Le ragioni storiche del conflitto israeliano-palestinese all’origine dell’attacco di Hamas

da www.geopop.it
9 Ottobre 2023

Le ragioni storiche

del conflitto israeliano-palestinese

all’origine dell’attacco di Hamas

Le recenti vicende di Gaza hanno riacceso i riflettori sul conflitto israelo-palestinese. Il conflitto, iniziato da almeno un secolo, è raccontato in maniera molto diversa dalle due parti in causa. Proviamo a ricostruirne la storia in maniera imparziale.
A cura di Erminio Fonzo
Il conflitto israelo-palestinese nasce da una questione apparentemente semplice: due popoli rivendicano il medesimo territorio. Gli israeliani ritengono di avere il diritto di controllare la Palestina perché è il luogo di nascita del popolo ebraico; i palestinesi sostengono che abitavano il territorio prima degli israeliani e ne sono stati cacciati con la forza. Il conflitto è iniziato nella prima metà del Novecento e si è inasprito dopo la fondazione dello Stato di Israele nel 1948. L’unico tentativo serio di raggiungere la pace, avanzato negli anni ’90, è fallito.

Le radici del conflitto israeliano-palestinese

Il conflitto israelo-palestinese ha radici molto antiche. La Palestina è infatti il luogo nel quale nel primo millennio a.C. si formò il popolo ebraico.
Nel I secolo a.C. il territorio palestinese entrò nella sfera di influenza di Roma e nel 70 d.C., in seguito alla repressione di una rivolta, gran parte degli ebrei fu costretta a emigrare verso il Nord Africa e l’Europa. Iniziò così la Diaspora del popolo ebraico. Nel VII secolo d.C. la Palestina fu conquistata dagli arabi, da poco convertitisi all’Islam, e gradualmente la popolazione si arabizzò.

Il sionismo

Gli ebrei che vivevano nella Diaspora subivano pesanti discriminazioni, soprattutto in Europa, e furono vittime anche di stragi ed espulsioni. Alla fine dell’Ottocento un ebreo austriaco, Theodor Herzl, fondò il movimento sionista (così chiamato da Sion, una collina di Gerusalemme), che mirava a costituire uno Stato ebraico in Palestina. C’era però un problema: la Palestina, all’epoca facente parte dell’Impero Ottomano, era già abitata da un altro popolo.

La Prima guerra mondiale e le responsabilità dell’Occidente

Gradualmente il sionismo guadagnò consenso nelle comunità ebraiche europee e gruppi sempre maggiori di ebrei emigrarono in Palestina, stabilendosi in insediamenti e in fattorie collettive.
Lo scenario mediorientale cambiò nel corso della Prima guerra mondiale. Gli inglesi, nemici dell’Impero Ottomano, cercarono l’appoggio sia degli arabi, sia degli ebrei, promettendo a entrambi di sostenere le loro aspirazioni a costituire uno Stato indipendente. Regno Unito e Francia, però, siglarono anche un accordo segreto per spartire tra loro il Medioriente e alla fine della guerra la Palestina divenne un “mandato” britannico, cioè un territorio amministrato dal Regno Unito su mandato della Società delle nazioni (predecessore dell’attuale Onu).
Negli anni del mandato britannico l’emigrazione ebraica si intensificò ed ebbero luogo i primi conflitti armati con gli arabi.

La Shoah, la fondazione di Israele e l’esodo palestinese

Durante la Seconda guerra mondiale, i nazisti e i loro alleati massacrarono sei milioni di ebrei europei. Tra i sopravvissuti il sionismo guadagnò molti consensi, perché si diffuse in misura sempre maggiore la convinzione che l’unico posto dove gli ebrei potevano vivere serenamente era uno Stato ebraico. In Palestina il conflitto divenne più aspro, con continui scontri tra le milizie arabe ed ebraiche, e gli arabi rifiutarono un piano di spartizione del Paese proposto dalla Nazioni Unite. Nel maggio del 1948 il Regno Unito ritirò le sue truppe, non essendo più in grado di controllare il territorio, e il leader della comunità ebraica, David Ben Gurion, proclamò la nascita dello Stato di Israele.
Il conflitto tra le forze israeliane e le milizie arabe si trasformò in una vera e propria guerra, perché i Paesi arabi circostanti (Egitto, Siria, Giordania e Iraq) inviarono dei contingenti militari ad attaccare lo Stato ebraico. Le forze israeliane respinsero l’attacco e conquistarono un ampio territorio, ma non occuparono l’intera città di Gerusalemme, che era particolarmente ambita per il suo valore storico-religioso. La parte orientale della città restò sotto il controllo della Giordania.
Per la popolazione araba, l’esito della guerra fu disastroso: circa 700.000 persone furono costrette a lasciare la loro terra (è discusso se l’espulsione fu un atto deliberato delle forze israeliane o una conseguenza della guerra) e a trasferirsi in campi profughi allestiti nei Paesi vicini, dove tuttora vivono i loro discendenti. L’evento è noto tra i palestinesi come Nakba (catastrofe).
Solo una minoranza di palestinesi, oggi noti come arabo-israeliani, restò in Israele.

