Scola se ne deve andare al più presto! Ormai è alle corde!

scola dimis
di don Giorgio De Capitani
Per me non è una novità che Angelo Scola, dopo l’Expo, se ne possa andare da Milano.
L’ho più volte scritto tempo fa, prima ancora che Antonino D’Adda lo rivelasse su Italiaoggi. Le mie motivazioni sono, comunque, ben diverse da quelle indicate dal giornalista. 
 
Fin dagli inizi, da quando era uscita la notizia della nomina di Scola a vescovo di Milano, mi ero energicamente ribellato all’idea di avere un vescovo ciellino, tanto più che Scola aveva da teologo disobbedito alla diocesi, andando presso la diocesi di Teramo a farsi ordinare prete da un amico vescovo ciellino. Come, perciò, potevo obbedire ad un vescovo disobbediente? Era venuto a Milano, nominato personalmente da Papa Ratzinger, l’anno prima della sua decisione di abbandonare il soglio pontificio. L’intenzione era chiara: indicare già il successore! Ma lo stesso Papa aveva cercato di coprire il disegno “maledetto” (che lo Spirito santo manderà in frantumi!), giustificando la nomina come “opportuna”: Scola era la persona giusta per rimettere in ordine una diocesi, quella milanese, divisa dai Movimenti. Lui, essendo ciellino, avrebbe potuto magari mettere in riga Cl! Ma nel frattempo era successo di tutto: gli scandali legati a Formigoni e alla Compagnia delle Opere, la caduta di Berlusconi, alleato preferito di Comunione e Liberazione. E cosi si era di colpo frantumato il diabolico disegno: Formigoni capo del governo o magari addirittura Capo dello Stato, e Angelo Scola sul soglio pontificio.
Che doveva fare Scola, dopo la nomina di Bergoglio come successore di Ratzinger? Rimase spiazzato. Cercò allora di difendersi dalle accuse di essere ciellino, di non rientrare nelle indicazioni di quanti in diocesi erano stati precedentemente interpellati attraverso un questionario: costoro avevano suggerito un pastore che potesse restare a Milano per almeno dieci anni ecc. E la Diocesi traballò e crollò agli ordini di un vescovo non gradito, incapace di continuare la linea di Martini e di Tettamanzi.
Più volte ho invitato Scola a dimettersi, e ad andarsene, perché inadatto a guidare una diocesi come quella milanese. Basti pensare che nelle occasionali visite pastorali non attira gente, gli incontri sono freddi, anche i preti gli pongono domande imbarazzanti. E lui finge che tutto vada bene, anche protetto dalla solita curia che non sa come comportarsi.
Insiste nell’usare un linguaggio apparentemente accattivante: parla di umanesimo e di vita buona. Ma gli effetti sono nulli. Le sue omelie non dicono nulla di originale, nel senso che  non attingono alle origini della parola di Cristo. Nulla, nulla che smuova una diocesi oramai ferma. E nel frattempo i preti subiscono, le parrocchie si spengono. Non basta qualche iniziativa un po’ fuori del normale.
La diocesi sta morendo!
Scola ci rifletta! Dopo l’Expo, rassegni le dimissioni. La diocesi ha bisogno di un ricambio radicale.
  

 

 

15 Commenti

  1. GIORGIO MIGNANI ha detto:

    Don Giorgio è un “castigo” di Dio!

  2. PietroM ha detto:

    Se la chiesa attuasse unicamente il suo mandato evangelico ed il messaggio cristiano, la sua missione apostolica ed la vocazione unicamente spirituale, tanti problemi non ce li porremmo.
    La questione del rapporto tra potere spirituale e potere temporale apre lo scenario inquietante che degenera nel materialismo dei faccendieri di cui i ciellini sono artefici raffinati, ammantati di verità evangeliche “ad usum delfini”. Ha ragione don Giorgio a sbraitare. Vedi ultime notizie …..

    • zorro ha detto:

      Penso che il problema del vaticano e’ avere l’obbligo di annunciare la lieta novella nel mondo materiale dove il bene e il male convivono uno accanto all’altro inscindibili

  3. Pippo ha detto:

    “L’articolo apparso a pagina 10 di Italia Oggi (e sul sito internet del giornale) titolato “Il cardinale di Milano, Angelo Scola, potrebbe dimettersi nel giugno del 2016, cinque mesi prima dei suoi 75 anni” non trova alcun fondamento nella volontà o nell’intenzione del cardinale Angelo Scola che ai sensi del Diritto Canonico (Canone 401 articolo 1) presenterà la rinuncia all’ufficio di arcivescovo di Milano al Sommo Pontefice il 7 novembre 2016, giorno del suo settantacinquesimo compleanno. A renderlo noto don Davide Milani portavoce dell’Arcivescovo di Milano” di cosa stiamo parlando? Scola, come tutti i vescovi che raggiungono i 75 anni presenterà le dimissioni, dove è la sensazionale notizia?

    • Don Giorgio ha detto:

      Come al solito, non hai capito la mia provocazione. Non è la prima volta, indipendentemente dall’articolo di Italia Oggi, che invito il cardinale ad andarsene, prima dei 75 anni. Lo può fare se vuole. Se ne deve andare… per il bene della diocesi milanese.

