loro sofferenza per molti giorni. Dunque, in assenza di una legge nazionale, Regioni e Asl si comportano ciascuna come meglio crede di fronte alle richieste dei pazienti. Insomma il diritto alla cosiddetta «morte dolce» era già garantito dalle sentenze della Corte costituzionale, ma la legge toscana uniforma il comportamento di tutte le sue Asl e istituisce una procedura uniforme. Semplifica le azioni e fornisce tempi certi.
Qual è la procedura individuata dalla legge approvata dal Consiglio regionale a Firenze?
La norma prevede una domanda semplificata da inviare all’Asl competente da parte del paziente; la formazione di una commissione – medica ed etica – che avrà massimo un mese per esprimersi sulla congruità dei requisiti di chi richiede il suicidio medicalmente assistito; l’individuazione entro 10 giorni di un medico e di un farmaco da utilizzare; infine l’esecuzione, entro una settimana dal termine dei due precedenti passaggi. In tutto «si tratterà al massimo di 37 giorni dal momento della domanda» per chi ha i requisiti. La procedura sarà gratuita.
Quali sono i requisiti che un paziente deve possedere per accedere al trattamento? La Toscana sarà «la nuova Svizzera»?
I requisiti sono quelli stabiliti dalla Consulta, che vengono poi verificati dalla Commissione istituita: il paziente, per accedere al trattamento, deve avere «una diagnosi infausta», che prevede quindi la morte certa; deve «essere sottoposto ad un trattamento vitale» (un respiratore o simili), «avere sofferenze fisiche»; infine deve essere una persona capace di decidere liberamente e senza condizionamenti, dice la Corte. Infine il requisito su cui c’è maggiore curiosità: non è normata dalla legge Toscana la caratteristica della provenienza o della residenza del paziente. Rimane dunque l’indicazione della disciplina generale: il trattamento è riservato a coloro a cui spetta l’assistenza sanitaria, quindi prendendo la residenza o il domicilio in Toscana il trattamento viene assicurato. La Toscana dunque non sarà la nuova Svizzera.
Quanto costa accedere al suicidio medicalmente assistito?
Per i pazienti delle Asl toscane, da ieri, è un servizio gratuito. La stima degli uffici regiionali è che ciascuno dei trattamenti costi tra gli 800 e 900 euro: l’anno scorso sono arrivate alle Asl toscane sei domande di accesso al suicidio medicalmente assistito, di cui cui due sono state respinte. Per questo, in base a una stima, la legge approvata stanzia 10 mila euro per le spese collegate agli eventuali trattamenti.
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La Toscana
rompe il silenzio sul fine vita
Barbara Scaramucci
11 Febbraio 2025
Doverosa premessa: scrivo sulla legge regionale della Toscana sul fine vita con un punto di vista di cattolica e di compagna di un uomo, toscano, malato di sclerosi multipla da 25 anni. Una persona serena che vuole vivere e che ogni mattina dice agli altri: sarà una buona giornata.
La pagina che ha scritto la giunta regionale della Toscana è una pietra miliare sulla strada di una legge che in Italia la politica non vuole fare, quasi tutta la politica, non solo la destra. Ed è un riconoscimento di giustizia per centinaia di migliaia di malati terminali o cronici che, nella stragrande maggioranza dei casi, vogliono vivere fino all’ultimo battito del loro cuore e amano la vita più degli altri, ma chiedono la garanzia che, nel caso non ce la facciano più e non ci sia più niente da fare, possano lasciare questo mondo in serenità, addormentandosi per l’ultima volta su questa terra senza smorfie di sofferenza.
La Toscana dunque è la prima regione italiana a dotarsi di una legge che regola il suicidio medicalmente assistito.
Il Consiglio regionale ha approvato la norma – frutto di una discussione avvenuta sulla base della legge d’iniziativa popolare presentata dall’associazione “Luca Coscioni” – con 27 voti favorevoli, 13 contrari e una consigliera che (nonostante fosse presente) ha preferito non esprimersi.
Il tema è inevitabilmente drammatico, lacera le coscienze, coinvolge le nostre emozioni, il nostro credere o non credere. Ma ancora una volta, come fu per l’aborto, la politica dovrebbe far prevalere l’interesse collettivo secondo quanto stabilito dalle norme e non la posizione personale.
