L’EDOTORIALE di don Giorgio I mass media locali… che pena! È sempre imbarazzante “dover” parlar male dei mass media. Almeno per me lo è. Se da una parte ne invoco...
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GESÙ SUSSULTÒ DI GIOIA LA GIOIA NELLO SPIRITO SANTO È QUELLA INTIMA, QUELLA CHE VIENE DAL PROFONDO E NON È PROVOCATA DA NESSUN FATTO ESTERNO. LA VERA GIOIA ALBERGA...
⇒ C’è culto e Culto ⇒ Sulle apparizioni della Madonna a Medjugorye ⇒ Cellulari, tablet e smartphone sì o no per i ragazzi ⇒ Comunione e Liberazione e...
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Ho visto anche io il video, ho letto con attenzione i commenti riportati sotto. Mi ha commosso leggere quello del signor Simone che evidenzia attraverso i fatti una realtà che accade senza troppi timori vicino a noi. Don Giorgio, credo, sappia cosa vuol dire tutto questo e vedere da fuori é imbarazzante l’ipocrisia che dilaga tra questa diocesi e questa Chiesa cattolica.
I problemi evidenziati nel video sono la realtà di una struttura che é tutta apparenza e niente altro e che sa ben parlare ma in quanto fatti fa ciò che meglio conviene.
Talmente coperta da tanti strati di polvere é proprio come un grosso animale privo dell’essenza vitale.
Dei pastori timorosi ma anche convinti di stare facendo il giusto e che non cambieranno di sicuro adesso. Sono il riflesso di loro stessi interiormente.
In tutta questa nostra società manca ciò che é stato tentato di offuscare e cioè lo Spirito e la cosa paradossale é che sia stato fatto proprio dalla stessa Chiesa che avrebbe dovuto invece diffonderlo.
Chi dice il Vero é condannato e rinchiuso, da sempre oramai si fa così.
Anche noi tutti dobbiamo iniziare a unirci e sostenere don Giorgio.
MaM ti ringrazio per la citazione.
Personalmente cerco di riportare ciò che appare evidente ai miei occhi. E non racconto storie, ciò che scrivo è dimostrabile. Non ho interesse nell’avere ragione o farmi bello; non a caso scelgo questo sito per rimanere lontano da riflettori o popolarità.
So che la curia milanese legge articoli e commenti qui riportati e non ho alcun problema nel giustificare ogni mia parola.
Negli ultimi anni il tracollo ha accelerato in maniera impressionante. Se 15 anni fa la probabilità di un prete mediocre era bassa adesso è altissima.
Il clero è demotivato e preferisce fare l’impiegato piuttosto che provare a guidare il gregge.
Ripeto, ho vissuto episodi che mi han lasciato senza parole.
Ormai è preferibile un penitente che ripete l’elenco dei soliti peccati senza alcun pentimento (condizione per cui non dovrebbe esserci assoluzione), che un penitente che si sforza di andare in profondità condividendo dubbi e debolezze.
Davanti ad una minima differenziazione, si cade nel deserto più assoluto. Il prete inizia a balbettare, a rispondere a monosillabi.
E lì si percepisce chiaramente la differenza tra chi fa un mestiere (spesso ripetitivo) e chi cerca di farsi prossimo. (andrò dal panettiere a chiedere consigli per la mia vita spirituale)
Io non voglio giudicare ma una ricetta esiste: togliere tutto quello che è gestione, organizzazione, … diciamo pure materiale. Il prete, a mio avviso, non è il responsabile del culto o il gestore dei beni parrocchiali. La sua vera funzione, con la vita, è indicare una via, sognare una società, adoperarsi per sostenere ed amare le persone.
Oggi sembra che una parrocchia o una diocesi, la si giudichi sul numero di proposte e sulla particolarità di queste.
A me pare che vada giudicata sulla possibilità di sostenere l’esistenza delle persone. Non abbiamo solo bisogno di impegnare il tempo, abbiam bisogno di capire, comprendere, di essere consolati e spronati.
Io non trovo più tutto questo e personalmente mi sento terribilmente solo.
Poi la Parola, la preghiera, il silenzio mi ridonano quello che la comunità non riesce più a dare. Troppa impegnata a fare altro.
Penso che parte di questo sia la mancanza che gli stessi preti sentono. Abbandonati, inascoltati, soli.
Niente di polemico, semplicemente una constatazione: il titolo conta poco, pochissimo. Le azioni concrete, la capacità di empatizzare e guardare agli altri edifica il cristiano. Il resto è un titolo unicamente materiale….valido solo per la gerarchia!
