Omelie 2021 di don Giorgio: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA

15 agosto 2021: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA
Ap 11,19-12,6a.10ab; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-55
Feste liturgiche: tra esteriorità e interiorità
La cosa assurda di certe celebrazioni liturgiche, ancora più assurda è quando di mezzo ci sono i Misteri più importanti della nostra fede, è questa: dare così importanza o enfasi alla celebrazione da nascondere il Mistero stesso che si vuole celebrare.
Si sa, quando diventa popolare, una festa soggiace ad alcune esigenze, tra cui emerge una certa spettacolarizzazione, che si ingigantisce man mano la festa diventa sempre più popolare. Il popolo ci mette del suo, e ciò riguarda gli aspetti esteriori. Il folclore supera anche ogni decenza o rispetto del Mistero. E tutto si giustifica in nome delle esigenze popolari, che sono di per sé più carnali che spirituali, e anche perché, quando una festa diventa eccessivamente popolare è fuori controllo, nessuno più riesce a purificarla, tornando all’essenzialità del Mistero. Se qualche prete tentasse di togliere qualche aspetto troppo folcloristico, ci sarebbero malumori e contestazioni.
Non sto sostenendo che le feste liturgiche dovrebbero essere tutte radicalmente spirituali. Non sarebbero più nemmeno feste.
Ma la cosa che urta lo stesso Mistero celebrato è il messaggio che viene trasmesso da una festa eccessivamente carnale o folcloristica. Soffermiamoci sulla festa di oggi, in onore dell’assunzione di Maria Vergine in cielo.
Sembra di assistere a una esaltazione della grandezza di una donna, la cui virtù è invece l’umiltà, o la piccolezza. La festa di oggi è il trionfo della piccolezza, anche se è paradossale parlare di trionfo della piccolezza. La piccolezza in che senso trionfa? Maria, nel Magnificat, canta: “Dio ha guardato la piccolezza della sua serva”. Il termine greco è ταπείνωσιν, tradotto con umiltà. Mi sembra che ci sia qualcosa di più. Dio guarda ciò che è piccolo in sé. Tante volte possiamo giocare sulla parola “umiltà”. Si sente dire: si può essere umili anche se si è ricchi o potenti. Possiamo anche essere d’accordo. Ma Dio solitamente sceglie le persone effettivamente più piccole per affidar loro grandi missioni.
Nei brani della Messa ci sembra di leggere un confronto tra piccolezza e grandezza. Un confronto che si ripete nella storia di Dio, come tra Davide e Golia.
Nel brano dell’Apocalisse c’è il confronto tra il drago e la donna incinta. Commenta don Angelo Casati: «Il drago evocato in tutta la sua potenza di esibizione, ha ogni mezzo a disposizione per esibire se stesso: sette teste e sette corna, e sette diademi sulle teste; il drago evocato con la sua capacità di ammaliare anche le stelle del cielo, almeno un terzo e piegarle al suo servizio, cortigiane alla sua corte. E di fronte al drago, sproporzione delle sproporzioni, una donna, sola, incinta, che grida per le doglie del parto. E il drago che è in agguato per divorare il bambino appena nato. Non glielo divorerà Erode, ma sembrerà divorarglielo alla fine l’alleanza tra i grandi della politica e i grandi della religione, sulla croce. Ma quel figlio fu rapito verso Dio. E anche la donna. Siamo qui oggi a ricordarlo, a celebrare l’evento, fu rapita verso Dio, assunta al cielo. Grandezza e piccolezza a confronto».
Basterebbe soffermarci sulle parole del Magnificat, un cantico diventato così famoso, anche per le composizioni di grandi musicisti, che proprio perché grandi hanno fatto prevalere la loro abilità musicale sul testo che meriterebbe invece una meditazione più pacata nel silenzio. Anche qui vedete: tutto un contrasto tra grandezza e piccolezza. E la cosa assurda è prendere un testo che parla di piccolezza che sfida la grandezza, metterlo in musica e far esclamare alla gente che l’ascolta: Che capolavoro musicale! È la musica che suscita meraviglia, ma il testo conta o non conta?
Il Magnificat è nato o, meglio, è stato inserito (è una composizione liturgica) in un contesto del tutto particolare, da non dimenticare.
Commenta ancora don Angelo: «Da un lato la piccolezza, due donne, incinte, una di sei mesi e, l’altra, più giovane, di pochi giorni, in una città sperduta del mondo, che cosa sono? Che cosa sono davanti a quelli che contano? E invece è un sobbalzare di vita, sussulta il bambino nel grembo: loro sono abitate dalla vita, dalla piccolezza, ma viva, della vita. A differenza dei grandi che sono abitati da se stessi, dalla grandezza di se stessi, una grandezza che non partorisce vita».
Ecco, ora vorrei fare alcune riflessioni personali.
La grandezza è simboleggiata in un drago, con tutti i poteri terreni. Secondo qualche esegeta Giovanni (o l’autore dell’Apocalisse) pensava all’Impero romano. Credo che il potere è sempre ogni potere che assume le sembianze di un mostro. Ogni epoca ha i suoi mostri. Anche la nostra epoca ha i suoi. C’è stato un Hitler, oggi abbiamo mostri peggiori di Hitler. Sono mostri che hanno la faccia di un angelo. Sono i populisti.
Dice il brano di oggi che il mostro voleva attentare alla vita di una partoriente, pronto a divorare il bambino, appena sarebbe nato. Il mostro attenta alla vita, perché il mostro è un grembo di morte. Il mostro è potere di morte. Vuole il male, non il bene. Ed è così scaltro che non aspetta che il bambino cresca, lo vuole subito divorare.
Mi ha sempre colpito il brano di oggi, dove si parla di un mostro e di una donna partoriente. Il mostro e la donna partoriente: è il contrasto tra il potere e un grembo che genera la vita.
Parliamo pure della donna in genere, e anche di un grembo in genere che genera la vita. Il discorso si allarga a tutto il Creato. Che rispetto abbiamo della vita nascente in quanto grembo di ogni essere umano? Il potere è carnale, e genera solo carne. Lo spirito è spirito, e genera la vita divina.
Oggi ci chiediamo se a prevalere sia la carne o non sia lo spirito. Lo Spirito santo ha fecondato il grembo verginale di Maria. Ed è lo Spirito che feconda il grembo di ogni essere umano. Il potere ha la sua forza di potere sulla carnalità umana, e teme ogni grembo spirituale. Il problema sta nel fatto che il potere ha dalla sua una massa di carnali, mentre l’essere o lo spirito è sempre in fuga verso i deserti.
Non si protegge lo spirito o l’essere ingigantendo la struttura quasi a proteggerlo. La Chiesa istituzionale non ha capito nulla del messaggio del Magnificat. Ogni struttura è potere, e il potere protegge la carne contro lo spirito, è un grembo di morte, che vuole divorare ogni vita dei grembi di ogni essere umano. Anche la religione che cosa fa? Teme la Vita che richiede i suoi spazi per espandersi. La blocca con dei paletti.
La Vita è Infinita e richiede spazi infiniti, che sono possibili solo nella interiorità dell’essere umano.

