Altra bidonata! Il Papa, invece che ripicche, farebbe bene a sostituire immediatamente Scola!

Francesco-e-Angelo-Scola1
di don Giorgio De Capitani
Non è la prima volta che papa Francesco fa un bel bidone al cardinale Angelo ScolaNon entro nel merito di questa ulteriore presa per i fondelli, anche se non mancano elementi strani che fanno pensare a un cattivo rapporto tra Bergoglio e Scola.
Vorrei allargare il discorso. Credo che agli ambrosiani interessi solo relativamente che il Papa venga o non venga a Milano, secondo la data pre-stabilita. Tuttavia, non credo che a loro faccia piacere farsi prendere in giro. D’altronde, i milanesi hanno i vescovi che si meritano e perciò ne paghino le conseguenze!
È vero: non so quanti preti e quanti laici siano effettivamente contenti di avere un vescovo come Angelo Scola, ma non capisco perché, a partire dalla curia milanese, tutti tacciano: non si eleva una voce, dico una sola voce di protesta.
Questi milanesi, che si sono ribellati al dominio austriaco con dure proteste (chi non ricorda le Cinque Giornate di Milano?), ecco che, col tempo, hanno perso lo smalto rivoluzionario, adeguandosi anche ai partiti più corrotti e razzisti (vedi Destra berlusconiana e Lega Nord, nonché Cl). Se anche rubassero il Duomo, non se ne accorgerebbero! Ma il Duomo può essere rubato in tante maniere, anche togliendone l’anima profetica.
Non me la prendo, tuttavia, con i credenti laici. Mi rivolgo ai preti ambrosiani: borbottano sempre, anche quando sono sull’altare a dir messa, ma poi mettono subito la coda tra le gambe, appena fiutano provvedimenti curiali. Lo dico ai forestieri: voi non conoscete abbastanza i preti milanesi!
Ci si scandalizza perché numerosi preti del Sud (non tutti, per fortuna!) sarebbero collusi con la mafia (o camorra o ‘ndrangheta) o, se non lo sono apertamente, tuttavia se ne stano zitti, per paura. Ci si scandalizza del Vaticano, covo di vipere velenose e del più osceno marciume. Non si accettano ancora i preti gay. E mi fermo qui. E poi si rimane indifferenti di fronte ad una massa di preti (un migliaio?) ambrosiani che tirano a campare, che fanno una vita borghese, tra impegni pastorali ridotti al minimo indispensabile e momenti di evasione sempre più ampi, che trovano come giustificazione o alibi la necessità di uscire dall’isolamento e dalla solitudine, che comporterebbero, se i preti rimanessero troppo fedeli al loro posto di lavoro, qualche problema psicologico, anche psichiatrico o di carattere sentimentale. 
I preti milanesi mi sembrano degli imboscati che, appena trovano un angolino dove mettere casa, non si lasciano facilmente schiodare, obbedendo anche ciecamente agli ordini del loro vescovo.
Sì, i preti milanesi hanno imparato l’arte di adattarsi a tutto, pur di non cercare rogne, e riescono molto bene a conciliare la coscienza e l’obbedienza. La coscienza personale viene fatta tacere, in nome di chissà quale virtù morale, mentre l’obbedienza muta facilmente modellandosi sul proprio tornaconto, giocando però d’astuzia, fingendo a più non posso, arrivando al punto di far sembrare obbedienza anche la più evidente violazione di ogni diritto canonico, ma camuffata con mille pretesti.
E ai Superiori basta questo, ovvero una pseudo-obbedienza, purché si salvi la faccia della curia diocesana. Al vescovo non interessa che tu, prete, obbedisca in coscienza: a lui interessa che tu obbedisca, anche fingendo di obbedire. Il motivo è semplicissimo: se il vescovo chiedesse di agire secondo coscienza, a meno che ai preti non sia rimasto neppure un granello di coscienza, forse ci sarebbe qualcuno che potrebbe disobbedire, e questo metterebbe a rischio l’istituzione ecclesiastica, fondata anche sull’obbedienza cieca.
Ho scritto: “a lui (vescovo) interessa che tu obbedisca, anche fingendo di obbedire. Sì, la finzione fa parte della stessa natura della struttura. Anche la Chiesa-istituzione è fondata sulle finzioni. I suoi ministri sono i migliori esempi di finzione. Ma attenzione: si tratta di una finzione che è stata inculcata fin dal seminario, come segno di vocazione.
Ecco dove sta l’ipocrisia clericale, anche caratteristica dei preti milanesi, anzi questi sono più ipocriti degli altri, per il semplice fatto che sono i più borghesi tra tutto il clero italiano.
Ora, pretendere dai preti milanesi una sommossa perché il Papa si affretti a nominare un altro Pastore, “altro” da quello attuale, è praticamente una illusione.
Ma vorrei essere ancor più sincero, e mettere da parte almeno una volta la mia particolare antipatia verso Angelo Scola. Arrivasse anche un pastore come Martini, i preti ambrosiani non cambierebbero. Infatti, non sono cambiati quando avevano come vescovo Carlo Maria Martini.
I preti milanesi sono fatti così: non si schiodano dal loro mondo borghese, rifiutano ogni innovazione, non fanno un passo oltre quel minimo dovere che serve a conservare il posto. Per il resto, se ne fregano di tutto, che ci sia Scola o Martini.
Mi fa paura questa Diocesi milanese, per il suo clero più che per i suoi vescovi. Forse sarebbe il momento che a smuovere le acque sia quel laicato che don Primo Mazzolari chiamava “maturo”. Ma dove sono i laici, pronti a dare una scossa alla Chiesa?
Questi laici cristiani mi sembrano più clericali dello stesso clero, forse perché sono sempre rimasti all’ombra del campanile, e hanno respirato solo un’aria malsana.  
 
