
dal Corriere della Sera
Sala: il Pd punti a vincere
e non pensi ancora alle alleanze.
Il governo trascura Milano
di Maurizio Giannattasio
«Il voto delle Europee? Schlein avanti comunque. L’Autonomia così è sbagliata, le città non esistono. Meloni dovrebbe venire di più, ministri assenti. Sul fine vita legge nazionale, non ognuno per sé»
La sferzata al Pd, la «follia» dell’autonomia differenziata, l’assenza del governo e di Giorgia Meloni da una città centrale per il Paese che se da un lato anticipa le difficoltà dall’altra individua le soluzioni. L’ultima tappa del Corriere delle città con il vicedirettore Venanzio Postiglione e Maria Serena Natale porta a Milano.
Sindaco Beppe Sala come sta la città?
«Sono di parte, ma rispetto a 20 anni fa Milano sta meglio, una città sempre più internazionale, con settori come quello delle università in grande crescita. Poi ci sono i problemi comuni alle grandi città come il caro affitti, la sicurezza, la stessa qualità dell’aria. Il mio rammarico è che le analisi non sono quasi mai tecniche ma ideologiche. Prendiamo l’aria: dal 2000 il Pm si è ridotto del 50 per cento. È sufficiente? Certo che no, ma un miglioramento c’è stato».
Il Senato ha dato il via libera all’autonomia differenziata. Le piace o non le piace?
«Non mi piace perché non considera le grandi città. Penso sia una follia il rischio di avere venti politiche energetiche diverse. Il tema dell’autonomia sta portando incredibilmente tante regioni a differenziarsi su questioni fondamentali. Rispetto l’amico Bonaccini che sul fine vita dice “lo regolamento io perché non lo fa lo Stato”. Ma è pensabile che in 20 regioni ci siano 20 diverse leggi sul fine vita? Io sono a favore di una regolamentazione e ritengo che siano molti i casi in cui è lecito togliersi la vita, ma è pensabile che se un milanese sente questo bisogno debba prendere la residenza in Piemonte perché magari lì è permesso e in Lombardia è vietato?».
Un altro aspetto della mancanza di una legge nazionale riguarda la trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali. Che strumenti hanno in mano i sindaci?
«Anche qui faccio una domanda: ma quindi si possono fare registrazioni a Brescia e non a Milano perché la procura di Brescia è favorevole? Serve una regolamentazione. Ricordo che una volta a Palazzo Chigi incontrai Giorgia Meloni particolarmente alterata perché ero stato a Bruxelles a difendere le trascrizioni. “Capisco — mi ha detto — ma perché non ne hai parlato con me?”. Perché le cose non si stanno muovendo è stata la mia risposta».
Come sono i rapporti con il governo Meloni?
«Non possono che essere critici su alcune cose. Posso dire che le dita di una mano sono troppe per contare i ministri che sono venuti qui. È un governo assente dal territorio. La premier idem. Le ho chiesto più volte di venire a Milano perché è la città dove le cose accadono e dove i problemi si evidenziano, ma anche il luogo dove si sviluppa l’energia imprenditoriale, culturale e creativa».
Chi sono i ministri «assenti».
«Facciamo prima al contrario. Chi è venuto a Milano in questi mesi? Piantedosi, Sangiuliano, con cui ho il dossier della Scala, e Abodi».
Il ministro Salvini che ha casa a Milano?
«È notorio che il mio rapporto con il ministro Salvini non sia sempre semplice. Ma è evidente che se Salvini sta a Milano e mi dice parliamo della metropolitana ci si parla e si cerca di trovare una soluzione».
A proposito di ministri milanesi, Valditara è intervenuto sull’occupazione del liceo Severi dicendo che gli studenti devono pagare i danni. È d’accordo?
«Non avendo figli ma vivendo con la mia compagna, che ne ha tre che studiano tra liceo e università, penso che con i ragazzi si debba dialogare, ma penso anche che chi fa un danno debba pagare. Ma non si vive di sola repressione».
Veniamo al centrosinistra. Come sta il Pd, cosa non va?
«Non va soprattutto la scarsa voglia di vincere che alberga all’interno del partito. C’è la volontà di rimanere su un terreno di conferma dei valori del proprio elettorato vero o presunto. Ci si prende pochi rischi. Però se ti assumi pochi rischi rimani al 20 per cento. L’Italia ha bisogno di un Pd forte. Vorrei vedere più aggressività nella volontà di vittoria. Poi è chiaro che per vincere bisogna essere in coalizione e qui cominciano i dolori. Se dovessi fare un invito alla coalizione potenziale direi due cose. Primo: cercare ciò che ci unisce al posto di andare a cercare ciò che ci divide. Secondo: dimenticare al momento tutte queste storie sul federatore. Oggi il tema non si pone».
