Lo chiamavo “mummia”, ora non ho più parole!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Lo chiamavo “mummia”, ora non ho più parole!

Lo chiamavo “mummia”, oggi forse dovrei cercare un altro termine, per dare almeno una certa idea di un “nessuno” che vorrebbe a tutti i costi essere “qualcuno”.
Poteva restare almeno “nessuno”, giustificando la propria nullità in nome di quella umiltà che da sempre ha reso “grandi davanti a Dio” quei poveri in spirito che nessuno considera, ma che trovano nell’Onnipotente almeno una buona ragione per continuare nobilmente una missione, come quella di guidare un gregge, con gli occhi di una fede tanto umile quanto apparentemente insignificante.
Numerosi vescovi sono passati nel silenzio più tombale, lungo la storia di una Diocesi che, essendo millenaria, perdona tutti, anche i più miserevoli servi di un Dio che forse aspetta questi momenti per farsi un po’ valere.
No, lui vorrebbe essere “qualcuno”, per passare alla storia come colui che ha scelto di trotterellare ovunque, rendendosi anche ridicolo, per non dire osceno, ma per lui questa è una buona ragione per farsi notare, per dire: “ci sono”, “conto”, “questo è un mio originale stile pastorale” che passerà alla storia.
Lo critichi? E giustamente, e con tanto ardore, come di un figlio che vorrebbe che il padre mantenesse almeno un certo decoro! E lui che fa? Fa lo gnorri, neppure lo sfiori, resta assolutamente indifferente, come se non avesse alcun sentimento, emozione, istinto di reazione. Un asessuato! Ma almeno fosse umano! No, lui non è umano, è di un altro pianeta ancora da identificare.
Eppure scherza, ride, parla, sembra avere amicizie anche “particolari” (e pensare che ai tempi del seminario le rigide regole cosiddette di San Carlo le proibivano come pericolose, morbose, diaboliche da evitare assolutamente!), fa battute più o meno idiote, è ironico a modo suo, magari sarcastico fuori posto, insomma dimostra di avere qualche grammo di intelligenza. Beh, appena tiene omelie, allora entra in un circolo verbale dove l’arte oratoria attinge a qualcosa di talmente noioso, di vacuo da rendere enigmatica la fonte da cui attinge, lasciando ogni volta gli uditori incapaci di una qualsiasi rispondenza anche solo fisica. Che fare, quando le ricorrenze ufficiali ci obbligano a subire ogni angheria di un “quaquaraquà” rivestito di un ruolo istituzionale, che fa come da cappello sopra la testa di un nanerollo?
Lo critichi di nuovo? E lui prende ogni critica con filosofia, come una buona ragione per continuare a fare la trottola, perché questa è la sua scelta pastorale, che lo contraddistingue, tanto più che nessuno, nel campo della gerarchia ecclesiastica, più di lui era finora riuscito a rendersi così ridicolo, osceno, una trottola impazzita.
Ma forse indirettamente sto incensando uno a cui di intelligenza è rimasto nemmeno l’ombra dell’ombra dell’ombra dello Spirito, che quando passa lascia se non altro qualcosa di Proprio.
Ma deve avere però qualcosa di diabolico, se è vero che quando parla o agisce o sceglie o fa proposte sembra un galletto che canta per richiamare all’ordine un disordine da lui creato.
Se le canta e se le suona, restando all’ombra del suo ego che, piccolo o grande, sa sempre gonfiare il petto anche dei pargoli di mente.
Ma ciò che dovrebbe fare incazzare qualsiasi prete ambrosiano è quel voler da parte del “suo” vescovo screditare l’autorevolezza del Duomo, e tutto per evitare di sentirsi un miserevole, visto che il Duomo con lui ha già perso autorevolezza. Lontani i tempi di Martini! E allora, se c’è la festa della Pentecoste: che fa? Celebra qualche Messa, una non ne basta mai, in qualche parrocchia di Milano, così la magra figura di celebrarla in Duomo al freddo e al gelo è evitata. Ma il Duomo è umiliato! Che importa a lui? Si è tolta dal suo cuore la Cattedrale, come si è spogliato di un cardinalato che forse l’opprimeva rendendolo ancor più ridicolo!
Ma c’è di più. Quando c’era Bergoglio – che la sua anima riposi nella pace del Signore! – si notava poco il contrasto tra un papa “barlafus” e un vescovo proprio a sua immagine e somiglianza, ma oggi, con l’avvento di Papa Leone, il contrasto sembra abissale. D’altronde siamo ancora qui a chiederci come papa Francesco abbia potuto punire così tanto la Diocesi milanese, nominando come successore di Angelo Scola (già lui con qualche problema psichico tanto da richiedere sedute psicoanalitiche), il suo braccio destro, lo stesso Vicario generale, detto la Mummia. Qualcuno maliziosamente, forse dicendo la verità, sussurrava che la scelta della Mummia sia stata un compromesso, visto che Angelo Scola avrebbe “imposto” (segno inequivocabile del suo squilibrio mentale!) come successore un altro ciellino. Non bastava lo scandalo “Roberto Formigoni”, detto il Celeste (perché lo chiamavano così? forse per il candore della sua anima?), e non bastavano gli scandali che coinvolgevano la Compagnia delle Opere, implicata in loschi affari, che continuano ancora oggi. Ma al piccoletto va bene così, a lui piacciono le cose strane, purché egli abbia l’occasione di intrecciare stile suo una omelia senza né capo né coda.
Dalla prima comparsa sul balconino, in quella serata magica, appena eletto papa, come successore di papa Francesco, chi non ha notato la nobiltà e la compostezza di Papa Leone? Dopo il primo disorientamento per un nome, forse mai sentito prima, la gente iniziò ad apprezzarlo, quasi mettendo in ombra il papa precedente che ebbe, con esagerazioni fino all’inverosimile, un elogio di esaltati come quando ragazzine e ragazzine urlano per il loro idolo preferito.
Forse il “piccoletto” ambrosiano ora non potrà più competere: ma voi pensate che finalmente lo assalga una crisi esistenziale? Imperterrito continua a fare la trottola, anzi accelera i suoi ritmi assumendo più impegni giornalieri (tre o quattro), preferendo anche luoghi, qualche santuario, dove sa che c’è un rettore il cui volto già dice tutto.
Che fare? Tacere, subire, piangerci addosso, mugugnando privatamente, aspettando che fra due anni tutto finisca nel peggior modo possibile?
Ma questa diocesi, “mia” nonostante tutto, non dà segno almeno di quel minimo di naturale istintiva reazione, che anticamente spingeva gli spiriti liberi, allora ce n’erano, sfidando il potere e l’indifferenza generale?
Sembra che da qualche anno un virus, ben peggiore del Covid, si sia impossessato di un clero che neppure reagisce, magari prendendo qualche medicina, tipo qualche iniezione di Spirito santo.
14 giugno 2025
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