Le guerre arabo-israeliane e la rinascita palestinese

Dopo il conflitto del 1948 scoppiarono nuove guerre tra Israele e gli Stati arabi. La più importante, conosciuta come Guerra dei sei giorni, ebbe luogo nel 1967. Israele sconfisse l’Egitto, la Siria e la Giordania, occupando una parte dei loro territori: Gerusalemme Est e la Cisgiordania (cioè il territorio a ovest del fiume Giordano, noto anche come West Bank), appartenenti ala Giordania; la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai, facenti parte dell’Egitto; il Golan, appartenente al Libano. Pochi anni dopo, nei territori occupati iniziò la costruzione di insediamenti israeliani, che nel corso degli anni sono diventati sempre più numerosi.
Territori occupati dopo la Guerra dei sei giorni. Credits: Kordas.
Dopo la Guerra dei sei giorni il conflitto israelo-palestinese assunse una nuova forma. La popolazione palestinese perse fiducia negli Stati arabi e si propose di condurre in prima persona la lotta contro gli israeliani, sotto la guida dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina e del suo leader Yasser Arafat.
Inoltre, tra la fine degli anni ’70 e gli anni ‘80 cambiò nuovamente lo scenario internazionale. L’Egitto firmò un accordo di pace con Israele, riottenendo il Sinai, e rinunciò definitivamente alla Striscia di Gaza. Nel 1988, il governo giordano rinunciò alla Cisgiordania, auspicando che potesse diventare sede di uno Stato palestinese se Israele si fosse ritirato. Da allora, Cisgiordania e Gaza sono considerati territori palestinesi.

Il fallimento del processo di pace

Grazie a questi cambiamenti, negli anni ’90 iniziò un promettente processo di pace. Nel 1993 Arafat e il premier israeliano Yitzhak Rabin sottoscrissero un accordo con il quale Israele e l’Olp si riconoscevano reciprocamente. Lo Stato ebraico, inoltre, cedette alla sua controparte il controllo di alcuni settori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, con l’obiettivo di giungere alla creazione di uno Stato palestinese.
L’accordo, però, non affrontava le questioni più spinose, tra le quali lo status di Gerusalemme, che entrambi rivendicano come capitale; gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, dei quali i palestinesi chiedono la rimozione; il ritorno in Israele dei profughi palestinesi espulsi nel 1948. Non a caso, il processo di pace è fallito e lo Stato palestinese non è stato costituito, sebbene sia stata fondata un’Autorità nazionale palestinese per amministrare i territori ceduti da Israele. Il conflitto ha assunto la forma di una guerra asimmetrica, combattuta tra un esercito regolare da una parte e milizie armate dall’altra. La pace appare quanto mai lontana.

Il ruolo della religione e la dimensione internazionale

Il conflitto israelo-palestinese non è una guerra di religione, ma uno scontro tra due popoli per il possesso della stessa terra. L’appartenenza a due fedi diverse, ebraica e islamica, inasprisce il confronto, ma non ne è la causa.
Il conflitto, inoltre, non si combatte solo in Israele e nei Territori palestinesi, ma anche nelle principali capitali del mondo, perché per entrambe le parti in lotta guadagnare sostegno internazionale è una necessità imprescindibile.
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Il glossario del conflitto tra Hamas e Israele