Tra i nomi dei potenziali federatori c’è anche il suo…
«Il mio mandato da sindaco dura ancora tre anni che in politica sono un lasso di tempo enorme. Ho voglia di fare politica, ma dalla vita ho avuto veramente tantissimo. Sono più alla ricerca del senso che del potere. Ne parlavo nei giorni scorsi con Prodi. Anche a lui dicevo che bisogna trasmettere la volontà di vittoria e di rappresentare veramente un’alternativa. Oggi vedo un po’ di accondiscendenza verso il nostro elettorato, non prendersi mai rischi e dire sempre la cosa giusta. Non va bene. Schlein ha un compito molto difficile».
Come valuta la possibile candidatura di Schlein alle europee?
«Deciderà lei, in autonomia e penso che deciderà per il bene del partito. Ma ritengo intollerabile che le elezioni europee vengano percepite come la prova definitiva della verità su Schlein. Deve continuare a lavorare. Non sarebbe né saggio né corretto immaginare che di fronte a un risultato non eccellente si cambi segreteria».
È così difficile allearsi con i 5 Stelle?
«È difficile se non si ha voglia di cercare di capire persone e logiche. Sono stato molto criticato perché parlavo con Di Maio. Se uno si ferma al Di Maio che diceva di aver abolito la povertà è subito finita. Ma se uno cerca di capire magari… Le differenze ci sono. Credo che il Pd debba aspirare a una crescita sua quasi a prescindere dai 5 Stelle e poi i conti sulla coalizione si faranno più avanti».
Salvini insiste sul terzo mandato per i governatori. Se valesse anche per i sindaci che cosa farebbe?
«Per fare questo lavoro ci vuole un’energia psicofisica non indifferente. Dopo 11 anni da sindaco e 5 di Expo immagino che sarò abbastanza stanco. Poi tutto può essere, ma ormai nella vita ho fatto molto di piu di quello che avrei potuto fare. Se però penso ai dossier che ho sul tavolo, da San Siro, al rinnovo dei vertici della Scala, al contratto della polizia locale, confesso che dormo male. So anche che nei momenti difficili divento più pugnace. È un lavoro veramente faticoso ma non mi sono mai pentito di aver fatto questa scelta. Sono un uomo più felice ora di quando facevo il manager».
Milano delle fabbriche, Milano del terziario, Milano di Expo. Quale sarà la Milano del futuro?
«La Milano del futuro è una città che lavora sulla creatività e l’innovazione, facendo tesoro di tutto quello che ha. Questa è la parte buona. Poi bisogna tenere conto della sensibilità dei cittadini, dall’ambiente alla sicurezza che è un diritto. C’è molto da lavorare. A partire dal costo degli affitti. Ma non è vero che la gente scappa da Milano, è vero il contrario».
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dal Corriere della Sera
Milano, il sindaco Sala:
«Quadrilatero chiuso alle auto private
entro l’estate.
E limite a 30 all’ora davanti alle scuole»
di Chiara Baldi
L’intervista per il Corriere delle città: «Se Inter e Milan vanno via cosa faccio con lo stadio? Dovrò metterlo in vendita»
Milano «non è più la stessa di 20 anni fa» ma non è ancora quella che Beppe Sala ha in mente e che, invece, dovrà essere realizzata negli ultimi tre anni del suo secondo mandato. Una città con strade — ma «non tutte» — a 30 chilometri all’ora soprattutto in prossimità delle scuole, con un centro «allargato vietato alle auto private». Il sindaco intervistato per Il Corriere delle città dal vicedirettore Venanzio Postiglione e da Maurizio Giannattasio e Maria Serena Natale illustra le sfide.
La mobilità
La principale è quella della mobilità urbana che si intreccia con la qualità dell’aria: «Entro agosto ho due obiettivi: il primo è chiudere il Quadrilatero “allargato”, fino all’ultima parte di corso Venezia, al traffico privato. Non ancora un’isola pedonale, ma il traffico privato non potrà entrarci». Il secondo obiettivo è «portare quante più strade dove ci sono scuole a 30 all’ora». Iniziative che «daranno origine a polemiche ma noi andiamo avanti». Poi, si procederà «a togliere», sempre nel Quadrilatero, «qualunque parcheggio di superficie» pur concedendo esenzioni a «chi ha un garage, taxi e Ncc e il carico-scarico».
