Alla barbarie del No bisogna reagire con l’intelligenza del Bene comune

panciagonfia
di don Giorgio De Capitani
Dopo aver smaltito, ma solo in parte, tanta amarezza e altrettanta rabbia per la vittoria schiacciante dell’accozzaglia invereconda e oscena di quelli del No alla Riforma costituzionale, anche se sono sempre pronto a scaricare ogni maledizione possibile sui milioni di italiani accecati da bastardi distruttori del Bene comune, non sono però un tipo che mi rassegni facilmente alla bastardaggine fattasi purtroppo opinione comune, e trovo sempre il modo per uscirne a testa alta, sicuro che anche dal male più osceno può venire un bene insperato.
Certo, il male resta male, la bastardaggine resta bastardaggine, ma si spera che i buoni e gli onesti escano dall’accozzaglia comune e riprendano a ragionare.
Si è visto, nei mesi scorsi, quanto fosse incalcolabile l’oscuramento mentale di una buona parte del popolo italiano, e quanta miseria culturale regnasse anche tra i cosiddetti “illuminati” messia, laici o credenti, ma prigionieri di menzogne o di quelle buone intenzioni che conducono all’inferno.
Non so se abbiamo toccato il fondo, anche perché c’è sempre un fondo del fondo; come ha detto Albert Einstein: che la stupidità umana sia infinita non ci sono dubbi. Non trovo alcuna giustificazione o, meglio, non riesco a trovare una ragione per giustificare l’oscurantismo di un popolo che usa il voto per scannarsi a vicenda, in perenne contraddizione con quel suo volere un benessere, che, autodistruggendosi, resterà sempre un qualcosa di fasullo, come una montagna di illusioni e disillusioni, pronta a coprire anche quel poco di coscienza che forse è rimasta ancora.
Comunque, basta piangerci addosso. A far pena casomai sono coloro che si sono pisciati addosso votando No alla Riforma costituzionale. Pensando a questa marmaglia, con il mio Sì posso vantarmi di appartenere alla parte migliore dell’Italia.
Ora bisogna reagire, con quella “cattiveria” che non significa pura vendetta o altro, ma quella testardaggine o orgoglio che vuole trasformare in un nuovo miracolo ciò che appare umanamente e politicamente irreparabile, usando quella intelligenza creativa, che sa, appunto, contrapponendosi alla marmaglia, ricavare dal male un bene migliore. E sarà qui, ancora una volta, la carta vincente che sorprenderà gli allocchi e gli ottusi, anche se vincenti per il momento, ma solo per il momento.
È ora di ribellarci e di far valere quei Valori che non appartengono agli idioti o a quei giocatori d’azzardo che barano, pur di godersi un orgasmo vedendo una nazione a brandelli.
Diciamo di più. In realtà quella del No non è stata una vera vittoria: se a vincere è stata una accozzaglia di partiti e partitelli, di ogni risma, di ogni sponda, di ogni fondamentalismo, di mangiatori di ostie e di pregiudizi prezzolati, allora diciamo che è stata la più grande sconfitta della Democrazia, che, quella vera, guarda al Bene comune non con l’accetta di chi distrugge ogni tentativo di rinascita, ma con l’intelligenza acuta di chi guarda la società, con sano realismo, con buon senso e con la pazienza del contadino che semina bene, sapendo che un nemico ha seminato la zizzania. La zizzania ci sarà sempre, ma il problema è che una buona parte degli italiani la scambia per il buon grano. E purtroppo succede che con il voto si pensa di poter giustificare tale scambio, anzi imponendo la zizzania come una scelta democratica.

4 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Noi italiani siamo proprio bravi a farci del male. Sarà per il campanilismo esasperato che ci portiamo appresso come retaggio di epoche remote, quando un semplice estraneo alla famiglia, al clan, alla tribù veniva considerato a priori un potenziale nemico, fatto sta che abbiamo la litigiosità nel sangue. E anche chi cerca il dialogo e vorrebbe poter collaborare con chi la pensa diversamente, in fondo in fondo, più o meno inconsciamente sente che un po’ di diffidenza e di cautela non guastano mai. Per questo basta poco per accendere gli animi e dare origine a movimenti di protesta e di contestazione. Perché c’è sempre qualcuno, apparentemente disinteressato e premuroso, ma pronto ad approfittare del malcontento (che non manca mai ed è insidioso come un’epidemia d’influenza), che da buon demagogo si serve della dialettica e fa leva sul fascino intramontabile degli ideali di giustizia e di libertà, per far crollare ogni remora incitando alla ribellione. E c’è sempre qualcuno che lo seguirà trascinando qualcun altro e qualcun altro ancora. E poiché il fine giustifica i mezzi, poco importa che si ricorra agli insulti o alle menzogne per denigrare l’avversario, ovvero il governo e le istituzioni, bersaglio fin troppo facile, visto che si tratta di organismi per definizione imperfetti, carenti e squilibrati. Mi rendo conto di ripetermi, ma resto dell’idea che dire No e contestare sia semplice e poco impegnativo, il difficile è dire Sì, per quanto possa costarci, e cercare di contribuire a migliorare le cose senza distruggerle.