Chi da cattolico votò la legge sull’aborto spesso nella sua vita privata non ha abortito, ma capiva che lo stesso non poteva essere impedito ad un altro cittadino. Ora è la stessa cosa. La giunta della Toscana lo ha capito e la spaccatura è stata netta: tutto il centro sinistra, compresi i 5 stelle che sono fuori dalla giunta, e il gruppo misto hanno votato a favore e tutta la destra attualmente al governo ha votato contro, auspicando che il governo stesso impugni (come farà) questa decisione.
La legge regionale della Toscana sul fine vita, sul suicidio medicalmente assistito, è composta da 6 articoli e un preambolo che ribadisce il carattere meramente organizzativo delle norme e rimanda agli articoli 32 e 117 della Costituzione. «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge» assieme alla competenza legislativa riservata allo Stato per determinare i livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali, con una competenza ‘concorrente’ sul tema della salute.”
La Corte Costituzionale si era già pronunciata lo scorso anno mantenendo i requisiti fissati dal 2019 riguardo ai sostegni vitali del paziente e alla decisione demandata ad una commissione medica interdisciplinare della ASL escludendo ogni responsabilità per il medico che assiste il malato fino alla fine.. Nessuna regione è riuscita ad applicare la legge senza far attendere mesi ai pazienti, rinviando, decidendo solo in parte, ritardando la concessione dei farmaci palliativi, indicazioni che già sono contenute in una legge del 2017 che istituisce il cosiddetto “testamento biologico”, di cui mai nessuno parla. Tranne ovviamente i radicali e l’associazione Coscioni che di questo movimento sono stati gli unici testardi promotori.
Alcuni malati, lo sappiamo, sono andati in Svizzera a morire. La maggior parte erano malati cronici, di Sla o di sclerosi multipla, molti di più dei malati oncologici. E aggiungo: la sclerosi multipla e altre malattie neurologiche in Toscana sono più diffuse che in altre regioni, esiste perfino un virus chiamato Toscana che aggredisce il cervello fin dall’infanzia.
Vorrei far capire a chi non ha esperienza diretta – che non auguro a nessuno – che un malato cronico che perde progressivamente a volte lentamente ogni sua capacità vitale e per ogni gesto, anche prendere un cucchiaino di miele, deve essere aiutato da un’altra persona, può diventare complicato continuare ad avere voglia di vivere. Se poi è accompagnato da dolori progressivi ancora di più. Se può solo comunicare con un gesto degli occhi non ne parliamo. E poi c’è un aspetto che nessuno analizza mai: occorre un’assistenza domiciliare o in ricovero che in Italia non esiste. Colpisce che la prima legge sul fine vita venga dalla Toscana, una realtà fra le migliori – forse la migliore- per questo tipo di assistenza, che, come al solito, se puoi pagare la trovi, ma se non puoi sei perduto. E i familiari possono non esserci, non farcela, non potere materialmente: oggi si chiamano caregiver e nessuna legge li riconosce.
Se si vuole ridurre al minimo il numero dei malati che chiedono il suicidio assistito c’è una sola cosa da fare: potenziare in modo notevole l’assistenza multidisciplinare ai pazienti in condizioni gravi, alle loro famiglie, alla loro comunità. È questo l’antidoto, non le polemiche. Il tormento della coscienza rimane, doloroso, angosciante.
Ma mi piace pensare che il più grande rivoluzionario della storia, di nome Gesù, sia accanto a quei malati che per loro scelta si addormentano forse anche con un sorriso.
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da la Repubblica
12 FEBBRAIO 2025
La Toscana fa da apripista,
prima legge sul fine vita. La destra: grave forzatura
di Michele Bocci
Approvata la norma sul suicidio medicalmente assistito. Il governatore Giani: “Impulso per le Camere”. I vescovi: “Sconfitta per tutti”

Firenze — Alla fine ci sono anche le lacrime. Non riesce a trattenerle Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni che ha seguito per due giorni il dibattito nell’aula del consiglio regionale toscano. Ieri con 27 voti di Pd, Italia Viva, Cinquestelle e Gruppo misto, contro 13 delle opposizioni, l’assemblea ha approvato la prima legge italiana sul fine vita. La norma dà indicazioni su tempi e procedure da rispettare per garantire il diritto al suicidio medicalmente assistito riconosciuto nell’ormai lontano 2019 dalla Corte Costituzionale, che aveva chiesto al Parlamento di fare una legge, mai arrivata.