per capire la questione israelo-palestinese

Orientarsi nel conflitto israelo-palestinese non è facile. Con questo piccolo glossario, diamo una definizione sintetica delle parole chiave che sentiamo più spesso sul conflitto.
A cura di Frida Bonatti
Dopo l’attacco di Hamas su Israele, avere una visione il più possibile completa di tutto quello che è accaduto e sta accadendo tra israeliani e palestinesi non è semplice. La questione israelo-palestinese è una crisi complessa che dura ormai da molti decenni e ha radici profonde.
In questo glossario sul conflitto abbiamo raccolto e spiegato le parole chiave che sentiamo più spesso in questi giorni per capire meglio la guerra, senza l’ambizione di coprire in toto l’argomento.
Vogliamo offrire una piccola guida per orientarsi al meglio tra le notizie e gli approfondimenti, che vi invitiamo a leggere, sulla situazione israelo-palestinese.

Striscia di Gaza

Questa striscia di terra di 360 km2 (circa il doppio del comune di Milano), è uno dei territori, insieme alla Cisgiordania, sotto il controllo degli arabi palestinesi.
Ufficialmente, la Striscia di Gaza non è più occupata militarmente da Israele, ma lo è stata dal 1967 (fine della guerra dei sei anni) al 1994.
Dal 1994, Israele ritirò le truppe e i suoi insediamenti dalla Striscia di Gaza, a patto che il controllo politico della regione andasse nelle mani dell’Autorità Nazionale Palestinese, ANP.
L’ANP infatti ambiva a traghettare i territori palestinesi verso gli accordi di pace con lo stato d’Israele.
Ma nel 2006, il gruppo armato islamico Hamas ha vinto le elezioni legislative palestinesi, assumendo il controllo nella Striscia di Gaza.
Da allora, Israele ha imposto una sorveglianza delle persone in entrata e in uscita dalla Striscia e l’embargo nei cieli, causando un impoverimento della zona e un inasprimento del sentimento dei cittadini. Le condizioni di vita degli abitanti della Striscia di Gaza sono difficili, anche considerando che la densità abitativa è tra le più alte al mondo (circa 6000 abitanti ab./km2).

Hamas (acronimo di Movimento islamico di resistenza)

È un movimento nazionalista palestinese e fondamentalista islamico, che controlla il territorio della Striscia di Gaza.
Secondo il suo statuto, scritto nel 1988 e rivisto nel 2017, gli obiettivi del movimento sono principalmente due: fondare uno stato islamico di Palestina e annientare lo Stato di Israele.
A causa degli attacchi di stampo terroristico a danno dei civili israeliani, Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da molti Paesi Occidentali.
Pur essendo i Palestinesi in grande maggioranza di religione islamica sunnita, Hamas è armata e finanziata dall’Iran, che è invece un Paese governato dal clero islamico sciita.
La fondazione di Hamas è avvenuta nel 1987 a seguito della prima intifada, movimento di rivolta palestinese nei territori occupati da Israele a seguito della guerra dei sei anni.
Negli anni, Hamas si è sempre opposta ad accordi di pace con Israele. Nel frattempo, ha guadagnato sempre più legittimità popolare nella Striscia di Gaza, anche a causa delle difficili condizioni di vita degli abitanti, finché nel 2006 ha vinto le elezioni parlamentari.
Nel 2007, ha poi preso il pieno controllo della Striscia di Gaza, estromettendo l’Autorità Nazionale Palestinese, riconosciuta internazionalmente.

Cisgiordania

È un territorio abitato da palestinesi, che viene definito dalla comunità internazionale “occupato da Israele”, a seguito della guerra dei sei giorni del 1976.
Attenzione, la Cisgiordania è in parte occupato da Israele, ma non è sotto la sovranità israeliana.
Che differenza c’è tra occupazione e sovranità? Che anche se questo territorio è, in parte, occupato militarmente, il diritto internazionale non lo riconosce come parte di Israele.
La Cisgiordania mantiene infatti un’autonomia politico-amministrativa a partire dagli accordi di Oslo del 1993, che segnarono una momentanea distensione tra israeliani e palestinesi.
Da allora, la Cisgiordania è in parte governata dall’Autorità Nazionale Palestinese, organizzazione politica creata in accordo con Israele per guidare il territorio verso la stesura di accordi di pace.
I timori di questi ultimi giorni sono che gli estremisti di Hamas possano prevalere anche in questa zona.

