Comunione e Liberazione, ovvero come fare a pezzi la Gratuità

scola giussani

di don Giorgio De Capitani
Ho letto l’omelia che il cardinale Angelo Scola ha tenuto durante la Santa Messa celebrata in Duomo l’11 febbraio scorso, in occasione del 32° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione e del 9° anniversario della morte di mons. Luigi Giussani e a sessant’anni dalla nascita del Movimento.
Anche per quest’omelia, dopo le prime righe non sono riuscito a seguire lo sviluppo del pensiero di Scola. Una cosa però risulta chiara: uno sperticato elogio del carisma del Gius, e un invito ai suoi seguaci perché continuino a camminare sulle sue orme.
Il cardinale inizia l’omelia citando Isaia: “Venite all’acqua… venite, comprate senza denaro”. Come si può “comperare” qualcosa, senza denaro? Qualcuno potrebbe spiegarmi che senso dare al verbo “comperare”? A meno che, invece che il denaro, l’acquirente non debba dare in cambio qualcos’altro. Anche questo sarebbe un prezzo da pagare.
Comunque, il cardinale invita a riflettere sulla gratuità del dono. Mancherebbe altro che un dono non sia gratuito: che “dono” sarebbe?
Mi permetto una mia riflessione. Dio è il Tutto Gratuità. La Gratuità è la migliore qualifica di Dio. Basterebbe pensare al Dio “Tutto Gratuità” per sconvolgere la nostra fede. Non basta credere che Dio sia Tutto Gratuità, se poi noi credenti facciamo di Dio la giustificazione delle nostre porcate, la cui gravità tocca proprio l’essenza della Gratuità.
Usciamo dalle belle parole che possono incantare, e guardiamoci nello specchio della Gratuità divina. Siamo veramente testimoni di gratuità?
Signor cardinale, Lei come può nascondere le malefatte di Comunione e Liberazione e del suo braccio finanziario, Compagnia delle Opere, e non mi dica che questo è un altro discorso. Un seme lo si riconosce dalla pianta, e la pianta la si riconosce dai propri frutti. L’ha detto Gesù Cristo!
Che cosa ha partorito don Luigi Giussani? In questi ultimi anni, in particolare, non Le è mai venuto in mente (neppure un dubbio) di pensare a qualcosa di mostruoso? Lei, eminenza, ha proprio le fette di salame sugli occhi?
Io sinceramente mi sarei aspettato da Lei almeno una tirata d’orecchi. Almeno! Ma, al suo posto, io avrei fatto di più! Pubblicamente avrei sconfessato l’operato del Movimento e avrei ridiscusso il pensiero stesso di don Luigi. E poi, qual è l’originalità di don Giussani? Io non la trovo. Se dovessi prendere dei maestri, non prenderei lui. Comunque, non prenderei nessuno come maestro, se è vero che Cristo ci ha detto che solo lui è l’unico Maestro, e che perciò nessun altro deve assumersi questa qualifica.
Cavoli! Comunione e Liberazione con il suo ramo finanziario come può parlare di gratuità? L’ha venduta al miglior offerente, e sappiamo chi è stato in questi ultimi vent’anni il miglior offerente.
Comunione e Liberazione è stata travolta dai suoi stessi scandali, e sostenerla ancora oggi è cosa grave per un vescovo che è sulla cattedra di Ambrogio.
Ho sentito in video-youtube i quasi sette minuti dell’intervento a braccio di Scola, al termine della Santa Messa: sette minuti di quasi delirio! Non dico altro.
ARCIDIOCESI DI MILANO
XXXII ANNIVERSARIO DEL RICONOSCIMENTO PONTIFICIO
DELLA FRATERNITÀ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE
IX ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MONS. LUIGI GIUSSANI
 S. Messa della Beata Vergine Maria di Lourdes
Is 55,1-7; Salmo resp. (cfr Gdt 13,18-20); Ef 1,3-10a; Lc 1,40-55
DUOMO DI MILANO, 11 FEBBRAIO 2014
OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, ARCIVESCOVO DI MILANO
1. Gratuitamente dissetati e sfamati
«Venite all’acqua… venite, comprate senza denaro…» (Lettura, Is 55,1-2). Il profeta, con immagini limpide ed incisive, descrive l’ardente desiderio di compimento del cuore dell’uomo. Un desiderio che nessuna persona è in grado di colmare con le proprie forze. Ha bisogno dell’invito di un Altro: «Venite all’acqua, venite e comprate senza denaro». Nessuno può acquistare la propria salvezza. Ogni tentativo di farlo è uno spreco. Solo Dio sazia e può saziare gratuitamente il cuore dell’uomo.
2. Uno stupore grato
È questo che accadde precisamente quel giorno in cui Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, commossa e mossa da operosa gratuità, si spinse fino alla casa di Elisabetta portando nel suo grembo Gesù, aurora della salvezza. Nostro padre Ambrogio commenta l’episodio evangelico con queste parole: «“Donde a me questo?”. Come se dicesse: Che grande favore è quello che mi accade, che la madre del mio Signore venga da me! Non riesco a comprenderlo. Per quale virtù, per quali buone opere, per quali meriti?» (S. AMBROGIO, EXPOSITIO EVANGELII SECUNDUM LUCAM, II, 19: 24-26).
Uno stupore analogo a quello che riempì Elisabetta per il dono della visita di Maria, che portava a compimento la storia di salvezza del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ha colmato il cuore di molti quando hanno incontrato Monsignor Luigi Giussani. Il dono (carisma) fatto a questo grande sacerdote educatore ha reso umanamente persuasiva e perciò incisiva la grazia della fede.
«Troppo perde il tempo chi ben non t’ama, dolce amor Jesù». Il tempo sarebbe sprecato se lo stupore dell’incontro non diventasse incessante domanda. Supplica tenace di riconoscere Cristo presente nella Sua Chiesa e presente per il bene del mondo. Tutto, proprio tutto dell’umano sta a cuore al cristiano. A lui, come disse Don Giussani, «interessa tutto l’esistente e tutta l’esistenza».
