L’EDITORIALE
di don Giorgio
L’Avvento per credenti e non credenti
L’Avvento per i credenti è soprattutto l’Avvento liturgico, ovvero quel periodo dell’anno, di sei settimane per il rito ambrosiano e di quattro per il rito romano, in cui i cristiani sono invitati a prepararsi nello spirito al Mistero natalizio.
L’Avvento per tutti, credenti e non credenti, è quell’attesa di un mondo migliore che è l’aspirazione di ogni essere umano. Poi tutto dipende dall’idea che ciascuno ha del mondo cosiddetto migliore. Ognuno prende una propria strada, e non è detto che tutte le strade portino al ben-essere.
Sì, c’è un periodo liturgico, da vivere “fortemente”, ovvero “intensamente” nella Fede più genuina da parte dei cristiani, che hanno così ogni anno l’occasione propizia e provvidenziale da sfruttare per il Meglio, onde risvegliare il proprio spirito, magari spento o assopito da una marea di condizionamenti di questa società alienata e alienante.
Basterebbe anche un attimo di luce intensa per risvegliarci, ma il problema è che neppure quattro e sei settimane riescano a toglierci da un torpore invernale. Ma c’è di più. Che dire quando l’Avvento anche per un cristiano diventa addirittura una continua progressiva distrazione verso quel Natale che chiamiamo in modo dispregiativo consumistico, ma da cui neppure noi credenti sappiamo difenderci?
Ma c’è una cosa che accomuna credenti e non credenti, ed è quell’ottundimento dello spirito, per cui valgono per tutti, credenti o non credenti, le parole di Cristo: “Vegliate!”, “Che nessuno vi inganni”.
Gesù, anche attraverso le parabole, insisteva anzitutto sulla vigilanza.
Mi piacerebbe fare un particolare approfondimento su questa virtù, tipicamente cristiana, ma presente già nell’antico mondo pagano, se è vero che il filosofo Eraclito, vissuto a Efeso tra il VI e il V secolo a.C., parlava di “svegli” e di “dormienti”, intendendo per “svegli” i filosofi che vanno al di là delle apparenze e riescono a cogliere l’essenza delle cose, e per “dormienti” i non filosofi, ovvero coloro che si fermano alle apparenze e non riescono a cogliere la realtà delle cose.
Già interessante evidenziare che per gli antichi greci solo i filosofi colgono la realtà e sono perciò svegli, mentre la massa è analfabeta, cieca e ottusa, non sa cogliere la realtà.
Vorrei anche fare uno studio particolare sulla etimologia della parola “vigilanza”, che potrei farla derivare dalla parola “vigilia”, che è il giorno che precede una festa.
Giacomo Leopardi nel “Sabato del villaggio” ha inteso sottolineare la gioia della vigilia, dell’attesa. Anche dal punto di vista consumistico l’attesa è tutto, sempre carica di forti emozioni su cui scommettere prodotti anche scadenti.
Sì, la vigilanza richiama la vigilia, perché in effetti tutta la nostra vita è una vigilia: un’attesa di quel mondo migliore che non ci sarà mai su questa terra, ma che si spera in un’altra vita.
Una volta ci dicevano che siamo su questa terra come pellegrini, in cammino verso una meta per ora irraggiungibile. Non abbiamo qui una fissa dimora.
Sì, tutta la nostra vita è una vigilia.
E poi c’è quella parola davvero sconvolgente, ed è inganno. Cristo ha detto: “Badate che nessuno vi inganni!”.
Talora neppure ci accorgiamo di essere sulla strada sbagliata, che noi, ingannati, riteniamo l’unica giusta, e così ci dirigiamo beoti verso il precipizio.
L’inganno è la definizione del maligno, colui che inganna perché è nella sua essenza ingannare.
Qualcuno parla di un sistema ingannevole, per cui ogni struttura, anche quella religiosa, sarebbe portata a ingannare.
Qualcuno parla di inganno che fa parte della stessa natura umana. Chi non ricorda le sconvolgenti parole del Salmo 116,11: “Omnis homo mendax”, ogni uomo è menzogna? Un canone del concilio di Orange, ispirato ad Agostino, dice: “Homo non habet de se nisi mendacium”, di suo l’uomo non ha che menzogna.
Non c’è molto da divertirci, o consolarci, se tutto è menzogna. Come allora difenderci dalle menzogne? È possibile conoscere la verità, essere, come dice San Paolo, “veritatem facientes in caritate” (Ef 4,15)? E di quale carità si tratta?
Ma se Cristo ci invita alla vigilanza e a stare attenti perché nessuno ci inganni, vuol dire che possiamo farcela, purché, ecco il punto, non ci fidiamo solo delle nostre forze.
I grandi Mistici medievali parlavano di “amor sui”, che è sempre in agguato, ovvero di quell’amore di possesso o di appropriazione per cui ci lasciamo tentare da quel voler dominare sugli altri, prendendoci ciò che non è nostro.
I Mistici, per vincere l’amor sui, parlavano di distacco.
L’Avvento è un momento provvidenziale per distaccarci dal superfluo, solo così potremo scoprire l’Essenziale, che è il cuore del Mistero natalizio.
12/11/2022
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