Chiesa mia, chiesa mia perchè mi ha abbandonato? E’ il grido di preti abbandonati dalla diocesi milanese. Cristi solo crocifissi. E la resurrezione? In contrapposizione preti giulivi come il loro vescovo. Presenti col corpo ma assenti nello spirito. Un immenso vuoto – dice Qoelet – un immenso vuoto, tutto è vuoto! Come contraddirlo? Caro vescovo Mario, non vedi questa realtà con i tuoi occhi? Se la vedi e giri lo sguardo altrove non tradisci me come fedele, ma quel Cristo che è in te. Se non la vedi sei cieco e un cieco non può camminare davanti ai suoi fedeli. Abbi il coraggio di dimetterti come ha fatto Benedetto XVI. E’ meglio riconoscere il proprio fallimento come ha fatto il buon ladrone sulla croce accanto a Gesù che s’è guadagnato il paradiso. Come alternativa hai una vita giuliva ma arida. Una postilla. Una chiesa che non benedice tutti (vedi quella da negare alle coppie gay dalla nuova santa inquisizione) sarà costretta al trasformismo. Che bella prospettiva come resurrezione!
Ho visto il video e mi trovo d’accordo sulla totale mancanza di umanità, in primis nei riguardi dei preti.
Ci si attenderebbe un atteggiamento completamente diverso e coerente con quanto si predica costantemente dal pulpito.
Io credo non sia un problema di persone, certo alcune con spessore diverso riescono ad emergere da questo clima, ma piuttosto una forma mentis inculcata nel tempo del seminario. Il rispetto di norme, l’impossibilità di spingersi oltre ciò che viene imposto nello studio, la cieca obbedienza alla chiesa come istituzione sono imposizioni che “ingessano” il prete. Oggi c’è l’incapacità di costruire rapporti di amicizia e affetto tra preti; si frappone sempre il ruolo o una certa diffidenza rispetto al confratello.
I gesti sono intrisi di apparenza e ipocrisia.
La crescita umana dei preti mi sembra volutamente bloccata da un seminario che li fa uscire “mezzi uomini” per mantenerli più controllabili. In fondo crescono con la certezza di avere alle spalle una istituzione sempre pronta ad aiutarli e risolvere ogni loro problema….non affrontando mai singolarmente i problemi della vita.
Una amica suora Milanese ma in “missione” a Pozzuoli mi raccontava di due diversi approcci rispetto al caso di due preti conoscenti che han deciso di abbandonare il sacerdozio. A Pozzuoli il vescovo si è speso in prima persona per trovare un lavoro che rendesse indipendente l’ex prete. A Milano l’ex prete è stato oggetto di scherno, insulti e continui ingiustificati rimandi nella sua richiesta di dispensa. E’ dovuto tornare a vivere coi genitori e sopportare le risatine dei curiali che lo additavano di aver trovato una donna. Chiaramente il vescovo lo ha abbandonato al suo destino.
Vorrei così testimoniare che è un problema non universale ma certamente milanese. Si può vivere diversamente la fraternità tra preti.
I preti anziani, mi perdoni il termine, son considerati dei rottami da chiudere in casa, tarpandogli ali e bocca e sperando che muoiano presto. Sono un problema da anni ma nessuno spende tempo o risorse per rendere dignitoso l’ultimo tratto della loro esistenza.
Quando l’anno scorso, dopo la condanna, venne a trovarla mons. Delpini rimasi stupito e speranzosa. Poi mi chiesi: “serviva una condanna per ricordarsi di don Giorgio?”. E così è stato: ha avuto il suo giorno di celebrità don Giorgio, poi è tornato nel dimenticatoio. A lei non è riconosciuto il rispetto e l’attenzione che è doveroso verso ciascun essere vivente.
Oggi il prete ambrosiano dev’essere indaffarato, di corsa, oberato. Trasudare quell’eroismo che a loro solo conviene. Deve non aver tempo per niente e nessuno. Sfuggevole, liquido, impercettibile. Quando fai una domanda “oltre” sembri dare fastidio. Quando fai una confessione dove vai oltre l’elenco dei soliti peccati ti guardano come un extraterrestre. Che fede testimoniano? Quella del fare in obbedienza senza porsi alcuna domanda. Senza curarsi della loro crescita spirituale indispensabile per tutti.
A loro è stato insegnato a non ascoltare, a non aprirsi al dialogo col prossimo. L’ultima sessione del consiglio pastorale ha denotato come le “istituzioni” delle comunità pastorali operino in modalità invertita. L’organo del consiglio, che dovrebbe aiutare nelle scelte viene coinvolto a scelte fatte. La diaconia che dovrebbe elaborare ciò che il consiglio suggerisce, decide senza consultare il consiglio. Segno di un clericalismo sempre più imperante dove il parroco è imperatore e gli altri burattini che van bene solo quando fanno la sua volontà.
Altrimenti in esilio, isolati, calpestati coi mezzi più infimi.
Questa è la nostra chiesa milanese.
Chiaramente pochissimi parlano…quei pochi finiscono segregati in casa o in qualche paesino di montagna…