Un’altra donna che mi piace!
da L’Unità
Agnese Rapicetta
13 dicembre 2016
La “pasionaria” dei diritti:
chi è Valeria Fedeli,
il nuovo ministro dell’Istruzione
La biografia del nuovo Ministro dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università
“Onorata di ricoprire un ruolo così importante per il Paese. Lavorerò per una scuola di tutte e di tutti”. Queste le prime parole di Valeria Fedeli, nominata ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. “La scuola è il luogo dove si costruisce il futuro dell’Italia, è una responsabilità che cercherò di assolvere con impegno e dedizione ascoltando e coinvolgendo le migliori forze di quel mondo: gli studenti, i genitori, i lavoratori ed i loro rappresentanti”.
Un compito difficile quello di Valeria Fedeli, uno dei due nuovi ministri del neo Governo Gentiloni. Un compito che la parlamentare Pd, iscritta e militante dalla fondazione, ha intenzione di affrontare con la passione che ha sempre caratterizzato la sua carriera.
Già VicePresidente del Senato, siede in Parlamento per la prima volta dopo essere stata candidata come capolista in Toscana ed eletta senatrice alle elezioni del 2013.
Nata a Treviglio (Bg) nel 1949, si è presto trasferita a Milano dove ha incontrato il movimento studentesco, il femminismo e poi la Cgil: “La passione politica, la voglia di battersi per le donne e per il cambiamento democratico erano già parte di me” ha detto.
I primi passi in politica li ha fatti proprio nel sindacato prima a Milano e poi ha Roma dove si è occupata del settore del pubblico impiego e poi del tessile. Di quel periodo dice: “Sono due grandi scuole, in cui ho imparato a praticare la difesa concreta dei lavoratori costruendo innovazione, governo dei processi di cambiamento. Nella pubblica amministrazione legando quei cambiamenti alla conquista, storica per la categoria, dell’unificazione delle regole contrattuali del settore pubblico con quelle dei settori privati”.
Dal 2000 al 2010 è stata segretaria generale della Filtea, la categoria tessile della Cgil, diventando poi vice segretaria della Filctem. E proprio in quella veste, insieme al Ministro dello Sviluppo economico di allora, PierLuigi Bersani, ha contribuito alla definizione delle Linee guida di politica industriale per la competitività e l’internazionalizzazione del Sistema produttivo della moda italiana.
Nel 2012, dopo 34 anni, termina la sua esperienza in Cgil e diventa vice Presidente Nazionale di Federconsumatori.
Da sempre attenta delle esigenze delle donne lavoratrici, la Fedeli ha ricoperto anche il ruolo di esperta per il Ministero del Lavoro per le politiche di Pari opportunità nel lavoro tra donne e uomini. E’ stata una delle promotrici del movimento Se non ora quando?, partecipando all’organizzazione della manifestazione del 13 febbraio 2011 in Piazza del Popolo a Roma ed è da sempre attenta a tutte le tematiche sociali.
Per l’Unità ha spesso scritto, arricchendo il nostro sito di contenuti e spunti di riflessione: come quello, ultimo, sull’esito del referendum.
>>> Qui potete trovare tutti gli articoli di Valeria Fedeli >>>
La Fedeli ha le qualità appropriate per attuare la Buona Scuola!
Come sembra lontana l’era del piazzista di Arcore! Ecco un’altra donna scelta per ricoprire un incarico di rilievo, non per la sua avvenenza e… condiscendenza verso il presidente del consiglio, ma per la sua capacità e competenza.
Non conoscevo il passato politico del neo ministro.
Sicuramente una donna in gamba, che già era favorevole alle riforme, in primis quella costituzionale.
Ho letto qualche suo articolo, tra quelli cui rinvia questo post, e devo dire che mi ha aiutato a comprendere meglio la situazione attuale, su cui forse vale spendere qualche parola in più.
Situazione attuale, che meglio è comprensibile, facendo qualche passo indietro.
Una volta esisteva solo il PCI.
Poi, anche la crisi di tradizionali partiti comprensivi di molte correnti diverse, tipicamente la DC, la vecchia balena bianca, ha portato il sistema politico a trasformarsi e a ulteriormente suddividersi.
Da un lato è rimasta una sinistra comunista, come poteva essere per rifondazione comunista, o un campo di forze dichiaratamente progressiste, come SI o appunto il neonato campo progressista, di Pisapia, ma queste componenti non danno e non potrebbero dare rappresentanza a molti che, fuoriuscendo dalla DC di una volta, e su posizioni centriste, non si trovano e non si troverebbero, appunto, rappresentati da un Bertinotti o da un Pisapia.
