L’arcivescovo Charles Scicluna: I sacerdoti dovrebbero avere la possibilità di sposarsi

Vorrei chiarire e fare una proposta.
1. I motivi per cui la Chiesa cattolica ha imposto il celibato ai suoi preti sono stati, e lo sono tuttora, di carattere estremamente pratico. Elencarli tutti esigerebbe troppo tempo e troppo spazio. Tuttavia, una cosa è chiara: un prete che non ha famiglia si sente più libero di rischiare nelle sue scelte radicali mettendo a repentaglio anche la propria vita; chi ha famiglia si sente condizionato, quasi costretto a stare in una “normalità pastorale”, rispettando i doveri familiari.
2. Da anni sto proponendo una terza via. D’accordissimo sulla libertà di scelta per un prete: sposarsi oppure no. Ma c’è di più e di meglio. La terza via consisterebbe in quel matrimonio diciamo mistico, che risale ai tempi medievali e che la Chiesa istituzionale non ha mai visto di buon occhio tranne alcune rare eccezioni, per cui anche per un prete, oltre che per un qualsiasi laico, sarebbe possibile una unione mistica con una donna, anche abitando sotto lo stesso tetto.
Quando ho esposto a Mario Delpini questa proposta, ha farfugliato (forse l’unica cosa che ha detto in un’ora di colloquio): “È un tuo pallino!”. Avevo una risposta già pronta, ma ho preferito tacere, in attesa di tempi migliori, quando la Chiesa si aprirà allo Spirito santo. Con questa gerarchia non vi è ancora nessuna speranza di proporre qualcosa di profetico. Mi verrebbe da dire: castrazione nel corpo e nello spirito. Ecco il celibato proposto dalla Chiesa cattolica.
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da gazzettadimalta.com

L’arcivescovo Charles Scicluna:

I sacerdoti dovrebbero avere la possibilità di sposarsi

Gennaio 7, 2024
La Chiesa dovrebbe rivedere le sue regole per permettere ai sacerdoti cattolici di sposarsi, ha dichiarato l’arcivescovo Charles Scicluna a Times of Malta.
I tempi sono maturi per “discutere seriamente la questione” e “prendere decisioni in merito”, ha detto, aggiungendo di averne già parlato apertamente in Vaticano, ma riconoscendo che in definitiva non è lui a decidere.
“È probabilmente la prima volta che lo dico pubblicamente e ad alcuni sembrerà eretico”, ha detto l’arcivescovo, che è anche un rispettato funzionario del Vaticano.
“Perché dovremmo perdere un giovane che sarebbe stato un ottimo sacerdote solo perché voleva sposarsi? E abbiamo perso buoni sacerdoti solo perché hanno scelto il matrimonio”.
La regola secolare del celibato sacerdotale è stata discussa pubblicamente per decenni, ma finora le autorità ecclesiastiche locali l’avevano sempre difesa, insistendo sul fatto che la vita di un sacerdote deve essere dedicata esclusivamente alla Chiesa e alla sua comunità.
In un’intervista rilasciata questa settimana a Times of Malta, Scicluna ha riconosciuto che il celibato ha e continuerà ad avere un posto nella Chiesa, ma ha detto di aver imparato dall’esperienza che anche ai sacerdoti dovrebbe essere data la possibilità di sposarsi, proprio come nelle Chiese cattoliche di rito orientale.
“Era facoltativo per il primo millennio di esistenza della Chiesa e dovrebbe tornare ad esserlo”, ha detto.
“Un uomo può maturare, avere relazioni, amare una donna. Allo stato attuale, deve scegliere tra lei e il sacerdozio, e alcuni sacerdoti lo affrontano impegnandosi segretamente in relazioni sentimentali”.

Preti che hanno figli

Alcuni di loro hanno avuto una relazione sentimentale per anni e altri hanno addirittura avuto segretamente dei figli da quelle relazioni.
“Questa è una realtà globale, non accade solo a Malta. Sappiamo che ci sono sacerdoti in tutto il mondo che hanno figli e penso che ce ne siano anche a Malta”, ha detto.
Il 64enne arcivescovo e avvocato non è un prelato ordinario. Oltre a dirigere la Chiesa di Malta, ricopre anche una delle posizioni più influenti in Vaticano, quella di Segretario Aggiunto del Dicastero per la Dottrina della Fede della Santa Sede.
Se dipendesse da lui, rivedrebbe la norma per permettere loro di sposarsi, ma ha riconosciuto che è solo il Papa ad avere l’ultima parola su queste questioni.
Questa è una realtà globale, non accade solo a Malta. Sappiamo che ci sono sacerdoti in tutto il mondo che hanno figli e credo che ce ne siano anche a Malta”, ha detto l’arcivescovo.
La Chiesa cattolica romana, nel suo rito latino, è l’unica religione cristiana che richiede a tutti i suoi sacerdoti di essere celibi – di astenersi dal matrimonio e dalle relazioni sessuali.

Ma non è sempre stato così.

Per il primo millennio dopo la morte di Gesù, i sacerdoti erano generalmente autorizzati a sposarsi e ad avere figli. È stato nel XII secolo che la Chiesa ha introdotto definitivamente la regola.
Ma è solo una regola – non un dogma della Chiesa – e quindi può essere cambiata da Papa Francesco, anche se l’87enne Pontefice non sembra ancora convinto.