 

 

4 Commenti

  1. gio ha detto:

    l’importante è che con la sua venuta Papa Francesco porti anche la lettera con l’allontanamento di scola

  2. don ha detto:

    Don Giorgio, permettimi un aneddoto. Da noi in Piemonte si dice che i preti di Novara sono “strabici” perché guardano con un occhio a Milano e con uno a Torino… in effetti, pur non facendo parte di quella diocesi ma avendo qualche conoscenza, mi sono reso conto che i preti locali sono informatissimi dei retroscena milanesi. L’ultima notizia che inizia a circolare è che la candidatura di Brambilla sarebbe sfumata mentre Papa Francesco starebbe preparando una sorpresa: la nomina ad arcivescovo di Milano di un vescovo del Brasile (diocesi di Santo Amaro) milanese missionario del PIME

  3. Giuseppe ha detto:

    Non credo si tratti solo di una prerogativa del clero milanese, ma secondo me il fatto di privilegiare sempre e comunque l’apparenza, anche a scapito della sostanza, è un difetto di gran parte della chiesa cattolica. Basterebbe prendere in esame la celebrazione di cerimonie e riti, che sebbene già ampiamente snelliti grazie alle semplificazioni apportate nel tempo, sono ancora intrisi di eccessi incomprensibili e ingiustificati, ostentando manifestazioni di sfarzo e sontuosità tendenti più a compiacere il colpo d’occhio, che parlare allo spirito. Ricordo anche che, sin da bambino, quando frequentavo l’Azione Cattolica e facevo il chierichetto, ci veniva detto che noi cattolici siamo i migliori (gli eletti), anzi dobbiamo esserlo per forza, perché siamo dalla parte della verità e il mondo ne deve prendere atto. Poi, per giustificare certe mancanze o storture, anche da parte del clero, ci veniva ricordato che siamo comunque esseri umani, e come tali dei peccatori: è nel nostro dna! Ma grazie a Dio esiste la divina provvidenza che riesce a sistemare ogni cosa… insomma l’importante è salvare le apparenze, per questo è opportuno fare tesoro degli insegnamenti che ci vengono dati, senza dare troppa importanza agli esempi .

  4. GIANNI ha detto:

    Due i temi fondamentali, che emergono dall’articolo.
    Il rapporto tra le varie anime della chiesa, personificato, almeno teoricamente, anche da Scola e Bergoglio, e il modus vivendi, oltre che operandi, dei sacerdoti milanesi.
    Sul primo ci sarebbe molto da dire, anche perchè nella storia della chiesa abbiamo visto posizioni diverse, conservatrici, riformiste, rivoluzionarie, centriste..
    Ma, a parte la categorizzazione di tali posizioni, che lascia sempre un po’ il tempo che trova, e sempre comunque vi sarebbe da domandarsi quanto pesi una corrente, e quanto la personalità del singolo, ci si domanda se i mancati incontri siano occasionali o frutto di qualche strategia, ed appunto anche di qualche divergenza di opinione.
    Difficile dare una risposta certa e sicura, ma una certezza esiste, sicuramente Bergoglio e Scola espimevano posizioni diverse.
    Non fosse che perchè al conclave erano alternativi come candidati al soglio petrino, e Scola era evidentemente considerato seguace di Ratzinger.
    Ora, a distanza di qualche tempo, possiamo tuttavia fare dei consuntivi, e dire in cosa Bergoglio si diversiifchi realmente da Scola.
    Probabilmente non in materia di dogmatica e magistero, se escludiamo errate interpretazioni che spesso, delle sue parole, fornisce la stampa, semmai la differenza, come colsi all’inizio del neo pontificato, è un’altra.
    A me pare che mentre Bergoglio punti, almeno in parte, ad un tenativo di rinnovare la curia centrale, probabilmente Scola non l’avrebbe neppure tentato, caratterizzato com’è, anche proprio antropologicamente, da maggior immobilismo.
    Al tempo stesso, Bergoglio non intende, probabilmente, metter mano alla diocesi, da cui anche la risposta perchè le divergenze poi producano mancati incontri, non rimozioni.
    Certo è eccezionale che un vescovo sia rimosso, per cui molto più agevole attenderne il pensionamento.
    Al tempo stesso, sarà interessante capire chi sarà il successore di Scola.
    Quanto a Bergoglio, diciamo che ha fatto suo il motto vivi e lascia vivere, preferendo concentrare maggiormente la sua azione su clero centrale e su eventi mediatici (forse per distogliere lo sguardo esterno dall’interno della struttura???).
    Sicuramente del mancato intervento del papa beneficeranno tutti quei sacerdoti, di cui, a quanto parte, vi sono significativi esempi nel clero milanese, che preferiscono una concezione della loro funzione più in termini di mestiere, che di missione.
    Ovviamente, non che siano presenti solo nella diocesi milanese, ma probabilmente, come direbbero taluni, questa è una variabile indipendente dalla scelta do colui che guida o guiderà l’arcidiocesi, fosse anche un novello Martini.

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