      • Pippo ha detto:

        perchè il bene della diocesi milanese dovrebbe corrispondere con il suo punto di vista?

        • Don Giorgio ha detto:

          Per il semplice motivo che un ciellino ha una visuale di fede che non corrisponde alla spiritualità diocesana. Via anche i preti ciellini dalle parrocchie.

          • Emilio ha detto:

            Caro Don Giorgio
            tutto assolutamente condivisibile.
            Basti pensare alla stoccata data da Papa Francesco ai ciellini qualche giorno fa.
            Che loro, ovviamente, hanno rigirato a loro favore.

  4. Giuseppe ha detto:

    Perché aspettare la fine dell’Expo? Per poter lucrare ancora qualche briciolo di visibilità apparendo a qualche cerimonia ufficiale? Sua eminenza ha espresso il meglio di sé quando, da buon ciellino, ha appoggiato e sostenuto personalità politiche insulse e volgari che, sebbene si affannassero a recitare la parte dei bravi chierichetti osservanti, non erano nemmeno degni di essere annoverati tra i cristiani. Basta leggere le parole pronunciate da papa Francesco nei confronti dei politici corrotti e dei mafiosi…

  5. paolo ha detto:

    All’Expo mancano 47 giorni, ha tutto il tempo per dimettersi anche prima.

  6. GIANNI ha detto:

    Certe vicende assecondano i rituali antichi della chiesa cattolica, gerarchicamente ordinata, in cui molto, se non tutto, discende dall’alto.
    I cardinali eleggono il papa che a sua volta nomina vescovi e cardinali.
    Insomma, un gatto che si morde la coda.
    Si dice che sarebbe lo spirito santo a guidare quanto meno l’elezione al soglio di Pietro, ma spesso dietro questo detto si celano giochi politici che, a caduta, riguardano quanto meno le diocesi più importanti.
    Credo che alla guida dello spirito santo non credano neppure più i cardinali in conclave, perchè, diversamente, non si terrebbero riunioni ed incontri tra esponenti delle diverse correnti per convogliare i voti su questo o quello.
    Nella diocesi di Milano è intervenuto un fattore politico.
    Conservatore Ratzinger, conservatore Scola, della stessa area di Formigoni e co.
    Quel disegno, però, è fallito.
    Oggi ci troviamo un papa inaspettato, a prescindere da come valutiamo il suo operato.
    Quanto alla chiesa, non posso dimenticarmi le parole di un dialogo sentito per caso.
    Due persone normali stavano discutendo della chiesa, probabilmente così, tanto per parlare, ed uno dei due si diceva convinto che in assenza di sostanziali cambiamenti, tra un po’ non ci sarà più, sopratutto nel senso che se i fedeli divengono sempre meno, cosa ci sta a fare?
    In effetti, la chiesa può anche preservare la propria autoreferenzialità, ma se poi non trova fedeli che la seguano, a chi si rivolgerà?
    Non a caso si parla di chiese vuote ecc.
    Quanto meno un vescovo dovrebbe occuparsi, io credo, di rivitalizzare la chiesa osservando le presenze, se c’è un seguito o meno.
    Anche papa Bergoglio, comunque, non credo risolva il problema.
    Attirerà anche molti consensi, ma se poi a livello locale, di diocesi, questi consensi non si traducono in presenze di fedeli,
    la chiesa è destinata a restare vuota o semivuota.
    Se posso fare una battuta, un mio amico direbbe che dovrei essere contento, visto che, come organista, più le chiese son vuote, più i preti ti lasciano suonare, ma ovviamente non è così.
    Le chiese, se destinate a restare vuote, avranno sempre meno risorse, andranno in pezzi, organi compresi, e, forse, come vaticinato da quella persona il cui dialogo ascoltai, rimarranno sopratutto come ricordi, simulacri di un qualcosa che non sappiamo se in futuro continuerà ad esistere, se non come residuo storico di un’epoca passata.

    • zorro ha detto:

      Non sarei cosi’ pessimista la chiesa potra’ perdere un po’ di pietre e laterizi ma la prima chiesa nasce dalla necessita’ del divino e basta una grotta!!!Nei secoli ci sono le trasformazioni sociali e economiche ma la necessita’ dell’ uomo rimane puo’ essere celata rinchiusa ma e’ sempre presente e basta poco per renderla rediviva

      • GIANNI ha detto:

        Si, certo, ma secondo quel ragionamento, che ascoltai, e che almeno in parte condivido, non è detto che la necessità del divino debba per forza ricondurre al cattolicesimo.
        In questo senso parlava di fine della chiesa, non come fine del divino o del suo sentimento, ma come probabile fine, o quanto meno netto ridimensionamento, del cattolicesimo, almeno nelle attuali forme.
        Appunto, molti magari, secondo questo ragionamento, potrebbero poi preferire prescindere da ogni rapporto o vincolo con una chiesa istituzionalizzata.

        • zorro ha detto:

          Istituzione chiesa si ridimensiona ma restera’ sempre un zoccolo duro dato dal potere temporale dal punto di vista del divino quando “due sono riuniti in mio nome io sono in mezzo a loro” (gesu’)x chi crede e’ tutto e di credenti nel dio unico ce ne saranno sempre pochi tanti tantissimi

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