Il Vaticano ci è andato vicino nel 2019

Il Vaticano è andato molto vicino a cambiare la regola nel 2019, quando il Sinodo dei vescovi ha votato a stragrande maggioranza per consentire agli uomini sposati della regione amazzonica di diventare sacerdoti per aiutare a soddisfare le esigenze della Chiesa in quella regione.
Ma nonostante assomigli a un parlamento di vescovi, il Sinodo non è un’autorità decisionale e l’ultima parola sui cambiamenti delle regole nella Chiesa è nelle mani di Francesco, che non ha portato avanti il cambiamento.
L’arcivescovo ha detto, tuttavia, che il Papa ha ragione nell’insistere sul fatto che tale cambiamento non dovrebbe servire a mitigare la crisi delle vocazioni.
La vocazione ha tutto a che fare con la fede e il rapporto di una persona con Dio, e le regole non dovrebbero essere cambiate solo per attirare più uomini al sacerdozio o per colmare le lacune.
Conosciuto negli ambienti ecclesiastici come il più rispettato esperto di crimini sessuali del Vaticano, Scicluna gode di una rispettabile reputazione tra i vertici della Santa Sede e viene spesso chiamato da Papa Francesco per avviare indagini su alcuni dei casi di abuso di più alto profilo internazionale nella Chiesa.

5 Commenti

  1. V. S. ha detto:

    Trovo giusto che i sacerdoti possano sposarsi e avere figli, anche perché spesso parlano di relazioni sentimentali e di famiglia senza averne la minima esperienza. Sono uomini come gli altri, è giusto che possano vivere come gli altri. E sarebbe ora che la chiesa si decidesse anche ad accettare il sacerdozio femminile e quindi a riconoscere la piena parità uomo-donna. Non vedo per quale ragione una donna non possa celebrare la messa: a parità di preparazione e intelligenza uomini e donne devono avere accesso a qualsiasi ruolo anche nella chiesa.

  2. Martina ha detto:

    È molto importante come discorso e potrebbe cambiare molte cose. Allo stesso tempo comporta una elevata maturità in quanto uomini e donne e una elevata maturità spirituale.
    Don Giorgio fa da tempo un discorso che va in questa direzione.
    Ciò che si evince è invece una sempre più immaturità specie nei giovani e questo non porta ad andare avanti.

  3. Luca ha detto:

    Da tempo rifletto sull’argomento alla luice di quanto vedo avvenire nella mia comunità parrocchiale, e rispetto al titolo ribalterei la frase: non tanto “permettere ai preti di sposarsi”, ma piuttosto “ammettere al presbiterato uomini maturi sposati” quelli che tradizionalmente si chiamano “VIRI PROBATI”.
    Accade sempre più spesso che i preti novelli siano umanamente e pastoralmente inadeguati alle funzioni che gli sono assegnate (funzioni di fatto “apicali” nella comunità cristiana): non per chissà quale indegnità ma perché quella maturità umana e di fede che sarebbe richiesta, oggi antropologicamente giunge in età molto più matura (oggi un trentenne è ancora “un ragazzo” sotto molti aspetti umani!). Sarebbe come se un novello ingegnere, solo perché ne ha il titolo, la settimana dopo la laurea venisse mandato a dirigere uno stabilimento. Ovviamente farebbe solo disastri. Come fanno disastri tanti preti che hanno assunto la direzione di un oratorio o di una qualche entità pastorale di cui nulla sanno, solo perché il vescovo ce li ha mandati appena ordinati.
    D’altra parte abbiamo (non sempre, non molti, ma talvolta) religiosi, suore, o laici, tutti non ordinati al presbiterato, che da tanto tempo di fatto supportano la comunità con dedizione e competenza; penso alle nostre comunità ma penso soprattutto alle comunità cristiane in terra di missione dove un “catechista” ha di fatto la piena responsabilità di una comunuità (dove il prete arriva magari una volta all’anno di passaggio). Ebbene cosa manca a queste persone perché possano ricevere l’Ordine e amministrare i sacramenti?

  4. Simone ha detto:

    Un discorso che mi lascia sempre molto perplesso. Se una persona si sente chiamato al servizio di sacerdote, rinuncia per la promessa del celibato? Cioè per questo aspetto uno rinuncia a quella che intravede come la vocazione per la propria vita? Si condanna ad una infelicità perché non è sicuro di saper rispettare il celibato?
    Ritengo una privazione inutile e son aperto alla rimozione del vincolo ma non è di certo la soluzione alla diminuzione delle vocazioni.
    Poi, mi sembra, che tra perpetue e collaboratrici varie al prete ronzano intorno fin troppe donne…sarà il fascino dell’uomo di potere.
    Ma potrei chiedere a questi arcivescovi di spostare la discussione su un altro livello? Magari chiedendosi come evitare che i preti giovani perdano tempo in frivolezza e nella continua ricerca della loro popolarità piuttosto che mettersi a servizio della comunità? Oppure come sradicare il tradizionalismo e la chiusura mentale nei preti giovani? Come poter togliere norme e precetti pre conciliari per aprirli ad una fede libera e matura?
    A me vengono in mente tanti problemi…il celibato è uno degli ultimi. Perché sposati o no, con figli o no se uno è un prete imbecille rimane imbecille anche senza il celibato. Questo è il veri problema.

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