Hezbollah

È un movimento fondamentalista islamico, fondato in Libano all’inizio degli anni Ottanta e costituito da un partito politico e da un apparato militare.
E ora qualcuno potrà chiedersi, cosa c’entra il Libano, con Israele e Palestina?
In breve: a seguito della guerra israelo-palestinese del 1948, molti Palestinesi fuggirono in Libano. A questo punto, i libanesi di religione cristiana, timorosi di finire in minoranza nel paese, entrarono in conflitto con la parte musulmana. Israele partecipò al conflitto a difesa dei cristiani libanesi.
Da allora, uno degli obiettivi primari di Hezbollah, alleato dell’Iran, è la distruzione dello Stato d’Israele.
In questi giorni, anche loro hanno lanciato razzi in territorio israeliano e hanno ricevuto la controffensiva da Israele.

Mossad

Si tratta dei servizi segreti dello stato d’Israele.

Iron Dome

È il sistema di difesa missilistico israeliano, commissionato dal Ministero della difesa nel 2007 e realizzato dall’azienda Rafael.
Nel 2011 è entrato in funzione per la prima volta.

Sionismo

È un’ideologia politica che aspira a creare uno stato d’Israele, per raggiungere l’autodeterminazione e la libertà del popolo ebraico.
Ideatore del sionismo fu il giornalista e scrittore austriaco Theodor Herzl (1860-1904) , spinto dal crescente clima di odio nei confronti degli ebrei in Europa, nella fine dell’Ottocento.
Il programma ideato dai fondatori del sionismo si esprimeva in tre linee d’azione:
1. Lla creazione di un Fondo nazionale ebraico, in cui confluirono i soldi che i primi ebrei usarono per acquistare terreni agricoli in Palestina.
2. Il consolidamento di uno spirito nazionale dei valori culturali e religiosi dell’ebraismo.
3. La ricerca, sul piano internazionale, di una “carta” che tutelasse l’immigrazione ebraica in Palestina.
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Scoppia la guerra in Palestina:

perché Hamas ha attaccato Israele da Gaza

Nella mattinata di sabato 7 ottobre, Hamas ha attaccato Israele a partire dalla Striscia di Gaza, in Palestina. Il numero delle vittime, dei feriti e dei prigionieri sale di ora in ora, mentre gli scontri si fanno più accesi anche sul confine con il Libano. Capiamo i motivi del conflitto.
A cura di Alessandro Beloli
10 Ottobre 2023
Migliaia di missili lanciati, oltre 2000 morti tra israeliani e arabi palestinesi, centinaia di ostaggi. L’attacco portato da Hamas a Israele a partire dalla Striscia di Gaza è cominciato nella mattinata di sabato 7 ottobre 2023 e si è ormai trasformato in un conflitto aperto in varie zone della Palestina. Pare si stia inoltre aprendo un secondo fronte a nord, al confine con il Libano, controllato nella parte meridionale dall’organizzazione Hezbollah.
Attualmente Israele sta contrattaccando, accerchiando progressivamente la Striscia di Gaza (i cui confini sono tornati sotto il controllo dello Stato ebraico), bombardandola e privandola di acqua, luce elettrica e approvvigionamenti di cibo. Le reazioni internazionali sono state di diverso tono: gli USA e l’Unione Europea si sono apertamente schierati a favore di Israele, mentre l’Iran (alleato di Hamas ed Hezbollah) sostiene apertamente l’iniziativa arabo-palestinese, pur smentendo ufficialmente ogni coinvolgimento diretto nell’attacco.

Cos’è la Striscia di Gaza

Prima di vedere cos’è accaduto dal 7 ottobre a oggi, inquadriamo il contesto, così da avere ben chiari i protagonisti e le ragioni del conflitto.
La Striscia di Gaza è una fascia della Palestina estesa per circa 360 km2 (più o meno come la provincia di Prato) che si affaccia sul Mar Mediterraneo e che, dal 1967, dopo la cosiddetta Guerra dei 6 giorni, ricade sotto la supervisione di Israele. Il territorio non è occupato, ma Israele ne controlla, tra le altre cose, lo spazio aereo, le acque territoriali, l’anagrafe, gli ingressi e le uscite di persone e merci e il sistema fiscale.
Carta della Palestina, con le evidenze di Israele, Striscia di Gaza e Cisgiordania (West Bank)
La Striscia deve il suo nome alla città di Gaza ed è circondata da un lungo muro che la rende un’enclave territoriale chiusa su se stessa e più o meno isolata. La densità abitativa è tra le più alte al mondo (ci abitano oltre 2 milioni di persone), il tasso di povertà e di disoccupazione superano sempre abbondantemente il 50%, l’acqua è in gran parte contaminata e la luce elettrica è disponibile solo per poche ore al giorno.

