Monsignor Mario Delpini cosa verrà a fare a Santa Maria, venerdì 17 gennaio?

 santamaria
di don Giorgio De Capitani
Ho letto ieri su Merateonline che Sua Eccellenza monsignor Mario Delpini, Vicario Generale della Diocesi di Milano, nel pomeriggio di venerdì 17 gennaio verrà a Santa Maria Hoè, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, patrono della Comunità Pastorale.
Subito vorrei porre alcune domande: chi ha invitato monsignor Mario Delpini? e con quale stato d’animo egli verrà a celebrare in una Comunità che ha visto ultimamente l’alternarsi “forzato” dei suoi preti, non senza una grave responsabilità dei Superiori, a iniziare dai vari Vicari episcopali della zona di Lecco, che si sono succeduti in questi ultimi anni, fino al Vicario Generale e allo stesso cardinale Angelo Scola?
Questi Superiori non si sentono in colpa? Per loro tutto è stato “normale”, anche rimuovere i preti, ma dopo aver aspettato che la situazione degenerasse a tal punto da essere veramente insopportabile? Ma chi ha dato la scintilla perché in un certo senso la Comunità uscisse dalle sabbie mobili?
Se tutto fosse dipeso dai Superiori, credo che ancora oggi la Comunità sarebbe allo stato confusionale, anche se, a sentir parlare alcuni parrocchiani di Perego e di Rovagnate, “tutto andava bene anche prima”. Più ciechi di così si muore!
Certo, solo il sottoscritto doveva andarsene, perché ritenuto l’unico colpevole di tutta la faccenda, in quando non mi ero adeguato alla omologazione della Comunità pastorale, che stava imponendo un ritmo a dir poco folle.
Ma il can can, che è stato fatto quando i Superiori avevano deciso di rimuovermi, ha fatto sì che intervenisse lo stesso cardinale, il quale non aspettava altro, pur “costretto” a sanare il tutto con il trasferimento anche degli altri due preti. Ma da quanto tempo insistevo perché i Superiori agissero subito per rimediare una situazione che, col tempo, si era così aggravata da arrivare alla soluzione draastica? No, i Superiori facevano finta di nulla, temporeggiavano, dicendo tra l’altro bugie sopra bugie. Ho le prove. Ho tutte le registrazioni degli incontri che ebbi con loro. Non le rendo pubbliche, ma comunque restano sempre una prova!
Ma i Superiori ancora oggi si sentono con la coscienza a posto, e continuano a ripetere che la soluzione che hanno scelto è stata la migliore. E non vedono, o fingono di non vedere, che nel frattempo la chiesa di Monte si è svuotata, e che qualcosa non sta proprio funzionando. Certo, la comunità di Monte era privilegiata, abituata troppo bene, per cui, a differenza delle altre parrocchie, è quella che ora sta subendo i maggiori disagi e soprattutto correndo il rischio di cadere nella normalità omologante, che verrà imposta dalla Comunità pastorale.
Da tempo correva voce che la comunità di Monte, più che invidiata per le sue aperture pastorali, fosse presa di mira dall’invidia delle altre parrocchie, che hanno fatto di tutto per screditarmi come prete, ricorrendo sempre alla solita critica che “facevo politica”. Un’invenzione comoda per coloro che non mi sopportavano, anche per le mie visuali non certo conformiste nel campo civile. Sanno tutti che ai brianzoli basta poco per volere bene ai suoi preti: che questi li lascino nel loro brodo, nella vita sociale e nelle loro scelte politiche. Il prete non deve toccare gli interessi, di qualsiasi tipo, di quei pseudo-cristiani che, quando vanno a Messa soddisfano il precetto, e quando sono fuori chiesa si sentono liberi di fare i cazzi che vogliono.
Eppure, la chiesa di Monte si era riempita, anche perché c’è tanta gente che vorrebbe uscire dal marasma generale, ed è alla ricerca di un cristianesimo più radicale. Lo dico sinceramente: quando ero a Monte non mi toccavano più di tanto le polemiche nei miei riguardi, anche perché, secondo alcuni, “me le cercavo”, ma le cercavo perché ritenevo giusto dire ciò che dicevo, anche se i modi potevano essere discutibili. Ciò che m’interessava era scuotere le coscienze, e si sa che nella nostra bella Brianza la gente non vuole proprio rientrare in sé, e chiedersi che “vita è mai questa?”, quando ci si preoccupa solo di cose e di affari, di soldi e di terreni, anche a costo di mettere odi secolari tra parenti e vicini.
Eppure a Monte qualcosa si stava aprendo, e la gente, non tutta, era sulla buona strada di capire che la fede autentica è tutt’altro che andare in chiesa, scaldare la sedia, partecipare alle feste religiose. C’era qualcosa che suscitava un interesse più profondo, anche perché non mi limitavo a parlare. Sì, la strada era promettente, la gente cominciava ad aprire gli occhi. Un gesto di apertura oggi, e un altro domani, e le porte del cuore e della mente si schiudevano…
Ma tutto questo ai Superiori non stava bene: a loro interessava solo la struttura di una Comunità pastorale che rischiava, sotto i continui colpi, di essere disfatta. Sì, prima la struttura, e poi l’anima di una pastorale, che ha senz’altro bisogno anche di una struttura, ma che non vive di struttura, ma fa vivere la struttura.
Ipocriti questi Superiori, e criminosi, se è vero che, privilegiando la struttura, si finisce poi per mortificarla e distruggerla nella sua realtà più spirituale, che è quella animata dallo Spirito di libertà. Come potete far convivere la struttura con lo Spirito di libertà, che è la Profezia che genera futuro, quando si eliminano preti “scomodi” e si scelgono preti “accomodanti”?
Mio Dio, perché non fulmini questa Diocesi, che non fa che massacrare le voci più libere, imponendo ai suoi ministri un passo cadenzato al suono di tamburi di ottuse norme diocesane, regolando l’orologio dei vari campanili secondo le ore di una cattedrale, dove pontifica un Pastore che ha perso il senso del tempo dello Spirito?
Avanti così, tra blasfemie e chiusure mentali dietro facciate di una tale ipocrisia “umanistica” da far rabbrividire anche i defunti! Senz’altro, fremeranno nella loro tomba anche i corpi ormai sfatti di Ambrogio e di Martini! Ma state pur certi che il loro Spirito aleggia ancora sulle acque stagnanti!
Come si può guidare una Diocesi, una tra le più grandi del mondo, senza porsi almeno il problema se e fino a quando essa reggerà all’urto di quell’Umanesimo, che non ha nulla a che fare con le parole vane di Scola? Ma i suoi scagnozzi non capiscono che stanno collaborando a far sì che questa Diocesi milanese prima o poi se ne fregherà di preti e di suore, e dello stesso Padre Eterno, se qualcuno non la tirerà fuori dalla cappa di piombo?
Alla Chiesa milanese manca lo spirito vitale. Le parrocchie hanno il fiato corto. Si danno da fare in mille cose, e per ottenere che cosa? I pastori non riescono, o non vogliono, o non ce la fanno, a dare il ritmo giusto alle comunità cristiane. Sì, magari tanto entusiasmo, ma ci vuole ben altro!
Bisogna osare di più, osare non tanto nel campo pragmatistico (in questo noi ambrosiani siamo più che eccellenti!), ma profeticamente, secondo quell’apertura evangelica, radicalmente evangelica, che non teme ostacoli dei barbari, non teme le ritrosie di comunità chiuse, non teme il pugno di ferro dei Superiori.

 

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