da L’Unità
13 Agosto 2024
L’analisi del giornalista su Haaretz
Bambini massacrati e uccisioni di massa a Gaza:
Israele giustifica tutto
con i centri di comando di Hamas
Minimizzando il numero delle vittime, ribadendo che Hamas usa scuole, ospedali, per farne propri centri di comando. La tesi dell’Idf, portata all’estremo, del diritto-dovere di difesa. Che tutto giustifica, che tutto legittima
di Umberto De Giovannangeli
C’è chi prova a giustificare la mattanza di bambini. Senza pudore. Lo denuncia Gideon Levy su Haaretz. Scrive Levy: “Ancora una volta, non è stato intenzionale. Ancora una volta, non è stato un genocidio, assolutamente non è stato un genocidio; dopo tutto, il genocidio non è determinato solo dall’orribile numero di vittime ma anche dall’intento, e questa volta non c’è stato alcun intento genocida, dopo tutto. Quando due settimane fa Hezbollah ha ucciso 12 bambini a Majdal Shams, Israele si è scatenato: ‘massacro’, ‘omicidio’ e ‘indicibile crudeltà’. Qualcuno in Israele pensava davvero che Hezbollah avesse intenzione di uccidere 12 bambini drusi nelle alture occupate del Golan? Ma per quanto riguarda gli Hezbollah, la questione delle intenzioni non si pone mai: sono sempre assassini. Se 12 bambini drusi sono stati uccisi, significa che Hezbollah aveva intenzione di ucciderli”. Ma Israele, no, “l’esercito più etico al mondo” non può macchiarsi, deliberatamente, di sangue innocente.
Annota Levy: “Le forze di Difesa israeliane sono una storia diversa. Hanno la purezza delle armi. Non è un assassinio. Ma le persone uccise sabato nella scuola Tab’een di Gaza City sono state uccise esattamente come i bambini di Majdal Shams sono stati uccisi nel loro campo di calcio – e la colpevolezza dell’omicidio è identica. Negli ultimi 10 giorni l’Idf ha bombardato otto scuole, uccidendo un numero di sfollati a due cifre in ciascuna di esse. Un record è stato stabilito sabato mattina presto, quando circa 100 persone sono state uccise mentre si preparavano per la preghiera dell’alba nella moschea adiacente alla scuola. Alcune delle vittime erano arrivate solo di recente, dopo essere fuggite dal loro precedente rifugio che era stato bombardato. Alcuni di loro avevano perso parte delle loro famiglie, che ora sono state cancellate per sempre”. “Le immagini trasmesse da al-Jazeera – rimarca Levy – erano scioccanti: ragazze adolescenti che piangevano alla vista dei corpi dei loro genitori, coperte sintetiche colorate avvolte intorno alle parti del corpo di diverse persone. Il portavoce dell’Idf ha rilasciato le sue solite dichiarazioni, che nessuno al mondo si beve più: “Prima dell’attacco sono state adottate numerose misure per mitigare il rischio di danneggiare i civili, tra cui l’uso di munizioni precise, la sorveglianza aerea e le informazioni di intelligence”.
“Anche il tentativo di sostenere che i palestinesi sovrastimano le cifre delle vittime perché il ministero della Salute palestinese è controllato da Hamas è patetico. Il ministero della Salute israeliano è controllato dal partito Shas. E allora? L’esercito non è mai stato in grado di confutare in modo significativo il ministero della Salute palestinese”. Eppure, ci ha provato. Minimizzando il numero delle vittime, ribadendo, come tante, troppe volte è accaduto in dieci mesi di guerra, che Hamas usa scuole, ospedali, per farne propri centri di comando. La tesi, portata all’estremo, del diritto-dovere di difesa. Che tutto giustifica, che tutto legittima. D’altro canto Netanyahu non ha rimosso, e neanche stigmatizzato, il ministro – Bezalel Smotrich, uno dei leader dell’estrema destra – che ha pubblicamente dichiarato che “affamare due milioni di gazawi non è immorale, tutt’altro”.
Levy va controcorrente e accusa: “È già impossibile accettare queste assurdità. Anche le storie sui centri di comando di Hamas nelle scuole sono difficili da digerire: l’esercito israeliano non ha ancora presentato nemmeno una prova concreta dell’esistenza di un centro di comando in nessuno degli otto rifugi colpiti. Questo è ovviamente irrilevante per gli israeliani, che giustificano tutto in anticipo; tutto è etico, ma nessuno oltre a loro è ancora disposto ad accettarlo. Anche se esistesse un ‘centro di comando’ – un termine vago — non c’è alcuna giustificazione per l’uccisione di decine di persone indifese, indigenti e spaventate, tra cui molti bambini. Non tutti i ‘centri di comando’, che a volte sono singoli poliziotti di Hamas nascosti, giustificano uccisioni di massa. In realtà, mai. Quando questo accade otto volte in dieci giorni, è evidente che esiste una politica. Una politica intenzionale di crimini di guerra”.