L’atto toscano
La Consulta aveva escluso la punibilità del medico che assiste il suicida in casi ben determinati. In base a queste indicazioni in Italia in questi anni ci sono stati alcuni suicidi medicalmente assistiti, ma ogni Asl, soprattutto sui tempi, si muove a modo suo. La Toscana, dopo che la maggioranza ha emendato alcuni passaggi della legge di iniziativa popolare proposta dall’associazione Coscioni, stabilisce adesso da quali professionisti debba essere costituita la Commissione multidisciplinare che dovrà, insieme al Comitato etico locale, dare una risposta all’istanza del malato entro 20 giorni. Se l’esito è positivo, entro altri 10 giorni va definita la modalità di attuazione del suicidio e entro altri 7 la Asl deve dare gratuitamente il farmaco e mettere a disposizione il personale. Per queste prestazioni c’è uno stanziamento da 10mila euro all’anno per tre anni. Sono stati poi approvati ordini del giorno che prevedono di valorizzare le cure palliative e chiedono un intervento legislativo nazionale.
“Ora si muova il Parlamento”
Secondo il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, “abbiamo dato un segnale molto forte. Sono convinto che questo voto darà un impulso al legislatore nazionale, che per i suoi aspetti di competenza è bene risponda alla Corte”. Subito dopo il voto Filomena Gallo ha ricacciato indietro l’emozione ed ha espresso gratitudine alla Toscana: “Si tratta di una legge di civiltà perché impedisce il ripetersi di casi, da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana, di persone che hanno atteso una risposta per mesi, o addirittura anni, in condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile”.
Il no dei vescovi, la rabbia di Fdi
Le polemiche sulla norma approvata in Toscana non ci hanno messo molto ad esplodere. “Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti”, ha detto il cardinale Paolo Augusto Lojudice, presidente della Conferenza Episcopale Toscana. Il vicepresidente della Cei Francesco Savino si è detto dispiaciuto: “Tra l’accanimento terapeutico e l’eutanasia c’è una terza possibilità, quella delle cure palliative”. Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fdi alla Camera, sembra preannunciare, o più che altro augurarsi, un intervento dell’esecutivo. “Il tema del fine vita non spetta alle regioni. Il governo impugnerà questa legge e la Consulta la cancellerà ricordando al Parlamento le sue prerogative”. Per il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri la Toscana ha fatto “una grave forzatura”. Marco Stella, consigliere regionale di Forza Italia parla di rischio di “turismo della morte”, di cittadini che verranno in Toscana da altre regioni. La stessa preoccupazione espressa nei giorni scorsi dai Pro Vita, anche se il suicidio assistito è ammesso in tutta Italia.
La soddisfazione del Pd
“Oggi è un bel giorno. La Toscana ha riconosciuto un diritto fondamentale: quello di essere liberi fino alla fine”, ha detto Marco Furfaro, deputato e responsabile Welfare del Pd. Per Emiliano Fossi, deputato e segretario del Pd toscano, “il risultato che assume un valore ancora più significativo se consideriamo che proprio la Toscana è stata la prima realtà in Italia ad abolire la pena di morte”. Per Emma Bonino di + Europa si tratta di “un enorme passo avanti per la libertà di scelta su come vivere e come morire e rappresenta uno spartiacque importante che occorre replicare anche in altre Regioni, così che la politica e il Parlamento assumano una posizione, ponendo fine ad accanimenti che non hanno alcun rispetto della dignità umana”.
