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13 Marzo 2025
Dalla parte di Valditara.
Viva la scuola del latino, della Bibbia, delle poesie
di Andrea Cangini
Bisogna essere ignoranti, insicuri o faziosi per criticare le linee guida del ministro. Canfora (e Gramsci) ci aiutano a spiegare che sono le soluzioni per avere studenti e cittadini migliori
Bisogna essere piuttosto ignoranti o piuttosto insicuri della propria identità politico-culturale o piuttosto faziosi per considerare reazionarie le linee guida che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha impartito alle scuole un tempo dette elementari e medie. Non è un caso che un uomo dalla cultura enciclopedica, dalla coscienza politica granitica (ancorché marxista) e dallo spiccato anticonformismo come Luciano Canfora ne abbia detto un gran bene. A sinistra, è stata una mosca bianca. Potenziamento del latino, studio della Bibbia, valorizzazione della storia dell’Occidente, poesie a memoria, scrittura a mano e lettura su carta: sono queste le pietre dello scandalo.
Procediamo con ordine. Cominciamo dal latino. Luciano Canfora ricorda che la conoscenza del latino è propedeutica alla conoscenza delle lingue italiana, francese o spagnola e a chi dice che anticiparne lo studio, sia pure facoltativo, sin dalle scuole medie sia una scelta “di destra” risponde rivangando la militanza comunista del grande latinista Concetto Marchesi e citando Antonio Gramsci: “Si studia il latino non per imparare a parlare latino, ma per imparare a studiare”. Lapidario. A chi, poi, nello studio della Bibbia ha voluto scorgere lo spirito codino di una classe politica tutta “Dio, Patria e famiglia”, Canfora ricorda che la Bibbia altro non è se non il risultato della collezione di innumerevoli “testi di enorme rilievo storico che sono stati accorpati nel corso del tempo, mettendo insieme, con qualche fatica, la tradizione ebraica e quella cristiana”.
Insomma, non occorre avere il dono della fede, né volersi ingraziare il Vaticano per capire che la Bibbia rappresenta una delle radici culturali d’Occidente. E in quanto tale merita d’essere studiata con curiosità e spirito critico. Ohibò abbiamo scritto “Occidente”. Brutta parola per chi, avvinto da nobili sentimenti terzomondisti, è a solito rimarcarne le “colpe”. Eppure, l’Occidente siamo noi. Conoscere approfonditamente la cultura e la storia occidentali significa conoscere se stessi, acquisire i canoni della propria identità. E come il patriottismo è il miglior antidoto al nazionalismo, una solida identità culturale è il miglior antidoto al razzismo, nonché la condizione preliminare al pieno “riconoscimento” e all’accoglienza del “diverso”.
Ma questo Luciano Canfora non l’ha detto. Ha invece detto un gran bene dell’idea ministeriale di rivalutare l’antica pratica del mandare le poesie a memoria. Lo ha fatto citando Leopardi: “Io so quello che so a memoria”. E basterebbe questo per chiudere il discorso. Volendolo, invece, tenere ancora aperto, è difficile non osservare come la memoria sia un bene primario in via di esaurimento. Vale per gli adulti, ma soprattutto per i giovani. È una delle conseguenze nefaste dell’abuso di smartphone. I neuroscienziati anglosassoni la chiamano “brain rot”, distruzione cerebrale: si tratta del processo di deperimento delle facoltà intellettuali determinato da un’esposizione eccessiva a social e videogiochi. Si perde la memoria, dunque, così come si perdono lo spirito critico e soprattutto la capacità di attenzione.
Secondo le neuroscienze, cure naturali a questa drammatica malattia epocale sono la scrittura a mano in corsivo e la lettura su carta, in quanto pratiche capaci più di altre di sollecitare il cervello umano, incoraggiandone di conseguenza il pieno sviluppo. È anche per questa ragione che le “Indicazioni 2025, Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione” diffuse ieri dal ministero meritano un apprezzamento. Perché contemplano un’evidente rivalutazione dell’uso di carta e penna. La parola “scrittura” compare ben 68 volte nel documento ministeriale, la parola “lettura” 89. Tra l’altro, è scritto: “Carta e penna, lettura ad alta voce e piccole biblioteche d’aula devono convivere armoniosamente con assistenti virtuali e augmented learning. Nelle scuole del primo ciclo di istruzione la scrittura è fondamentale e va curata con particolare attenzione a partire dall’apprendimento del corsivo e della calligrafia, perché agevola lo sviluppo della coordinazione oculo-manuale, allontana i bambini dagli schermi e permette di tutelare gli spazi vitale dell’esperienza concreta, ingrediente necessario, specie nella scuola primaria, per affinare pensiero e ragionamento…”. Parole sante. Parole che, naturalmente, sono state interpretate da chi non ha mai parlato con un neurologo o con un grafologo come il segno di un deprecabile spirito antimoderno e reazionario.
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