1 Commento

  1. Luigi Egidio ha detto:

    Nei vangeli si parla di Gesù che muore e risorge. Perchè di Maria non si parla che muore, ma che dorme prima e viene assunta poi? Cosa s’intende affermare con la Dormizione e l’Assunzione? Che non è un privilegio di Maria, ma tutti i credenti hanno la possibilità di essere introdotti nella pienezza della dimensione divina. Perchè nella chiesa cattolica c’è stata reticenza nell’affermare che Maria era morta? Perché sembrava in contraddizione con il fatto dell’immacolata concezione e del peccato originale. C’è voluto Giovanni Paolo II che, nell’udienza generale del 25 giugno 1997, ha affermato chiaramente che anche Maria era morta e la morte di Maria non è stata una diminuzione, ma un arricchimento della sua esistenza. Da questa riflessione di un biblista teologo mi son chiesto: che senso ha chiamare Maria Regina? Ma se Maria arricchisce la sua esistenza con la sua morte perchè esaltarla con titoli come Regina, Avvocata …? Non è sufficiente sapere che la Maria di Nazaret diventa Donna sotto la Croce? Donna di fede nel Figlio. Ci sono icone che la dipingono con in braccio il figlio, ma ce n’è una che dipinge il Figlio con Maria in braccio. Non è questo il Mistero? L’inversione della relazione tra la Chiesa Madre con i suoi figli e con i figli che sono in relazione con la Chiesa Madre. Se questa relazione muore, si avrà una Chiesa Madre senza figli e i figli orfani di una Chiesa Madre. E’ questo che ho sofferto e soffro: la perdita di una relazione con la Chiesa Madre e l’abbandono da parte mia della relazione con la Chiesa Madre. Grazie don Giorgio per dare spazio alle mie esternazioni talvolta caotiche, ma mi creda sempre sincere perchè nascono dalla mia interiorità.

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