Roberto Saviano: un codardo che, profumatamente pagato, sentenzia da una prigione dorata
di don Giorgio De Capitani
Ha fatto benissimo l’Unità del 13 dicembre a commentare la notizia, con un sarcastico trafiletto di pochissime righe, in fondo pagina 5. Titolo: “I ‘colla e incolla’ di Saviano”, a cura di Ernesto Carbone, quasi a liquidare non solo l’intervento dello scrittore nei riguardi di Maria Elena Boschi, ma lo stesso personaggio, ormai vuoto di capacità critica, salito agli onore degli altari quando nel 2006 aveva scritto il suo primo romanzo “Gomorra”. Poi, ha dovuto vivere da prigioniero, protetto dallo Stato contro le minacce di morte della camorra.
E che cosa fa da prigioniero? Campa da prigioniero. Ogni tanto, fa uscire dalla sua dorata prigione qualche voce di protesta, contro questo o contro quello. Ma vede le cose dalle inferriate della sua prigione, creandosi castelli di sabbia, solo per dire: “Sono ancora vivo!” e devo campare.
Come Marco Travaglio che ha l’occhio clinico solo per ciò che riguarda questioni giudiziarie, così Roberto Saviano ha l’occhio clinico per tutto ciò che riguarda la camorra. Entrambi, però, sono un po’ strabici, perché a furia di vedere con un occhio solo e sempre fissando lo stesso oggetto, hanno perso la lucidità della vista.
Quando capita loro di dover spostare un po’ i loro interessi, fuori dalla loro visuale, allora lo strabismo diventa un problema serio: cadono nel ridicolo e perdono anche quella poca credibilità che si sono meritati quando, all’inizio, sembrava che fossero diventati gli eroi della informazione coraggiosa.
Roberto Travaglio e Marco Saviano hanno perso la loro identità, e non si sa più come distinguerli.
NotaBene
1. Tra voi e Maria Elena Boschi c’è un abisso, non solo nel campo politico, ma dal punto di vista umano e anche per quota intellettiva. Non è da voi, maschilisti, permettere che una grande donna vi bagni il naso. È sempre questione di invidia, e quando c’è di mezzo una rivale “signora”, allora si diventa ciechi e ottusi. Capita a tutti, soprattutto agli eroi di cartapesta, cadere nella polvere del proprio orgoglio.
2. Ciò che non condivido è la vigliaccheria di Roberto Saviano che non ha il coraggio di affrontare la camorra a viso aperto; no, lui se ne sta ben protetto dallo Stato, da quello Stato che poi si diverte a criticare. Don Luigi Ciotti non vive in una prigione dorata: pur minacciato, vive in mezzo alla sua gente. Ci sono eroi come Vittorio Arrigoni, e ci sono eroi ma solo di bocca, ben pagata, come Roberto Saviano.
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da L’Unità
I “copia e incolla” di Saviano
di Ernesto Carbone
Provo profondo imbarazzo per i ripetuti attacchi di Saviano contro il ministro Boschi. E quando dico ripetuti lo dico perché mi pare che il nostro caro scrittore non usi proprio farina del suo sacco ma che si limiti a copiare le accuse della destra più becera. Fa impressione che chi ha sempre predicato di fare e di cambiare le cose, che chi ha sempre lottato contro il fango di chi voleva screditarlo oggi si presti allo stesso giochetto col ministro Boschi. Saviano, se ti senti migliore di tutti, per una volta non pontificare: dimostracelo. Mettiti in gioco non solo sulle tv di stato e con editoriali per aumentare il tuo businnes e la tua popolarità. Potresti scoprire che lavorare per il bene del paese è una cosa difficile. Ben più difficile che scrivere sotto dettatura.
Non posso che associarmi alle critiche già espresse dai precedenti commentatori.
Aggiungo solo che chi desidera combattere realmente mafia, camorra e quant’altro, farebbe meglio ad evitare di farne motivo di lucro e mestiere.
Un po’ la stessa questione del sacerdote: si sceglie come missione o come professione?
Agli antipodi gli esempi di un Saviano, piuttosto che di un Travaglio, rispetto ad un don Ciotti, un vero abisso di differenza.
Quanto a gettare fango addosso a questo o quello, per me vale la presunzione d’innocenza, quindi chi vuol sparare, metaforicamente parlando, tiri fuori le prove, altrimenti si rientra nella diffamazione…..non nel diritto di critica e di cronaca.
Saviano si riferisce alle vicende familiari della Boschi, ma, evidentemente, si dimentica di un altro fondamentale principio: oltre la presunzione di innocenza, occorre anche non dimenticarsi che le eventuali colpe dei padri non ricadono sui figli, e neppure quelle dei fratelli.
Conosco poco Roberto Saviano. So che è un giornalista che ha fatto la sua fortuna con “Gomorra”, il libro evento sulla camorra, che evidentemente conosce a fondo, e poco altro. So però che, come succede spesso nel nostro bel paese, tanto è bastato perché diventasse una sorta di santone, un punto di riferimento per il mondo della comunicazione (e dello spettacolo) e che ogni sua esternazione viene presa per un oracolo, anche quando dice cose banali e scontate, ma soprattutto se va controcorrente. Quando sento parlare di gente come lui, Grillo, Celentano e compagnia cantando, mi vengono in mente le parole di una canzone di Venditti, “in questo mondo di ladri il nostro cuore è rapito da mille profeti e da quattro cantanti…” . Da sempre il popolo italiano si innamora facilmente di personaggi pseudo-carismatici che hanno avuto la fortuna di riuscire a far colpo sull’opinione pubblica con qualcosa della loro attività che è andata bene, fosse anche l’unica che è riuscita, e furbescamente ne hanno tratto vantaggio costruendoci sopra una popolarità altrimenti incomprensibile. Attenzione però, perché quando ci si crea degli idoli, si fa presto a distruggerli nel momento in cui vengono a noia o molto più semplicemente perché si rivelano dei bluff. Il paragone, poi, tra Saviano e don Ciotti è quasi blasfemo, oltre che improponibile, tra loro per fare una similitudine approssimativa, c’è la la stessa differenza che in una rappresentazione teatrale passa tra uno spettatore (anche il più competente) seduto in poltrona e il protagonista che calca la scena. Se avessimo tutti l’energia, la convinzione, l’ardore, le capacità e la fede di don Luigi, il mondo sarebbe indubbiamente un posto migliore. Quanto al fazioso Travaglio, preferisco stendere un velo pietoso su colui che era partito con l’intento di vestire i panni del moralizzatore e dell’innovatore dell’informazione e si è ridotto schizofrenicamente a combattere contro i mulini a vento.
Conosco don Ciotti e posso testimoniare che ha veramente una marcia in più rispetto ad altri “profeti anticamorra”: in primo luogo perché vive in mezzo alla gente. In secondo luogo, perché la sua passione è disinteressata e si nutre di Vangelo, non di ricerca di consensi e di popolarità. Infine, perché le sue intuizioni sono limpide ed efficaci e l’associazione Libera da lui fondata le porta avanti con impegno e coerenza riconosciute
concordo in pieno con quanto da lei scritto. saviano si permette di uscire dalla sua prigione solo per andare a sproloquiare dal suo amico fabio fazio, radical comunista col portafoglio gonfio