Mario Draghi non soffre e non s’offre

da www.huffingtonpost.it
12 Febbraio 2023

Mario Draghi

non soffre e non s’offre

di Ugo Magri
Tutti immaginano e pronosticano il rientro in scena. Ma lui si è eclissato perché pensa che sia il tempo di restare in disparte (che è il modo migliore per restare centrali)
Mentre a Sanremo Giorgia e Macron se le cantavano sul motivo di “Vengo anch’io, no tu no” (successo senza tempo di Enzo Jannacci), a molti è ritornato in mente Mario Draghi in viaggio per Kiev, immortalato sul vagone ferroviario insieme col presidente francese e con il cancelliere di Germania, Olaf Scholz: ah, se al posto della Meloni ci fosse stato lui, quando mai ci avrebbero tagliati fuori…
Di qui l’inevitabile domanda sul che fine abbia fatto Draghi, come se la passi nella sua nuova carriera da pensionato e se per caso non avrebbe voglia di ritornare in scena dopo quattro mesi di oblio. La risposta, anticipiamolo subito, è no. L’uomo non coltiva rimpianti particolari; a 75 anni si gode il tempo rimasto; assapora le consolazioni della vita; se ne sta un po’ a Londra un po’ a Milano con i nipoti, più raramente nella Capitale e quasi sempre nella villa di Città della Pieve dove, specie adesso che sopraggiunge la primavera, potrà starsene volendo col naso in su a osservare le strane forme delle nuvole (“Toh, quella somiglia a Meloni, quell’altra ricorda Salvini” e così via).
Un noto politico teorizza, a patto dell’anonimato, la pigrizia di Draghi, la sua innata vocazione all’”otium” inteso come tendenza a stare nei propri ritmi, a prendersi se occorre le pause del caso. Lo stress di governare un gregge anarchico è stato per lui l’eccezione. Guarda caso il 23 ottobre 2022, alla cerimonia di scambio delle consegne, Draghi sembrava stranamente allegro, perfino euforico. Conduceva l’allora Ducetta per i saloni di Palazzo Chigi, ansioso di consegnarle le chiavi e scomparire. Dopodiché il nulla. Qualcuno sostiene di averlo avvistato un mese fa a Davos, in Svizzera, per il World Economic Forum dov’era andato praticamente in incognito; altri con il carrello della spesa in un supermercato a Milano. Zero le apparizioni pubbliche, a parte i funerali di papa Ratzinger dove tre parole scambiate con Giancarlo Giorgetti sono bastate a scatenare un carosello di ipotesi. Draghi non si è visto, per dire, nemmeno alla presentazione del volume Treccani che raccoglie i suoi discorsi. Una sola intervista, nonostante la coda di direttori davanti all’uscio, concessa prima di Natale al Corriere della sera e soltanto per allontanare le voci di nuovi incarichi, politici o istituzionali: “Non sono interessato”, l’avvertimento categorico, “né all’Italia né all’estero”.
Detesta l’idea di rimettersi in viaggio, con la valigia in mano. Ha fatto smentire che lo appassioni il ruolo di inviato speciale del Global Gateway, un carrozzone carico di miliardi concepito come risposta europea alla Via cinese della seta (ne aveva favoleggiato a metà gennaio il quotidiano tedesco Handelsblatt). Si è parlato di lui per la poltrona di Ursula van Der Leyen, in scadenza tra un anno e mezzo; ovvero per quella di presidente del Consiglio europeo, attualmente scaldata dall’incolore e insapore Charles Michels, che si libererà anch’essa nel 2024; o ancora per la segreteria generale della Nato, da decidere a breve. Ma qualcuno ce lo vede Super Mario al posto di Jens Stoltenberg che prende disposizioni dai generali a stelle e strisce, perché queste sono le gerarchie atlantiche?
Se qualche avventura potrà scaldargli il cuore dovrà essere (oltre che prestigiosa) ossequiosa dei suoi stili di vita. Dei suoi ritmi alla moviola. Il Quirinale gli sarebbe calzato a pennello ma quel treno ripasserà tra sei anni. Per cui Draghi sembra serenamente sazio, se si preferisce pacificato; nel racconto dei suoi vecchi collaboratori, felice di starsene altrove: il che fa a pugni con la consuetudine politica nazionale. I veri leader da noi mollano in punto di morte, mai prima. Sono divorati da una smania interiore, da una insaziabile passione. Se vengono allontanati dal potere inciuciano, rosicano, cercano la rivincita, si ribellano al loro destino. Il Nostro apparentemente non briga e nemmeno soffre o s’offre (con l’apostrofo). Il che, paradossalmente, tiene acceso il ricordo; sollecita i confronti; rigonfia le nostalgie anche al di là dei meriti veri o riconosciuti. Perché noi, come indole nazionale, siamo fatti così: ci piace rincorrere chi ci scansa e piangere sul latte versato.
Ecco dunque il rischio cui Draghi va incontro tenendosi in disparte: tornare centrale; suscitare un moto restando immobile; più popolare dandosi alla macchia; generando rimpianti per farsi dimenticare. E una volta che sarà calato l’astro della Meloni, perché tutte le stelle si eclissano, venire invocato a furor di popolo come se fosse il nostro Mr.Wolf, quello che ci risolve i problemi.

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