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martedì 11 febbraio 2025
Come funziona la legge
sul suicidio assistito in Toscana
È la prima in Italia di questo tipo e prevede che una persona con tutti i requisiti possa accedere al trattamento in meno di due mesi

La Toscana è diventata la prima regione italiana a dotarsi di una legge per regolamentare il suicidio assistito, o morte assistita, la pratica con cui a determinate condizioni ci si autosomministra un farmaco per morire. In Italia è già legale dal 2019, quando una sentenza della Corte costituzionale dichiarò illegittimo il divieto fino ad allora in vigore, ma nonostante i ripetuti inviti della Corte il parlamento nazionale non è mai andato vicino ad approvare una legge per definire modi e tempi di accesso al suicidio assistito.
La legge appena approvata in Toscana fa proprio questo: è composta da sei articoli, ognuno dei quali definisce in maniera chiara ruoli, procedure e tempi per l’accesso alla morte assistita all’interno della regione.
Il testo si basa in gran parte sulla proposta di iniziativa popolare “Liberi Subito”, elaborata dall’associazione Luca Coscioni, che da anni si occupa di diritti civili e libertà di ricerca scientifica. La stessa proposta di legge è stata presentata anche in altre regioni, proprio nel tentativo di colmare il vuoto normativo nazionale: in Veneto non era stata approvata e in Lombardia era stata affossata ancora prima di essere discussa, mentre in varie altre verrà discussa nei prossimi mesi.
Anzitutto la legge definisce i requisiti con cui si può accedere alla pratica, che sono gli stessi previsti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019: la persona che lo chiede deve essere in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, avere una patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, deve aver formulato il proprio desiderio di morire in modo «libero e autonomo, chiaro e univoco» e, infine, deve essere tenuta in vita da «trattamenti di sostegno vitale». Questi requisiti devono sussistere tutti insieme. Il paziente dovrà inoltre aver rifiutato qualsiasi soluzione terapeutica praticabile, compresa la sedazione profonda e continuativa, cioè l’induzione in uno stato di incoscienza fino al momento della morte.
Il requisito del «trattamento di sostegno vitale» è vago e al centro di dibattiti per via dei vari modi in cui può essere interpretato: un recente chiarimento è stato dato sempre dalla Corte costituzionale, con una sentenza dello scorso luglio a cui la proposta di legge approvata in Toscana fa riferimento. In quella sentenza i giudici avevano scritto che «trattamento di sostegno vitale» può essere un respiratore meccanico, ma anche terapie farmacologiche o trattamenti in assenza dei quali il paziente morirebbe. Il modo in cui il requisito del «trattamento di sostegno vitale» verrà interpretato in Toscana dipenderà comunque dai singoli casi: la stessa Corte costituzionale aveva detto che il requisito deve essere interpretato caso per caso dalle aziende sanitarie locali che se ne occupano, o da giudici se ci sono controversie legali, rispettando il diritto all’autodeterminazione.
In base alla legge toscana chi vuole accedere alla morte assistita deve rivolgersi, direttamente o attraverso una persona delegata, all’azienda sanitaria locale di riferimento, chiedendo che vengano verificati i requisiti fondamentali. Nella richiesta va inclusa tutta la documentazione sanitaria, e si può indicare un medico o una medica di fiducia da cui si è seguiti.
L’azienda sanitaria locale dovrà inoltrare la richiesta del paziente a una specifica commissione incaricata di verificare i requisiti: la legge appena approvata prevede che questa commissione venga istituita entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge.
La commissione dovrà essere composta da sei persone con i ruoli di: medico palliativista, neurologo, psichiatra, anestesista, infermiere e psicologo. Verrà volta per volta integrata da uno o una specialista competente per la patologia del singolo paziente, in modo da considerarne più accuratamente le ricadute sulla salute e sulla qualità della vita. I membri della commissione devono essere dipendenti del servizio sanitario regionale e non possono ricevere compensi o altre forme di pagamento per questo tipo di attività. In qualsiasi caso, prima di decidere se le richieste di morte assistita sono ammissibili, la commissione dovrà chiedere un parere anche al comitato etico locale competente.
La legge appena approvata prevede che entro 20 giorni la commissione completi la verifica dei requisiti, con la possibilità di sospendere il procedimento per eventuali accertamenti clinici una sola volta, e comunque per non più di cinque giorni. Sarà compito della commissione anche verificare che il paziente sia stato adeguatamente informato su tutte le alternative alla morte assistita, tra cui le cure palliative e il ricorso a sedazione profonda.