Espressione di questa apertura totale fu la dolce fede mariana di Don Giussani: «È inconcepibile la Madonna se non come [ figura piena della ] preghiera in atto. Infatti la preghiera in atto è la coscienza di sé, la coscienza del rapporto di sé col proprio destino, e per questo è l’unico atteggiamento dignitoso della vita dell’uomo, dove la vita dell’uomo si realizza secondo tutta la sua statura» (Tutta la terra desidera il Tuo volto, 164).
Di questo desiderio di pienezza sono segno benefico l’incessante pellegrinaggio di preghiera sulla tomba di don Giussani, così come i numerosi messaggi scritti che vi vengono lasciati.
3. Responsabili del dono ricevuto
Dal carisma di Don Giussani scaturisce un amore grato e responsabile a Cristo e alla Chiesa. Per questo il Servo di Dio nel suo coraggioso sforzo innovativo, per il quale ha sovente pagato di persona, ha sempre perseguito in tutti i modi l’unità, fondata sulla roccia del ministero del Papa e dei Vescovi in comunione con lui. Roccia che sola garantisce l’apertura totale del cuore dei fedeli. E l’unità si alimenta quotidianamente nella sequela di coloro che sono stati chiamati a guidare la Fraternità di Comunione e Liberazione, e come tali sono stati riconosciuti dalla Chiesa.
Celebrare in tutti i continenti l’Eucaristia in occasione del nono anniversario dalla morte del fondatore, nel giorno della trentaduesima ricorrenza del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, a sessant’anni dalla nascita del movimento, significa lodare Dio per la grazia dell’unità, nota essenziale di ogni autentica esperienza ecclesiale.
L’unità, infatti, assicura il fiorire della libertà dell’io nella comunità. Non si dà libertà piena se non si esprime nell’appartenenza sensibile ad una comunità guidata, ma nello stesso tempo non è vera comunità quella che non fa pienamente fiorire la libertà di ciascuno.
Cristo stesso, che ci dice «venite», stabilisce con ognuno di noi un legame che, attraverso la comunione, genera permanentemente comunità: questa infatti è la condizione storica da Lui scelta e pensata per donarsi agli uomini. In Cristo Gesù, Dio ha voluto aver bisogno degli uomini.
L’Eucaristia che stiamo celebrando ci aiuta a meglio comprendere questo mistero: è Cristo, realmente presente, che ci convoca e si dona a noi nel sacrificio eucaristico e, in esso, ci rende una sola cosa, un Corpo solo, in modo tale che non è più possibile vivere separati da questo nuovo Corpo cosmico. Vi raccomando di cuore di non lasciar cadere il gesto, vivo fin dagli inizi del movimento, di partecipare alla Santa Messa, per quanto possibile, anche nei giorni feriali.
La responsabilità per il dono ricevuto si esprime nel culto cristiano. Come Monsignor Giussani non ha mai cessato di richiamare sulla scia di San Paolo, il culto cristiano (cf. Rm 12,2) coincide con l’offerta totale della vita perché si manifesti la gloria dell’umanità di Cristo nel mondo: la vita è in se stessa vocazione. Papa Francesco parla di Chiesa in uscita (Evangelii gaudium 24): il Seminatore instancabilmente percorre tutto il campo del mondo. La missione, perché di questo si tratta, non è questione di strategie o di particolari attività da aggiungere al tessuto della nostra esistenza quotidiana. È, soprattutto, una questione di responsabile consapevolezza, alimentata quotidianamente da una esperienza di fraternità, che ripropone ad ogni singolo la domanda “che sono?” e, soprattutto, “per Chi agisco?”
4. Realisti o narcisi
Il Vangelo di oggi propone con chiarezza come imprescindibile risorsa per vivere l’unità e la missione, la virtù proclamata dal Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Vangelo, Lc 1,48).
Umiltà viene dal latino humus. Dice perciò lo stare aderenti alla terra, cioè ben attaccati alla realtà. Ed il Magnificat stabilisce una radicale alternativa tra l’umile e il superbo («Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ed ha esaltato gli umili», Lc 1,52). Per dei figli di San Carlo, quali sono gli ambrosiani, l’humilitas non può non attraversare ogni fibra dell’essere.
L’opposizione tra umiltà e superbia prima che opposizione tra virtù e vizio è, a ben vedere, opposizione tra ragionevolezza e irragionevolezza. Per finire, il superbo è un narciso che prolunga per tutta la vita l’inevitabile esperienza della primissima infanzia: vedere nello specchio sé come l’altro. Maturità domanda, invece, di lasciar essere l’altro come altro. Questo avviene nella Vita intima della Trinità, e così può avvenire per grazia e libertà in famiglia, a scuola, nella comunità cristiana, nella vita civile in tutte le sue espressioni. La superbia rende impermeabili all’altro, finisce per diventare solitudine cattiva. E allora la vita pesa, come ha genialmente intuito Dante, condannando i superbi a camminare schiacciati da enormi massi sulle spalle.
L’umiltà, invece, genera fedeli lieti e costruttivi e, come diceva Péguy, li rende «i più civici tra gli uomini».
Questo ha insegnato fino all’ultimo respiro il Servo di Dio don Luigi Giussani.
La potente intercessione di Maria Santissima procuri alla Chiesa e al mondo, in quest’epoca di intenso travaglio, donne e uomini di tale fatta. Amen.