La diatriba con i «ghisa»
Ma non nasconde, Sala, le «problematiche» che la città sta vivendo. A cominciare dalla sicurezza, con la trattativa in corso con «la polizia locale e i suoi rappresentanti sindacali» per portare in strada più «ghisa» nei turni notturni e serali. «Ad oggi — spiega — c’è un accordo che risale al sindaco Albertini e che tiene in considerazione la somma dell’età anagrafica del vigile e del numero di anni di servizio: quando si arriva a certo livello, i turni notturni e serali sono molto diradati». Un principio che Palazzo Marino contesta perché «oggi la città non è quella del 2002: i turisti son raddoppiati, Milano è molto più complessa e richiede una gestione diversa. Noi oggi assumiamo ma, mentre una volta i neoassunti erano giovani, oggi hanno in media 30 anni e quindi molto rapidamente, sommando età e età di servizio, dopo 10-15 anni di sere e notti ne fanno poche». Il dossier sui vigili è affidato a Franco Gabrielli, delegato del sindaco alla Sicurezza: «Non sarà un confronto semplice ma questo è quello che c’è da fare per portare più vigili in strada».
Lo stadio
Tra i «dossier» che «non mi fanno dormire la notte», c’è ovviamente anche quello dello stadio Meazza che, ipotizza per la prima volta lo stesso Sala, rischia di essere messo in vendita se Inter e Milan — che intanto procede a grandi falcate verso la costruzione di un nuovo impianto a San Donato Milanese — non accetteranno di ristrutturarlo. «Non è semplice oggi fare uno stadio in un territorio molto urbanizzato», ammette Sala che considera «legittimo che i club cerchino di fare un altro stadio perché si patrimonializzano». Tuttavia, «è doveroso che io difenda San Siro, anche perché se vanno via cosa faccio con lo stadio? Dovrò metterlo in vendita».
Città «carissima»
E poi ancora il caro-affitti, altro «problema che colpisce Milano e le tutte le grandi città» perché collegato alla presenza sempre più forte di affitti brevi (oggi in città sono presenti circa 25 mila tra alloggi e case sulla piattaforma AirBnb). «È scandaloso — attacca — che il governo assuma un atteggiamento ultra liberista» anche perché «il dossier e la trattativa con i sindaci sono affidati alla ministra del Turismo, Daniela Santanchè, che ha lo scopo di aumentare il turismo». Eppure, «è possibile che non siamo riusciti a usare i fondi Ue per un piano casa incisivo?».
Le critiche al governo
Proprio all’esecutivo di Giorgia Meloni «assente dal territorio» riserva le maggiori critiche sebbene si consideri uno «con un atteggiamento collaborativo: «Posso dire che le dita di una mano sono anche troppe se penso quanti ministri sono venuti a Milano per ascoltare i problemi che ho e le opportunità che posso offrire». In particolare cita i ministri «Piantedosi (Interno), Sangiuliano (Cultura) con cui ho dossier della Scala non semplice da gestire e Abodi (Sport)». Mentre con Salvini «è notorio che il rapporto non è semplice ma se mi dice “parliamo della metropolitana o di altro” si parla e si cerca di trovare una via».
Il rimpasto di giunta
Infine, la politica, che lo ha fatto riscoprire «un uomo oggi molto più felice di quando facevo il manager». Eppure, esclude sia di fare il federatore del centrosinistra sia di correre per una terza volta per Palazzo Marino, neanche nel caso in cui la legge — che oggi impone uno stop dopo due mandati — venga modificata. E quindi, ha già in mente il suo successore? Sala non risponde ma ricorda che «le primarie non sono un dogma, anche se io le ho fatte e non mi sono lamentato. Non credo che siano indispensabili». Intanto l’orizzonte politico più prossimo con cui anche Milano farà i conti è quello delle Europee che potrebbero provocare un cambio nella squadra di Sala. «Si parla di una candidatura dell’assessore Pierfrancesco Maran e se viene eletto chiedo ai partiti di condividere l’idea che si debba proporre una squadra più forte. Quindi non usare il manuale Cencelli». E lancia un avvertimento proprio al Pd, il partito più forte a Milano: «Togliamoci dalla testa che se esce uno del Pd entra uno del Pd. Può essere — conclude — ma entra uno capace, per me è legittimo fare le scelte migliori per la città».
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