Breve storia di Hamas

Una situazione tanto estrema non poteva che favorire forze politiche estremiste. Nella Striscia infatti sono sorte nel tempo varie organizzazioni politiche e paramilitari, spesso coinvolte anche in traffici criminali di vario genere, tra cui il contrabbando di armi e armamenti. Tra queste organizzazioni c’è Hamas, nata nel 1987 e sostenuta attualmente da Paesi esteri come Iran e Qatar.
Dalla fondazione Hamas ha acquisito sempre più seguito popolare, fino a vincere le elezioni palestinesi nel 2006, e si è contraddistinta da un lato per le politiche socio-economiche a favore della popolazione locale, come l’istituzione di scuole e ospedali, ma dall’altro, per gli attentati brutali e gli attacchi ad Israele svolti dal suo braccio armato, con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato ebraico e con lo scopo ultimo di riprendere il controllo della Palestina.
Per questo motivo vari Paesi tra cui Israele, gli Stati Uniti e i Paesi membri dell’Unione Europea, Italia compresa, l’hanno inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali.

L’attacco a Israele del 7 ottobre 2023 e i suoi sviluppi

Veniamo quindi a cosa sta avvenendo in questi giorni. Nella mattinata di sabato 7 ottobre Hamas ha lanciato un attacco militare su larga scala, come mai aveva fatto finora, ai danni di Israele.
Il muro intorno alla Striscia di Gaza è stato abbattuto in più punti, più di 1000 miliziani di Hamas sono entrati e penetrati per chilometri nel territorio israeliano, uccidendo soldati e centinaia di civili e facendo più di 100 prigionieri anche di nazionalità straniere. Una tempesta di razzi è stata lanciata verso il sud e l’est dello Stato ebraico; il sistema di difesa antimissile israeliano, Iron Dome, ha intercettato i razzi.
Contemporaneamente l’esercito israeliano, pur trovandosi inizialmente impreparato, ha cominciato a opporre resistenza e sta progressivamente assediando la Striscia di Gaza, attaccandola anche con bombardamenti aerei e togliendole acqua, elettricità e approvvigionamento di cibo.
In tutto questo il primo ministro israeliano Netanyahu ha assunto ufficialmente poteri di comando per la guerra e sono stati mobilitati 300.000 riservisti. Insomma, purtroppo si prefigura un conflitto in piena regola.

Le cause della nuova guerra in Palestina

In estrema sintesi questo è quello che è accaduto fino ad adesso. Ora proviamo a rispondere a 3 domande. La prima: perché Hamas ha attaccato proprio adesso? La seconda: come ha fatto Israele a non accorgersi di quello che stava per accadere? E infine la terza: Hamas è stata aiutata nell’attacco da Paesi esteri?

Perché Hamas ha attaccato proprio adesso Israele?

