12 maggio 2019: QUARTA DI PASQUA
At 21,8b14; Fil 1,8-14; Gv 15,9-17
Il Cristo storico e il Cristo della fede
Vorrei partire da una domanda: i primi cristiani, e i cristiani che seguiranno lungo i millenni fino ad oggi, dove attingevano la loro forza interiore per testimoniare il Cristo risorto? Già dicendo Cristo risorto troviamo la risposta.
I cristiani attingevano, attingono e attingeranno la loro fede nel Cristo risorto, e non tanto nel Cristo storico, ovvero in quel Gesù di Nazaret che ha detto tante cose belle e ha fatto gesti strepitosi, come i miracoli.
Basterebbero di per sé le parole dell’apostolo Paolo: «Se Cristo non fosse risorto la nostra predicazione sarebbe senza fondamento e vana la vostra fede» (15,14).
Gli esegeti più attenti ci dicono che i quattro Vangeli (soprattutto quello più antico, di Marco) danno un’enorme importanza ai racconti della Passione. Anzi, il primo nucleo della Buona Novella, quello predicato a viva voce (gli scritti verranno dopo decenni e decenni dalla morte e risurrezione di Cristo), era proprio l’annuncio (kerigma) della passione, morte e risurrezione di Cristo. I detti e i fatti (le parole e i miracoli) verranno predicati e poi narrati successivamente, e per ultimo i racconti dell’infanzia di Gesù.
Questo per dire che il centro, il cuore del primo annuncio evangelico era questo: Gesù ha sofferto, è morto sulla croce ed è risorto.
Ed è proprio quando Gesù muore sulla croce che c’è la grande Sorpresa divina. Non per nulla Giovanni, il più mistico tra i quattro evangelisti, “vede” la Croce già nella Gloria. Ecco la Sorpresa divina: mentre muore, Gesù di Nazaret dona all’umanità intera lo Spirito santo! Giovanni scrive: «E chinato il capo consegnò lo spirito» (19,30). L’evangelista Marco: «Ma Gesù, dando un forte grido, spirò» (15,37).
“Spirare” significa “emettere l’ultimo respiro”, dunque morire fisicamente, ma può anche significare “consegnare lo spirito”, nel senso di donare lo Spirito santo. Mentre Gesù di Nazaret muore fisicamente, ovvero abbandona il suo corpo, proprio in quel momento consegna al mondo lo Spirito divino. Così pensavano anche i grandi Mistici, Eckhart e Angelus Silesius, per citare due nomi. Possiamo dire che, sulla Croce, Gesù di Nazaret lascia il posto al Cristo risorto, nella effusione dello Spirito santo.
Un bravo cristiano che cosa pensa? E perché sbaglia?
Un bravo cristiano potrebbe anche pensare: “La mia fede si fonda soprattutto sul Gesù di Nazaret, che ci ha lasciato un grande messaggio incomparabile (la buona novella) e ha anche compiuto gesti strepitosi. Sì, Gesù è risorto, ma la risurrezione non è altro che la garanzia o la prova o la conferma divina della validità del Gesù di Nazaret”.
Come non farci convincere dalla logica tanto semplicistica di questi ragionamenti? Ma, ecco una contro-domanda: questi ragionamenti di un bravo cristiano appaiono sì logici, ma lo sono anche dal punto di vista teologico, per non dire mistico?
Che Gesù di Nazaret abbia detto e fatto cose del tutto strepitose, nulla da dire. Ma vi potrei dimostrare che c’è chi ha detto e ha fatto cose ancor più strepitose di quanto abbia detto o fatto Gesù di Nazaret. E allora, come la mettiamo? A chi o in chi credere?
Inoltre, che cosa s’intende per risurrezione di Cristo? Solo una prova o segno divino che conferma il Gesù di Nazaret? Gesù di Nazaret è morto definitivamente sulla croce. È vero che il suo cadavere è svanito nel nulla (le donne e gli apostoli hanno trovato “vuoto” il sepolcro!), ma quel corpo non si era trasfigurato nel Cristo risorto. In altre parole, Il Cristo risorto non è una semplice trasfigurazione o glorificazione del Gesù di Nazaret. È qualcosa di più, molto di più. Qualcosa di completamente diverso: di Nuovo!
