Omelie 2021 di don Giorgio: PRIMA DI AVVENTO

14 novembre 2021: PRIMA DI AVVENTO
Is 13,4-11; Ef 5,1-11a; Lc 21,5-28
Ogni anno, al ritorno dell’Avvento facciamo magari – magari è già qualcosa – tanti propositi (almeno qualcuno) di prendere sul serio (speriamo) questo periodo, che la liturgia definisce “forte”, che ci conduce man mano (mano nella mano), di giorno in giorno, verso il Mistero della Nascita di Gesù.
Ritorno
Anzitutto, ho detto “ritorno” dell’Avvento. Che significato dare alla parola “ritorno”?
Si tratta forse del solito ciclo liturgico, che parte dall’Avvento per arrivare all’Avvento successivo, e così di anno in anno, in un susseguirsi di festività che sembrano ripetersi nei soliti riti e nelle solite celebrazioni, a cui solo la fantasia folcloristica e consumistica sa dare quel tocco di nuova inventiva, che però non permette al Mistero divino di purificarsi nella propria essenzialità?
Eppure, la parola “ritorno” ciclico dovrebbe farci pensare a qualcosa di nuovo, di ancor più approfondito, di ancor più essenziale, come quando un panno sporco in un continuo ciclico risciacquo nella lavatrice diventa alla fine pulito.
Invece, pensando alla storia bimillenaria del Cristianesimo (anche se in realtà bisognerebbe distinguere il Cristianesimo dalla Chiesa istituzionale) sembra che tutto si sia contaminato al contatto di un susseguirsi inesorabile del tempo che ha i suoi frenetici cicli, talmente ripetitivi nella banalità e talmente innovativi sempre nella banalità, che oggi si fatica a trovare il cuore del Mistero originario, tanto è vero che ci chiediamo: “Che senso ha ancora oggi il Mistero natalizio? Che cosa è rimasto del Mistero della nascita e rinascita del Figlio di Dio?”.
Che significa allora “ciclo liturgico” o ritorno di un Mistero divino da celebrare nella sua più assoluta misticità? “Assoluta”, ovvero ”sciolta” da ogni condizionamento carnale.
La parola “ciclo” significa qualcosa che torna e ritorna, ma non meccanicamente: è invece qualcosa che si eleva al di sopra di ciò che è successo, perché proceda in salita. L’immagine della spirale o del tornante di montagna dà una certa idea di ciò che dovrebbe essere il ciclo liturgico.
Qui dovrei pormi una domanda: quanti Natali ho celebrato nella mia esistenza? Sono al solito punto di prima, o, ancor peggio, di Natale in Natale sono riuscito a cadere così tanto nella banalità carnale da non sentire più quel senso del Mistero Divino che avrebbe dovuto di anno in anno lasciare nel mio spirito una esigenza tale del Divino da sentirmi veramente ancor più figlio di Dio?
È già sbagliato dire: di anno in anno. Dovrei dire “di giorno in giorno”, perché ogni istante è Natale, se per Natale si intende la Nascita e Ri-Nascita mistica del Logos eterno nel nostro essere più profondo.
La parola “Avvento” è la seconda da analizzare.
Si parla di Avvento e si pensa già al Natale, inteso nella sua carnalità da celebrare come evento storico, ma che di storico ha ben poco, visto che ci si aggrappa a miti, leggende, tradizioni folcloristiche, tutto in vista di una certa enfatizzazione emotiva, sentimentale, ed è su questo aspetto esteriore che il consumismo più profano ci gioca a meraviglia, oscurando quella Meraviglia che è la Nascita del Figlio di Dio, da adorare e contemplare come Mistero. L’unica statuina che avrebbe senso nei nostri presepi dovrebbe essere proprio quel personaggio, oggi scomparso, che veniva chiamato lo Stupìto o il Meravigliato, tutto proteso a guardare il bambino, senza avere in mano nulla da offrirgli, se non appunto la sua meraviglia o stupore.
L’Avvento, o Attesa di una Venuta o del Veniente, ci dovrebbe stimolare in un movimento discensionale o ascensionale, ovvero di discesa o di salita, per scoprire in noi il Mistero della Nascita di quel Logos divino, che non è qualcosa di storico da commemorare meccanicamente, ma da rivivere appunto nel Mistero di una rinascita elevatamente mistica.
Avvento, o Attesa che avvenga in me una rinascita spirituale, che non è da intendere come solitamente si intende come qualcosa che ciclicamente si ripete in una celebrazione commemorativa di un evento: del Figlio di Dio che si è incarnato nella storia.
La rinascita spirituale è quella che riguarda lo spirito che rinasce nel Logos eterno.
Ad ogni Natale mi sento rinascere dentro, come Gesù aveva detto a Nicodemo.
Pensate: due notti, quella della nascita di Gesù in una grotta, e quella dell’incontro di Gesù con Nicodemo. Due grembi, quello di Maria di Nazaret, che ha partorito il Figlio di Dio, e quello del Logos eterno che partorisce sempre figli di Dio.
L’ultima parola da analizzare è proprio la Rinascita mistica dell’essere umano.
Nulla di carnale, dunque, al di là di ogni evento storico, che non serve commemorare, con celebrazioni rituali che toccano sempre aspetti carnali.
Tutto invece sul piano mistico. Qui ci sentiamo disorientati, proprio perché il Mistero coinvolge profondamente il nostro essere, nella sua essenzialità più pura.
Ed è qui il dramma di oggi: vivere una contrapposizione tra lo spirito e la carne, tra un Natale da vivere misticamente e un Natale talmente esteriore o carnale da sradicarci dal nostro essere interiore.
Ma forse il vero dramma sta nel non sentire più questa contrapposizione. Un tempo si sentiva un certo disagio, oggi si vive il Natale cercando spensieratamente tutto ciò che possa rendere il Natale un giorno di festa, all’insegna di emozioni o di sentimenti che subito scompaiono il giorno dopo.
Infine, una raccomandazione. Oggi inizia l’Avvento, e il tempo passerà veloce, e arriveremo il giorno di Natale, confessando: “Un’altra volta ho perso una immensa occasione!”. Come a dire: “Ancora una volta ho trascorso l’Avvento, con la testa immersa in tante cose!”.
Ogni occasione divina è una Grazia da non perdere. Sciupare le occasioni divine è lasciare che il nostro spirito resti soffocato sotto un mucchio di sterpaglie.
Inizia un altro Avvento: che sia un nuovo Avvento, ovvero un Avvento di Novità, che è quella divina.
I brani della Messa sembrano troppo catastrofici, ma l’intento dei profeti e di Gesù non era di scoraggiare o di minacciare castighi, ma di stimolarci perché ci svegliamo dal sonno, e oggi il sonno è un tale generale assopimento di coscienza da richiedere una Parola anche tagliente.

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