Andiamo con ordine. Hamas ha attaccato proprio adesso soprattutto per cercare di impedire che Israele e Arabia Saudita arrivassero a riconoscersi reciprocamente e a normalizzare i loro rapporti politici ed economici. In che senso? Cosa c’entra l’Arabia Saudita in tutto questo?
Dovete sapere che Israele è uno Stato che non è riconosciuto ufficialmente da vari Paesi, soprattutto molti di quelli arabi che lo circondano: Libano, Siria, Iraq, Iran, Kuwait, Qatar, Yemen, Oman e… Arabia Saudita, la culla dell’islam, al cui interno sorge la Mecca. Nessuno di questi Paesi riconosce Israele, anche a causa di come lo Stato ebraico ha trattato e tratta la questione palestinese. Eppure, piano piano, grazie anche alla mediazione degli Stati Uniti, qualche Paese, prima ostile ad Israele, l’ha riconosciuto negli ultimi anni: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco, Sudan.
L’Arabia Saudita sarebbe stata probabilmente la prossima (e magari lo sarà comunque). Ora, visto che – come abbiamo appena detto – è la culla dell’islam, questo passo avrebbe un valore simbolico molto forte. Senza contare che la rafforzerebbe a scapito dell’Iran e di altri Paesi del Medio Oriente. Per gli arabi di Palestina, abitanti della Striscia di Gaza compresi, sancirebbe in qualche modo che sia impossibile riprendersi la Palestina, che però è la ragione stessa dell’esistenza di Hamas.
Ecco che quindi l’attacco da parte dell’organizzazione a Israele ha l’obiettivo di riaccendere la questione palestinese, cercare di allontanare di nuovo dal punto di vista politico i Paesi arabi dallo Stato ebraico, l’Arabia Saudita in primis, e ribadire anche le condizioni di vita drammatiche della Striscia di Gaza, ponendosi come unico vero rappresentante degli arabi palestinesi.
Questo tentativo avrà successo? Israele e Arabia Saudita non si riconosceranno? È presto per dirlo. Sicuramente gli Stati Uniti continueranno a spingere per un avvicinamento.

Perché Israele non si è accorta dell’attacco imminente?

Veniamo alla seconda domanda: come mai Israele non si è accorto dell’attacco imminente? Possiamo solo fare delle ipotesi. Potrebbe essersi trattato di un piano ben congegnato e di un’incapacità dei servizi segreti israeliani di accorgersene. Per esempio, Hamas organizzava delle esercitazioni militari periodiche che forse hanno tratto in inganno gli israeliani. Oppure potrebbe essersi trattato di una sottovalutazione dell’avversario. Magari era stato scoperto qualcosa, ma non si pensava a un’operazione tanto imponente.
Quel che è certo è che Israele vive in questo momento un periodo di forte divisione e instabilità politica e sociale. Dal 2019 si sono succeduti al potere 5 governi diversi, il primo ministro Netanyahu è stato sotto l’occhio del ciclone per vicende giudiziarie e politiche, con una tendenza sempre più marcata verso l’estrema destra e un tentativo di accentramento del potere. La stessa popolazione poi è divisa tra laici, ultraortodossi, sionisti, arabi israeliani e tante altre minoranze. Questa confusione può avere inciso sulle capacità di Israele di prevedere l’attacco.

L’attacco è stato sostenuto da Stati esteri come Iran, Qatar o Libano?

Infine l’ultima domanda: qualche Paese estero ha contribuito all’attacco? Anche in questo caso negli ultimi giorni si sono rincorse voci di ogni genere: i principali indiziati sono l’Iran e il Qatar, ma per ora non ci sono conferme di un coinvolgimento diretto, anzi solo smentite ufficiali, e comunque non mancano altre ipotesi.
Sicuramente un sostegno più concreto è arrivato dal sud del Libano dove l’organizzazione politica e paramilitare Hezbollah, anch’essa alleata dell’Iran, ha a sua volta compiuto degli attacchi al nord di Israele, che a sua volta ha reagito. È un teatro di scontro che purtroppo potrebbe sempre di più diventare un secondo fronte della guerra.

 

La Grande Storia Israele: la guerra maledetta

Per un muro che crolla, tanti altri ne vengono costruiti Il più famoso è quello eretto da Israele in Cisgiordania nel 2002 per dividere lo stato ebraico dai territori palestinesi dopo un’ondata di attacchi terroristici. Per capire dove tutto è cominciato bisogna tornare al 1967, alla Guerra dei Sei Giorni. La famosa Guerra Lampo, uno strepitoso successo militare, ma anche punto di rottura con la popolazione palestinese.
per vedere il video clicca

qui

 

1 Commento

  1. Martina ha detto:

    Dietro ad ogni articolo che si mette sul sito c’è dietro molto lavoro: ore e ore che passano per scegliere gli articoli migliori e così offrire una visuale più chiara, più approfondita, più limpida di ciò che è accaduto o sta accadendo.
    Un servizio questo che noi usufruiamo gratuitamente e che merita il giusto rispetto.
    Molte cose non si sanno, specie in situazioni così complesse come quelle tra lo Stato d’Israele e quello palestinese; per questo non ci si deve nutrire di opinioni o di sentito dire, ma di conoscenza per arrivare alla radice della verità.

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