  2. GIANNI ha detto:

    Credo che il referendum costituzionale sia stato sopravvalutato.
    Non erano, queste riforme, nè l’horridum, pensato da taluni, nè la panacea di tutti i mali.
    Certo, da sola qualsiasi riforma istituzionale non risolve problemi come quello delle banche o quello dei terremotati, ad esempio.
    Ora, quindi, il governo non guardi indietro, ma avanti, e celermente predisponga tutte le misure necessarie ad affrontare le varie questioni sul tappeto.

    • Geremia ha detto:

      Caro Gianni, leggo sempre con interesse i tuoi commenti ai testi del Don e molto spesso li condivido. In questo tuttavia vedo una “giravolta di pensiero” abbastanza sportiva. Stavi per scriverci quanto ci avrebbe rovinato il NO come “due più due fa quattro” ed ora dici di credere che il referendum SIA stato sopravvalutato. Avrei preferito leggere che lo HAI sopravvalutato come hanno fatto in molti. Io ho votato SI perché volevo che la società italiana dormiente da anni (e lo avevo scritto in un commento pubblicato) ricevesse uno scossone ma non credevo ad altro. Nel merito, diciamocelo, questa cosiddetta riforma era ben poca cosa. Condivido quello che molti del NO dicevano e cioè che la nostra Costituzione ormai vecchia va rivista profondamente nella sua seconda parte e questo si deve fare con la partecipazione dell’opposizione e non contro quest’ultima. In quanto al Bene comune tanto caro al Don voglio dire che è un concetto sublime ma definibile in tantissimi modi anche fra di loro contrastanti, e quindi praticamente indefinibile. Vuoi un esempio? Negli anni ’70 in Cina per contrastare il boom demografico che avrebbe creato enormi problemi (vedi l’Africa dei nostri giorni) fu vietato il secondo figlio e questo ha provocato enormi violazioni dei diritti umani ed azioni aberranti per un cristiano. Molte coppie uccidevano il primo figlio se era femmina per tentare d’avere un maschio o uccidevano il secondo figlio per non incorrere in sanzioni statali. Questa legge che ha permesso alla Cina di diventare una nazione grande e forte è stata fatta per il loro Bene Comune. Il mio punto è che possiamo credere che il NO sia stato malefico o benefico per l’Italia ma lasciamo stare questo Bene Comune che non sappiamo neppure definire!
      Sbaglio? Non saprei cos’altro dire in proposito.

      • GIANNI ha detto:

        @ Geremia:
        non direi….nel senso che in un precedente commento (non mi ricordo a quale articolo) dicevo più o meno quanto segue: avrei preferito altro tipo di riforma, ad esempio abolizione completa del senato, passaggio a repubblica presidenziale, ma consideravo questa riforma comunque un passo avanti.
        A mio avviso il problema principale, nel senso di uno spostamento del rilievo del referendum, era di associare, come si è associato, il senso dell’esito referendario alla politica complessiva.
        Infatti, questo è successo, e, giudicando sopratutto dai parametri economici, invece si vede che le misure intraprese andavano nella giusta direzione.
        Personalmente, ho poi sempre anch’io qualche remora a parlare per categorie generali, come quella di bene comune, e preferisco invece riferirmi a specifiche concezioni, proprio perchè in queste categorie può rientrare tutto ed il contrario di tutto.
        In tal senso, non è che le riforme proposte incarnassero necessariamente l’optimum, proprio perchè, altro concetto che pure ho ribadito in altro commento, di fatto poi l’optimum è diverso per ognuno di noi, soggetto a valutazioni discrezionali.
        In questo concordo pienamente, e proprio per questo, ritengo che semmai le maggiori conseguenze negative possano derivare, ripeto, da un abbandono eventuale della politica seguita in questi anni.
        La mia opinione sulla riforma proposta era semplicemente questa, come già ho detto in passato: miglioravano le cose, ma non è che tutto si risolvesse.
        Certo, per risolvere la crisi delle banche, ad esempio, occorre intervenire sulle banche.
        Semplicemente, con procedure più spedite, si poteva probabilmente, d’ora in poi, procedere più in fretta, e quindi la riforma era solo un tassello delle cose da fare.
        Ecco perchè non c’è contraddizione tra averla sostenuta e non considerare comunque un dramma il fatto che non sia stata approvata.
        Non avevo infatti alcuna intenzione di parlare di sfracelli o altri disastri, che infatti ci saranno, a mio modesto avviso, se e solo se verrà abbandonata la politica complessiva, seguita dal precedente esecutivo.

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