Dopo tutti gli accertamenti del caso, la commissione dovrà inoltrare la documentazione dei singoli casi al comitato etico, che avrà sette giorni di tempo per esprimere il proprio parere. A quel punto la commissione dovrà redigere una relazione finale in cui comunica la decisione presa per il paziente: la relazione verrà inviata all’azienda sanitaria locale, che la farà poi avere al paziente.
In caso di esito positivo della richiesta, la commissione avrà 10 giorni di tempo per definire le modalità di attuazione della morte assistita per quel paziente: le modalità comprendono il tipo di farmaco da assumere e l’eventuale presenza di macchinari per assumerlo. In determinate condizioni, magari di quasi completa paralisi, il paziente può infatti aver bisogno di macchinari specifici per somministrarsi autonomamente il farmaco, requisito essenziale del suicidio assistito, diverso dall’eutanasia proprio perché è il paziente ad assumere il farmaco senza l’aiuto di un medico.
Il paziente può chiedere alla commissione che le modalità della procedura siano stabilite anche in collaborazione col proprio medico di fiducia: qualsiasi siano le modalità, comunque, la legge prevede che garantiscano il rispetto della dignità della persona che muore e che siano pensate per evitare sofferenze aggiuntive rispetto a quelle già subìte a causa della condizione clinica.
Anche le modalità concrete con cui dovrebbe avvenire la procedura di morte assistita dovranno essere sottoposte al comitato etico, che avrà altri cinque giorni di tempo per esprimersi al riguardo. A quel punto l’azienda sanitaria locale avrà una settimana per fornire al paziente il farmaco e l’eventuale supporto tecnico per la sua autosomministrazione: tutte queste cose dovranno essere garantite dal servizio sanitario regionale.
Complessivamente, e tenendo conto di tutti i giorni previsti dalla legge regionale, una persona può accedere alla morte assistita in meno di due mesi, 54 giorni al massimo. È un cambiamento molto significativo rispetto a quanto successo finora: dal 2019 a oggi le persone che hanno fatto richiesta di accesso alla morte assistita, anche avendo tutti i requisiti, hanno dovuto aspettare anni, in vari casi con lunghe vicende giudiziarie per affermare il proprio diritto, in altri morendo prima di poter effettivamente accedere al suicidio assistito.
In ogni caso anche dopo aver ricevuto tutti i pareri positivi, sia dalla commissione che dal comitato etico, ciascun paziente sarà libero in ogni momento di sospendere o annullare il ricorso al trattamento. La proposta di legge dell’associazione Luca Coscioni prevedeva che la persona potesse autosomministrarsi il farmaco in ospedale, in un ospizio o anche a casa propria: la legge approvata in Toscana al momento non chiarisce questo punto.
Ora la legge verrà formalmente promulgata dal presidente della regione, Eugenio Giani del PD, entro 10 giorni dal giorno dell’approvazione, per poi entrare in vigore entro venti giorni dalla promulgazione. Da quel momento in poi, per chi vorrà fare richiesta di accesso alla morte assistita saranno previsti una serie di passaggi ben definiti. Per accedere a morte assistita in Toscana bisogna essere assistiti dal servizio sanitario locale: significa che anche chi non è stabilmente residente in questa regione può trasferirsi temporaneamente, facendosi assegnare un medico, per poi poter fare richiesta. È un’ipotesi che potrebbe verificarsi, dato che la Toscana è l’unica regione italiana ad aver approvato una legge sulla morte assistita.
C’è anche la possibilità che il governo decida di impugnare la legge regionale toscana, come ha fatto nel caso dell’Emilia-Romagna (in quel caso però non era una legge regionale ma una delibera, un atto giuridico meno solido: sul ricorso presentato dal governo non ci sono ancora novità). Nel caso in cui decidesse di fare ricorso, il governo dovrebbe sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla legge regionale di fronte alla Corte costituzionale, sostenendo che la competenza sul tema non spetti alle singole regioni ma al parlamento (la Corte costituzionale ha tra i suoi compiti quello di dirimere i conflitti di competenza tra Stato e regioni). Finora però lo stesso parlamento ha ignorato gli inviti proprio della Corte costituzionale per lavorare a una legge sul suicidio assistito.
