La Santa Sede: «Il diritto alla difesa non giustifica carneficine»

da AVVENIRE
14 febbraio 2024
Israele.

La Santa Sede:

«Il diritto alla difesa non giustifica carneficine»

Lucia Capuzzi
La lettera dell’ambasciata israeliana: «Deplorevoli le dichiarazioni di Parolin». La risposta sull’Osservatore Romano: «Per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime»
«Considerare il quadro generale». È questo il filo rosso della risposta dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede alla dichiarazione del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, al termine del bilaterale di martedì sera con il governo italiano, a Palazzo Borromeo, in occasione dell’anniversario della firma dei Patti lateranensi. Dopo aver ribadito la condanna inequivocabile del massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre e di ogni forma di antisemitismo, il segretario di Stato ha espresso la richiesta affinché «il diritto alla di Israele che è stato invocato per giustificare questa operazione sia proporzionato e, certamente, con 30mila morti, non lo è». Una «dichiarazione deplorevole» afferma la rappresentanza diplomatica di Tel Aviv.
Le parole del cardinale Parolin, in realtà, rinnovano una preoccupazione più volte manifestata dal segretario generale dell’Onu, António Guterres. Opinione condivisa da numerosi leader mondiali nonché da organizzazioni umanitarie di vario orientamento. L’ambasciata israeliana, però, invita a considerare «tutte le circostanze e i dati rilevanti». E ne cita alcuni. Primo, il sistematico utilizzo da parte di Hamas delle infrastrutture civili per i suoi piani criminali. Se, al riguardo, ci sono poche obiezioni, forti perplessità suscitano le successive affermazioni per cui «gran parte del progetto di Hamas, vale a dire la costruzione di questa infrastruttura terroristica senza precedenti è attivamente sostenuto dalla popolazione locale» e «i civili di Gaza hanno anche partecipato attivamente all’invasione non provocata del 7 ottobre». L’identificazione tra Hamas e il popolo della Striscia non ha sostegno alcuno nella realtà. È vero che alle legislative del 25 ottobre 2006 il gruppo armato ha ottenuto 74 seggi contro i 45 di Fatah. Ma è altrettanto vero che i miliziani hanno ottenuto il controllo dell’enclave non con il voto, bensì con un cruento colpo di Stato consumato nel 2007. Da allora non ci sono state altre elezioni per verificare il consenso degli abitanti di Gaza nei loro confronti. Anzi, fonti umanitarie sul posto parlano di una crescente disaffezione nei confronti del movimento estremista. Prima del 7 ottobre ci sarebbero state anche alcune proteste, nonostante il pugno di ferro. Lo stesso governo di Benjamin Netanyahu ha spesso sostenuto che il popolo di Gaza è ostaggio di Hamas. E gli ostaggi non scelgono di collaborare. Se lo fanno – e questo è da dimostrare – non possono essere definiti responsabili né in base al diritto penale né a quello internazionale.
Proprio il diritto internazionale viene invocato dall’ambasciata israeliana per ribadire l’agire conforme dell’esercito. A conferma di ciò viene indicata la proporzione di tre civili uccisi ogni militante del gruppo armato. Una quota molto inferiore – quasi un terzo – rispetto a quelle degli interventi in Siria, Iraq o Afghanistan. Il dato, in realtà, non trova riscontri. A fornire il bollettino quotidiano dei morti a Gaza è il ministero della Sanità, controllato da Hamas. Le sue cifre sono, in realtà, ritenuti ragionevolmente affidabili dalle principali agenzie umanitarie anche in virtù del livello di distruzione confermato dalle rilevazioni aeree sull’enclave. Le autorità sanitarie, però, non distinguono tra civili e combattenti, dunque è impossibile avere un rapporto. Secondo l’Ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha), però, almeno 10mila dei morti della Striscia, cioè quasi un terzo del totale, sono minori.
Alla luce del «quadro generale» esposto, appare ragionevole quanto scritto da Andrea Tornielli, su VaticanNews e l’Osservatore romano: «Per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime», di qualunque nazionalità, cultura, religione. «Nessuno – conclude il direttore editoriale del dicastero per la Comunicazione vaticano – può definire quanto sta accadendo nella Striscia un danno collaterale della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina».
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www.vaticannews.va

Terra Santa, Parolin:

sdegno per la carneficina,

serve coraggio per una soluzione

Il Segretario di Stato, a margine dell’evento all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per l’anniversario dei Patti Lateranensi, commenta la situazione a Gaza: chiediamo che il diritto alla difesa di Israele che è stato invocato per giustificare questa operazione sia proporzionato e certamente con 30 mila morti non lo è. Nel bilaterale, al quale erano presenti il presidente Mattarella e la premier Meloni, discussi i temi di fine vita, famiglie, Imu, Giubileo
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Da una parte, lo “sdegno”; dall’altra, la “speranza”. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, cita le parole di Sant’Agostino per commentare la situazione in Medio Oriente, in particolare quella a Gaza, dove con 30 mila morti si sta registrando quella che definisce “una carneficina” e anche per invocare una immediata soluzione. Il porporato ha guidato oggi pomeriggio, 13 febbraio, la delegazione vaticana per il tradizionale bilaterale che celebra i Patti Lateranensi, giunti al 40.mo anniversario. A conclusione dell’appuntamento – al quale erano presenti il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni – il cardinale si è fermato a rispondere alle domande dei giornalisti, elencando i temi affrontati nel lungo dialogo a porte chiuse tra cui fine vita, politiche familiari con un apprezzamento per l’assegno unico, Imu, Giubileo e, naturalmente, i conflitti che affliggono il mondo.
Coincidenza di preoccupazioni tra Italia e Santa Sede
“Con il presidente della Repubblica e anche con il ministro degli Esteri si è fatta una panoramica un po’ su tutti gli scenari di crisi che attualmente sconvolgono il mondo e c’è una coincidenza di preoccupazioni da parte dell’Italia e della Santa Sede”, ha spiegato il porporato. “Molto più difficile trovare soluzioni a queste problematiche, però si sta tentando di dare un contributo che possa essere positivo e avviare percorsi di pace”.
Reazione proporzionata
Proprio il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, oggi ha parlato di una reazione sproporzionata da parte d’Israele nella Striscia. Anche l’Italia, quindi, sembra aggiungersi a quella che, ha detto Parolin, “è una voce generale” e cioè “che non si può continuare così”. “Bisogna trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina – ha affermato il segretario di Stato -. La Santa Sede l’ha detto fin dall’inizio: da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco. Ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele che è stato invocato per giustificare questa operazione sia proporzionato e certamente con 30 mila morti non lo è”.
Non perdere la speranza
Una soluzione al conflitto sembra al momento lontana, ma, ha rimarcato Parolin, “bisogna non perdere la speranza. Diceva Sant’Agostino che la speranza poggia sullo sdegno e sul coraggio, credo che tutti siamo sdegnati per quanto sta succedendo, per questa carneficina ma dobbiamo avere il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza perché, se perdiamo la speranza, incrociamo le braccia. Invece bisogna lottare fino in fondo e cercare di dare fin dove possibile il nostro apporto, il nostro contributo”.

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