Video dell’intervento conclusivo di Angelo Scola

(Mia trascrizione delle parole di Scola)
Anche a nome del Consiglio episcopale, qui ben rappresentato questa sera, ringrazio don Juliàn e in lui tutti voi per la vita di fede che, nonostante i limiti umani, cercate di condurre a beneficio della Chiesa ambrosiana, di tutta la Chiesa e di tutta la realtà umana, sociale e civile, nella quale siete capillarmente immersi.
La potenza del carisma del Servo di Dio monsignor Luigi Giussani, starei per dire si vede più adesso di quando egli cominciò sessant’anni fa. Il suo inizio fu come una premonizione di ciò di cui avrebbe avuto bisogno la Santa Chiesa nelle sue mille forme di doni carismatici e istituzionali, in questo tempo presente di passaggio travagliato al nuovo millennio.
La passione educativa come può rispondere all’ansia affascinata e confusa dell’uomo post-moderno se non educando uomini e donne fin dalla prima infanzia ad accogliere il Mistero che ci abbraccia e al dono totale di sé?
Lo smarrimento circa i fondamentali del vivere – cosa sia l’amore, cosa sia la differenza sessuale, cosa voglia dire procreare ed educare, perché si debba lavorare, perché una società civile plurale possa essere più ricca di una società monolitica, come poterci incontrare reciprocamente per edificare comunione effettiva in tutte le comunità cristiane e vita buona nella società civile, come rinnovare la finanza e l’economia, come guardare alle fragilità della malattia e alla morte, alla fragilità morale, come cercare la giustizia, come condividere incessantemente, imparando, il bisogno dei poveri – tutto questo deve essere riscritto nei nostri tempi, ripensato e perciò rivissuto.
Il genio pedagogico di monsignor Giussani ritrova qui, senza averlo mai perduto, un ambito nuovo: di che cosa? Di testimonianza e di racconto. Non si possono più separare queste due parole: bisogna vivere ciò che s’intende comunicare. E ciò che non è comunicato, non è interamente compreso, e, se non è compreso, è perché non è adeguatamente vissuto.
L’uomo di oggi cerca, e cerca anche quando si ribella nei confronti di Dio. Cerca anche quando non ama la Chiesa di Dio, non ama gli uomini di Chiesa. Cerca incessantemente e affannosamente. Chi trova, deve trovare i cristiani nella nostra bella Chiesa ambrosiana – pluriforme nell’unità, ricca di tanti doni – deve trovare uomini di comunione, accoglienti gli uni degli altri, in ascolto reciproco, tesi a dare la propria esistenza per il bene supremo dell’esistenza stessa, che è Gesù Cristo.
Testimonianza e racconto pubblico di ciò che si vive, e dico qui la mia gratitudine per quanti sono passati all’altra riva, tra voi quest’anno, molti dei quali hanno lasciato una testimonianza formidabile di come sia bello vivere fino a quando il Padre non ci chiama, e di come sia ancor più bello – anche se non ce la facciamo a pensarlo, talmente siamo attaccati a noi stessi, ai beni di questo mondo – il volto che attraverso Gesù in paradiso potremo almeno scrutare. […]

1 Commento

  1. carlo ha detto:

    Perche’ non parla degli articoli di critica politica e sociale che vengono pubblicati sulla rivista anarchica on line?non penso che Lei abbia timore di confrontarsi su aspetti che regolano la convivenza sociale in un paese come l’italia di oggi.Riesce a contrastare il becero potere berlusconiano.Con gli anarchici ha in comune il rispetto e la tutela della vita umana partendo da idee diverse ma che raggiungono l’obbiettivo finale comune.
    So di essere fuori tema in questo articolo di scola ma ho solo questo spazio x comunicare con lei
    Cordiali saluti carlo spirito libero

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