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da AVVENIRE
martedì 11 febbraio 2025
Regioni.
Entro 47 giorni, gratuito:
in Toscana il suicidio assistito è legge
Francesco Ognibene
Tempi certi e senza spesa per i pazienti: la Regione definisce l’iter per accedere alla morte volontaria. Una forzatura giuridica, etica e sanitaria. Il cardinale Lojudice: è una sconfitta per tutti

Il suicidio assistito è legge. Regionale, per ora, ma è legge: ed è la prima volta in Italia che un principio come quello costituzionale del diritto alla salute viene derogato per far spazio alla facoltà depenalizzata di chiedere e ottenere la morte medicalmente assistita come prestazione ordinaria garantita da sanitari delle istituzioni pubbliche, pur all’interno delle limitate condizioni dettate dalla Corte costituzionale.
Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato a larga maggioranza la proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.242/2019”. Un titolo che ne mostra la finalità di definizione dell’iter per la “morte a richiesta” – chi può ottenerla, chi esamina la richiesta, da chi è composto l’organismo territoriale competente, attraverso quali tappe e in che tempi si procede, chi si fa carico della spesa – ma che parte dal presupposto che si può ottenere l’aiuto al suicidio anche in mancanza ancora di una legge dello Stato, alla quale la Corte aveva rimandato senza riconoscere in alcun modo la competenza legislativa regionale. Proprio il punto della fonte – regionale e non nazionale – di una legge che nasce per dare uniformità ma finisce per creare situazioni diverse a seconda della Regione è il tallone d’Achille del provvedimento, destinato con ogni probabilità a essere impugnato dal Governo davanti alla stessa Consulta.
In un preambolo e sei articoli la legge toscana sul fine vita prende parzialmente le distanze dal progetto di legge di iniziativa popolare depositato in Toscana e in altre Regioni in fotocopia dall’Associazione Luca Coscioni, con un attivismo politico e militante che ha creato attorno alla norma un clima di attesa di un diritto negato e di urgenza per una prestazione sanitaria ritenuta indifferibile. Rigettata in altri quattro consigli regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia), la legge mantiene il principio della morte assistita come «erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi» (preambolo) ma è stata modificata così da perdere una parte del suo esplicito carico ideologico di affermazione di un preteso “diritto di morire” (esplicitamente negato dalla Corte costituzionale, peraltro) e assumere le sembianze di una mera definizione dell’iter per morire tramite suicidio medicalmente assistito. L’effetto finale è la descrizione di una “burocrazia della morte” che stabilisce il modo per ottenere «la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile». Una deriva rispetto alla quale hanno preso posizione prima i vescovi della Conferenza episcopale toscana con una nota e poi il loro presidente cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, in una intervista ad Avvenire.
Lo stesso Lojudice, a legge appena approvata, ha voluto esprimere il giudizio della Chiesa regionale: «Prendiamo atto della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque – ha dichiarato il cardinale a nome di tutti i vescovi –. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».
Tornando alla legge, i tempi (articolo 4) vengono definiti con precisione: venti giorni per la verifica dei requisiti per accedere al suicidio assistito, quattro perché la Asl competente convochi la Commissione per valutare l’istanza, otto perché la Commissione trasmetta la sua relazione al Comitato etico territoriale, che ha cinque giorni per trasmettere il suo parere alla Asl. E dopo tre giorni per comunicare «le risultanze del provvedimento di verifica dei requisiti» alla persona malata, e infine altri sette per «l’accesso al percorso finalizzato all’autosomministrazione» del farmaco per morire. Totale: 47 giorni dalla richiesta alla morte, termine tassativo di legge. E i costi? «Le prestazioni e i trattamenti» sono «gratuiti». Tempi contenuti entro un mese e mezzo, certi, e tutto gratis: se solo altrettanta solerzia fosse assicurata alle decine di migliaia di persone che hanno bisogno di esami specialistici, assistenza domiciliare e presidi sanitari forse non si avrebbe nessuna richiesta di suicidio assistito. Che tutto questo venga statuito da parte di un’articolazione dello Stato nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Vergine di Lourdes e celebra la Giornata mondiale del Malato suona poi particolarmente impressionante.
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