L’EDITORIALE
di don Giorgio
Sono un tipo forse del tutto originale
Mi sento vivo o, meglio, rinascere quando c’è da lottare, ovvero quando il contesto socio-politico e religioso (stranamente, ma non troppo, gli aspetti socio-politici e religiosi sembrano sulla stessa lunghezza d’onda, e uniti dalla stessa sorte) è in grave affanno, è in una fase acuta di degenerazione irreversibile, e non ci rimane che reagire violentemente o subire fino a farci consumare come cittadino e come credente.
Io so reagire anche violentemente, uscire da quella apatia, di cui ci si sente vittime nei momenti di pace o di quella parvenza di ciò che chiamiamo pace, solo perché le cose normalmente vanno senza crearci tanti problemi di sopravvivenza.
Ma basta poco, ed eccoci di nuovo in una emergenza, che ha nomi diversi, in campi diversi. Può esserci emergenza ambientale o politica o sanitaria, senza dimenticare quella religiosa.
Siamo sempre in una emergenza, anche quando tutto sembra tranquillo, ed è proprio quando l’emergenza viene coperta da un falso benessere. E il falso benessere può farci credere che tutto stia procedendo per il meglio, per quel meglio che in realtà è mal-essere.
Ecco, è proprio il mal-essere la vera emergenza, che può non apparire in tutta la sua vera gravità.
Basta poco – una battuta d’arresto, una crisi economica, un terremoto o una alluvione o una crisi di governo –, e allora salta di colpo ogni illusione di ben-essere; e il mal-essere fa sentire la sua voce come protesta, come ribellione, come dissenso popolare.
E questo succede al cittadino come cittadino; il cittadino credente ha inoltre altri problemi, che non sembrano però intaccare il suo formalismo religioso, dietro cui c’è un vuoto d’essere, lo stesso che c’è dietro al cittadino come cittadino. Ma per il cittadino credente c’è un’aggravante proprio perché credente: non è assurdo che un credente viva di vuoto d’essere, quando egli confessa di credere nell’Essere divino?
Il cittadino cittadino non sa che cosa sia il vuoto d’essere, riponendo fuori dal proprio spirito interiore tutta la propria felicità. Il cittadino credente invece vive la sua fede in una religione alienante che, proprio perché alienante, gli fa credere che occorre aggrapparsi a qualche santo o a qualche sacramento per salvarsi l’anima, e così conquistarsi nell’aldilà il paradiso.
Ma quando la società cade in depressione, evidenziando anche solo alcuni sintomi di mal-essere materiale, allora anche il cittadino credente ne paga le conseguenze, e tradisce la sua fede nel dio della religione, restando sospeso nel vuoto d’essere.
La mia lotta allora si concentra sulla esigenza di risvegliare l’interiorità dell’essere umano che, in quanto tale, appartiene allo stesso modo sia al cittadino cittadino che al cittadino credente.
“Io sono”, sia come cittadino cittadino che come cittadino credente, e nell’essere in quanto tale c’è il dovere di riscattarsi da ogni forma di alienazione: il cittadino cittadino è “altro da sé”, così il cittadino credente: è “altro da sé”, e perciò il primo dovere è tornare nel proprio io interiore.
A che servirebbe lottare per una società più giusta e più nobile, oppure per una Chiesa da riformare e perfino da ribaltare radicalmente, se si dimentica che è dal proprio essere interiore che usciranno una nuova società e una nuova Chiesa?
Se lotto, non è per rendere migliore, ovvero con la faccia più sopportabile, una società alienata, oppure per dare più credibilità a una religione idolatra, ma per invitare sia la società che la Chiesa a convertirsi a quel mondo interiore, dove ognuno “è”, e in quanto “essere” si potrà dare inizio alla riforma radicale della società e della Chiesa.
13 febbraio 2021
In tutta sincerità io sento forte quel mal-essere di cui parla e quel vuoto d’essere.
Sì mi sento male in questa società e nel mio piccolo paese dove sono costantemente giudicato. Ma il punto é il vuoto che sento dentro e che non trovo via per colmare. Non lo riempie la preghiera, la lettura, la famiglia. Mi sento vuoto e spesso privato di ogni forza. Faccio quello che riempie la pancia degli altri, che placa temporaneamente il loro ego. Ma la notte sento immenso il vuoto. Vedo limpidamente ogni ipocrisia di questa religione ma non trovo la via per sfuggire…e quando riesco me ne sento in colpa. Sono vuoto e questo mi fa star male. Ma non trovo la via per uscirne e aprirmi ad una vita lieta.
A proposito di originalità i grandi maestri non volevano seguaci fotocopie. Imitatori sì, ma originali. Don Giorgio sentirsi un tipo originale è buona cosa. Nella Chiesa è lo Spirito Santo che crea l’originalità, alla faccia dei cesare papisti. Martini e Tettamanzi non è l’originalità tua don Giorgio che proteggevano? Questo è quello che penso. In uno scritto di don Abramo Levi su Gesù e i suoi santi (1969) ho trovato questo: “Fu a proposito di san Francesco di Assisi che Paolo VI, in una circostanza che non ricordo, fece questa osservazione: «Francesco fu un perfetto imitatore di Gesù Cristo; ma questa imitazione, lungi dal fare di Francesco una copia conforme, ne fece un uomo densissimo di originalità, singolarissimo (fino a essere sorprendente!) nella sua personalità». Questa osservazione cade giusta su quella realtà misteriosa che è l’opera d’arte costruita non dalla mano dell’uomo, ma dalla mano di Dio. A questo proposito è illuminante una riflessione del teologo Hans Urs von Balthasar, che cito distesamente: «Nella sfera cristiana un’“arte” di questa sorta appare nelle figure che formano le esistenze elette: l’esistenza profetica è, nel senso preciso del termine, quella di un uomo che nella fede ha rinunciato a costruire se stesso, e che si è messo a disposizione dell’agire divino, per servirgli da materiale…” Il distacco proposto dai mistici come Meister Eckhart o l’ascolto del nostro Maestro interiore non serve a far spazio all’agire divino in noi? Non si diviene di conseguenza originali? Nel Viandante Cherubico chi giunge al termine cosa legge? “Amico, ora basta. Se vuoi leggere ancora, va e divieni tu stesso la Scrittura e l’Essere.” Penso che l’originalità è pensare come Dio e non come l’uomo. Per questo siamo unici. Sta a noi scegliere se essere una fotocopia di qualcuno e lasciarci impilare come una risma di carta nella massa o essere originali ognuno con i doni che Dio gli dà. Don Giorgio sono pensieri in libertà e non verità assolute che mi vengono e che voglio condividere su questo blog come commento all’editoriale.