E allora chi è il Cristo risorto? Gli evangelisti cercano di dirci qualcosa con i racconti delle apparizioni, che sono però contraddittori, confusi, frammentari. L’unico episodio rivelatore della Novità della Risurrezione è quello di Tommaso. Solo Giovanni lo riporta. «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (20,25). Come a dire: “Voglio essere sicuro al cento per cento che quello che appare è il Gesù di Nazaret morto sulla croce”. E Gesù rimprovera Tommaso: la beatitudine sta nel “vedere” con gli occhi della fede.
In altre parole: Il Cristo risorto è una Realtà del tutto impalpabile. La fede richiede gli occhi dello spirito, e non gli occhi di carne. I discepoli, prima della sua morte, potevano toccare, vedere, sentire il loro Maestro; dopo la risurrezione, c’è solo un rapporto di fede.
Ma vorrei aggiungere un’altra cosa. Prima dicevo che c’è chi ha detto e ha fatto cose meravigliose più di quanto ha detto o ha fatto Gesù di Nazaret. Ed è vero. Ma c’è una cosa, ed è essenziale, che fa la differenza tra Gesù di Nazaret e gli altri, ed è la morte di Gesù. A differenza di tutti gli altri, Gesù è l’unico a morire, donando lo Spirito santo.
Ammiro molto il filosofo ateniese Socrate, vissuto tra il V e il IV secolo a.C.: per la sua rettitudine morale, per il suo grande insegnamento e per la dignitosa morte (condannato ingiustamente a bere un potente veleno, la cicùta). Certo, morendo, ci ha lasciato una grande testimonianza, i suoi ideali, le sue grandi Idee sulla Giustizia. Ma solo Gesù di Nazaret, morendo, ci ha donato lo Spirito divino.
Conclusione
Mi preme ora concludere facendo qualche provocazione. Se il Cristo risorto è il Cristo della fede o il Cristo mistico, come mai la Chiesa è tuttora ferma al Cristo storico?
Non dimentichiamo che Gesù di Nazaret aveva detto ai suoi discepoli: «È bene che io (Gesù storico) me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi lo Spirito che vi insegnerà tutta intera la verità…”. Come a dire: “Io, Cristo storico, vi ho detto solo qualcosa, ma sarà lo Spirito a dirvi tutto il resto”. Restando fermo al Gesù storico, non potrò mai conoscere la verità tutta intera!
Certo, lo Spirito santo c’era già e agiva, ancor prima del dono del suo Spirito, quando Cristo moriva sulla croce. Ma Cristo dalla Croce ha rilanciato lo Spirito, e lo fa ora in quanto Cristo risorto.
Non posso di nuovo non ricordare l’incontro di Gesù con la samaritana. Vi chiedo ancora qualche minuto, ma ne vale la pena.
A raccontare l’incontro è sempre lui, il mistico Giovanni. C’è un pozzo, c’è Gesù, già nella sua gloria di Risorto. Non dimentichiamolo. Aspetta una donna di Samaria. Sono soli. All’inizio ci sono scintille tra i due. Gesù provoca quella donna, eretica e con una vita morale non certo esemplare. Forse la persona ideale per ricevere un messaggio strepitoso, sconvolgente, rivoluzionario. Questo, secondo me, è l’Incontro degli incontri.
Ci sono ancora degli equivoci sui termini: pozzo, acqua, secchio, tempio. Gesù invita quella donna a guardare nel pozzo, a scendere spiritualmente nel pozzo. Forse non l’ha fatto. Ma a Gesù interessava parlare al mondo intero di un pozzo, che è quello del nostro essere interiore. Chi vi scende, scopre il Mistero divino, che però richiede una continua discesa, sempre più nel profondo.
E così tutti potranno capire, la religione potrà capire, la Chiesa potrà capire che Dio è purissimo Spirito, che non gradisce quattro mura di una chiesa o di una struttura, ma Lui sta bene solo essere laggiù, nel profondo del pozzo, dove ogni essere umano, di qualsiasi credenza religiosa, scopre il segreto del suo spirito e dello Spirito divino.
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