Alla fondazione del PD, una volta PDS, si sono unite componenti centriste e socialiste o socialdemocratiche, anche queste, comunque, differenziate rispetto a quell’alveo progressista, che appunto, come dicevo prima, ora guarda semmai a SI o a campo progressista o ad altre componenti ancora, comunque esterne al PD.
Cos’è rimasto nel PD?
Da un lato una vecchia (senza che tale aggettivo voglia assumere alcun significato spregiativo, ma solo storico) componente più o meno socialdemocratica, come rappresentata dai D’Alema, Bersani, forse anche Speranza e Cuperlo, e dall’altra i centristi.
E’ forse una visione un po’ semplificata, ma efficace per meglio far comprendere certe dinamiche che da tempo riguardano il PD, e quindi, comunque, anche le vicende politiche italiane, e quelle del governo.
E’ da tempo in atto questa dialettica tra le due componenti.
A me pare, però, che se andiamo ad analizzare anche i risultati del governo, solo un riformismo alla Renzi abbia destato un senso di risveglio e portato dei risultati, come quelli che qualche commento fa ho evidenziato, sopratutto differenziandoli dalla somma dei risultati di altri esecutivi, pur a guida PD.
Secondo me il neo ministro potrebbe appunto essere considerato una di quelle persone che, entro il PD, hanno capito che o si cambiava o si moriva.
E cioè: inutile attestarsi su posizioni di mera testimonianza storica, che poi induce più che altro a galleggiare sull’ordinaria amministrazione, ed ecco, quindi, che forse è molto meglio un riformismo che faccia cose, al tempo stesso, di centro, di destra e di sinistra, o quanto meno cose che, con i tradizionali parametri di analisi politica, sarebbero considerate tali.
E quindi: ad esempio un aumento di certe pensioni sociali potrebbe essere considerato di sinistra, una riduzione della pressione fiscale di destra, ed interventi di contenimento dei conti, sopratutto in termini di tagli di costi inutili, di centro.
Ecco, mi pare che questa linea per l’Italia, per come è fatta l’Italia, sia stata vincente, molto più di tanti che, forse per non scontentare questo o quello, appunto galleggiano.
IO mi auguro che anche i nuovi ministri di questo governo, rimangano sulla stessa linea, e se questa linea dovesse anche portare ad una spaccatura nel PD, con gente che se ne va, ben venga.
Sarebbe il momento dell’assunzione delle responsabilità, del contarsi tra chi pensa una cosa e chi ne pensa un’altra.
E sarebbe anche più chiaro a tutti gli italiani cosa intendono fare le diverse correnti.
Già gli esponenti della cosiddetta sinistra PD, Bersani in testa, hanno detto che certo, loro votavano la fiducia, ma poi sui singoli provvedimenti….
Allora rendano chiaro all’Italia, a tutti gli italiani, cosa lor signori vogliono, eventualmente, in tal caso, assumendosi la responsabilità di chi vota contro un governo presieduto da un esponente del proprio partito.
Poichè ormai è inutile negarlo, per alcuni i cosiddetti renziani sarebbero un corpo estraneo allo stesso PD, ed allora ognuno si assuma le proprie responsabilità, però rendendo chiaro, una volta per tutte, che secondo loro le cose non vanno.
Io la mia risposta l’ho in mente da tempo: cari signori, se intendete dire che Renzi non è un mago dotato di bacchetta magiche o sfere di cristallo, concordo, ma mi pare che neppure voi lo siate.
E se invece volete dire che non ha fatto chissà cosa, su questo non concordo, basta guardare alla realizzazioni compiute.
IL fatto che il referendum non sia passato non va enfatizzato, non era una conta pro o contro Renzi o nei confronti della politica del suo governo.
Le realizzazioni ci sono state, e se non si desta il paese, è poi difficile trovare risorse, che pur si sono iniziate a trovare, anche per chi meno abbiente.
Gli stanziamenti, i fondi, le misure anche a favore del welfare ci sono state, e spiace che certa parte del PD paia dimenticarsene.
Non posso, quindi, che stimare una donna, come il neo ministro, che, se non ho capito male, incarna questa visione.
A chi non la pensa nello stesso modo, auguro di non prendersela troppo, e lo invito a guardarsi un po’ indietro, appunto quando altri del PD erano alla guida del governo.
Non occorre risalire alla preistoria, basta andare solo un po’ indietro, e sopratutto confrontare i diversi risultati dei governi di lor signori, con il governo Renzi, poi ne riparliamo.