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da www.repubblica.it
14 AGOSTO 2024
Lo strazio del papà di Gaza:
torna dopo aver registrato i suoi gemelli neonati
e scopre che sono stati uccisi insieme alla madre
dalla nostra inviata Gabriella Colarusso
I bambini e la loro madre morti a Deir al Balah. La donna, una giovane farmacista, pochi giorni fa scriveva sul suo profilo Facebook: “Appena riapre il valico dobbiamo fuggire da qui”
BEIRUT – “Vi prego, vi prego, fatemeli vedere, fatemeli vedere”, urla Mohammad Abu Al Qumsan, in un pianto disperato davanti all’ospedale dove gli hanno detto di aver portato la sua famiglia. Un amico cerca di calmarlo, lo stringe al petto, gli accarezza la testa, Mohammad continua a tremare nel video girato sul posto da una freelance che collabora con la Cnn.
Martedì mattina Mohammad era andato in un ufficio di Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, per ritirare il certificato di nascita dei suoi due gemelli, Aysal e Aser, un maschio e una femmina, nati quattro giorni prima. Glieli avevano appena consegnati quando arriva una telefonata: “Un missile israeliano ha colpito l’appartamento della tua famiglia”. Aysal, Aser e la loro mamma, Jumann erano già morti, ricostruisce l’emittente americana. Nel raid sono rimaste uccise altre persone di cui non si conosce l’identità. L’esercito israeliano, che afferma di colpire strutture militari e operativi di Hamas cercando di evitare vittime civili, non ha per ora commentato.
“Non so cosa sia successo”, ha raccontato l’uomo, secondo quanto scrive il Times of Israel . “Mi hanno detto che è stata una granata a colpire la casa”.
Jumann si era sposata un anno fa, a luglio, poco prima che scoppiasse la guerra. “Per sempre insieme”, scriveva su Facebook postando la foto del matrimonio. Era farmacista, laureata all’università al Azhar di Gaza, ma si era specializzata in cosmetica e insegnava alle ragazze come rifare il trucco. Il 10 agosto aveva condiviso la buona notizia dopo 10 mesi di odissea tra le bombe, la nascita dei due gemelli. “Grazie sorella, tanto amore per il tuo cuore dolce da me e dalle mie piccole noccioline”, rispondeva all’amica Isabella che le inviava congratulazioni e cuori. Un’altra amica, Jamila, aveva lanciato un crowdfunding per sostenerla. “Aiuta Jumann a partorire”.
La coppia palestinese, scrive l’Associated press, aveva seguito le indicazioni dell’esercito israeliano, lasciando Gaza city all’inizio della guerra per andare verso Sud, Rafah, che l’Idf indicava come zona sicura. Il 26 gennaio, Jumann scriveva: “Ci vorrà una vita in più per dimenticare questi anni. Ci vorrà un cuore più grande per sopportare tutto questo dolore”. A luglio, un nuovo spostamento forzato. “Ancora sfollati”, denunciava su Facebook. Destinazione Deir al-Balah, in uno dei pochi palazzoni ancora in piedi nel centro della Striscia.
Mohammed ha detto alla Cnn che credeva che quella decisione li avrebbe protetti dai bombardamenti incessanti. L’ultimo sforzo, far nascere i bambini e poi via da Gaza. Due giorni prima di morire Jumann aveva condiviso di nuovo il link per la raccolta fondi: “Non siamo al sicuro, questa non è una vita degna da esseri umani, abbiamo bisogno del vostro aiuto per evacuare appena il valico sarà riaperto”. I soldi adesso verranno usati per aiutare seppellirla con i suoi bambini.
Jumann era riuscita a portare avanti la gravidanza correndo enormi rischi perché a Gaza “il sistema sanitario è stato decimato ed è collassato e l’accesso tardivo alle cure rappresenta un rischio per la salute delle donne incinte e dei loro bambini”, dice Medici senza frontiere. A marzo il ministero della Sanità stimava che ci fossero circa 50mila donne in attesa di partorire. L’organizzazione mondiale della Sanità calcola una media di 180 parti al giorno, di cui il 15% ha bisogno di cure mediche aggiuntive per le complicazioni legate alla gravidanza.
Con oltre la metà degli ospedali distrutti, si partorisce ovunque, campi profughi, tende, piccole cliniche improvvisate dai cittadini senza medici o sanitari. Con tutto quello che comporta: emorragie post-partum, convulsioni, infezioni. Le “fortunate” che riescono a partorire in ospedale devono fare i conti con la scarsità di medicine e di energia elettrica che ha messo fuori uso le unità di terapia neonatale.
Le neomamme vengono dimesse poco dopo il parto, per far posto alle altre, senza poter avere il sostegno e le cure necessarie.
Dall’inizio della guerra a Gaza sono morti 40mila palestinesi, 16.400 bambini, 115 dei quali appena nati, 2.000 circa sotto i 2 anni, dice Euro-Mediterranean Human Rights Monitor.
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