La nuova missione di «Supermario» Draghi (ed ecco perché ha accettato l’incarico)

da Il Corriere della Sera

La nuova missione di «Supermario» Draghi

(ed ecco perché ha accettato l’incarico)

di Francesco Verderami
Si apre un periodo «complicato»: l’Unione non può pensare di tornare alle regole del passato
Raccontano che Ursula von der Leyen l’abbia chiamato dopo aver letto il suo articolo sull’Economist, nel quale Mario Draghi lanciava l’allarme sulle sorti dell’Europa e avvisava che l’Unione non può pensare di tornare alle regole del passato. Perché correrebbe il rischio di non avere futuro.
Ed è al termine di quel colloquio che la presidente della Commissione ha proposto all’ex presidente della Bce di stilare un rapporto sul «futuro della competitività europea», a fronte delle sfide sul lavoro, l’inflazione e l’ambiente commerciale. Draghi ha accettato l’incarico e ha atteso che von der Leyen lo ufficializzasse ieri, nel suo discorso all’Europarlamento sullo stato dell’Unione.
All’atto dell’annuncio, tutti si sono dapprima concentrati sul ritorno in campo di «Supermario», riaprendo per qualche ora il dibattito su suoi possibili nuovi incarichi. Boatos privi di fondamento: Draghi non è in corsa né per la guida della Commissione né per la presidenza del Consiglio europeo, ruoli attorno ai quali si starebbe peraltro costruendo a Bruxelles un consenso attorno alle figure della stessa von der Leyen e dell’ex premier olandese Rutte. Così, dinnanzi al profluvio di dichiarazioni positive, ha commentato con la solita ironia: «Tutti pensano di avermi tolto finalmente dai piedi…».
Il ritorno a un ruolo attivo dopo l’esperienza di Palazzo Chigi, è legato piuttosto a una mission dai contorni così ampi da apparire come un consulto per un paziente con gravi problemi. La pandemia e la guerra hanno prodotto la fine di un’era. Secondo Draghi «l’Unione di prima non c’è più», perché hanno ceduto i pilastri su cui si reggeva la sua prosperità: «L’America per la sicurezza, la Cina per l’export, la Russia per l’energia». Il dramma è che l’Unione di dopo non c’è ancora, e la prospettiva di un suo allargamento ai Paesi dei Balcani e all’Ucraina, senza aver proceduto alle riforme, potrebbe portare a un esito fatale.
Si apre un periodo «complicato, molto complicato», perciò ha accolto la proposta, a fronte delle «importanti sfide che attendono l’Europa». Nell’intervento sull’Economist, Draghi aveva descritto l’esigenza di dotare l’Ue di «nuove regole e più sovranità condivisa», indispensabili per continuare a competere a livello globale e affrontare le crisi con risposte rapide. E se la vecchia Unione «non c’è più», allora non si può nemmeno tornare al vecchio Patto di Stabilità: «Sarebbe il risultato peggiore possibile». A tale proposito, fonti diplomatiche ritengono che «i Paesi europei a questo punto potrebbero rallentare i tempi del negoziato sul Patto, in attesa del report» dell’ex presidente della Bce.
Si vedrà. Una cosa è certa, von der Leyen gli ha dato carta bianca. E Draghi si è impegnato a redigere il rapporto in vista della prossima legislatura europea, che si preannuncia decisiva. La presidente della Commissione, se venisse confermata, vorrebbe utilizzare il contributo di «una delle più grandi menti economiche europee» come base per le decisioni del futuro governo dell’Unione. D’altronde il rapporto affronterà «in modo orizzontale» le criticità più spinose: dalle regole di bilancio al commercio, dall’autonomia strategica alla difesa comune.
In questa nuova veste, Draghi tornerà a viaggiare per le cancellerie europee. La sua tesi è che da soli i Paesi dell’Unione non possano più reggere le sfide globali e che senza un rafforzamento di regole e istituzioni comunitarie, il Vecchio Continente diverrebbe marginale nello scenario mondiale, condannandosi all’irrilevanza. La ridefinizione delle politiche di bilancio — come ha scritto la scorsa settimana — garantirebbe invece finanze credibili e permetterebbe agli Stati di reagire a choc imprevisti.
Serve che l’Europa intera prenda in tempo coscienza del cambio epocale in atto. E von der Leyen intende sfruttare l’autorevolezza di chi a Bruxelles viene definito «un Henry Kissinger più giovane». Un europeo influente che può aiutare con la sua moral suasion ad «aggiustare i tubi rotti». Un italiano che guarda ai processi politici ed economici nel suo complesso, e che pertanto non può avere «occhi di riguardo» per il suo Paese, come ha auspicato in modo irrituale Giorgia Meloni.
Poi, certo, Roma e la Roma restano il luogo degli affetti e della passione calcistica. Ancora l’altra sera in un ristorante della Capitale lo si poteva vedere insieme ad alcuni amici: tra questi c’era un compagno di liceo, Massimo Longo, con un passato da dirigente socialista. Pare che Draghi presti sempre particolare attenzione alle sue analisi di politica interna. Per la politica economica fa da sé.

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