Omelie 2024 di don Giorgio: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA

15 agosto 2024: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA
Ap 11,19-12,6a.10ab; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-55
Se da una parte non possiamo, come credenti e non solo, non gioire che la festa dell’Assunta cada proprio il 15 agosto, ovvero nel cuore delle cosiddette ferie o vacanze – nel massimo dell’evasione una boccata di aria purissima è sempre salutare –, dall’altra si può anche non accettare che anche le feste più tipicamente spirituali entrino a far parte di quel gioco consumistico, tipico di una religiosità di massa che ama il folclore più spettacolare e riti marcatamente superstiziosi. Una volta si diceva: tutto serve per aprire uno spiraglio di luce, e l’Assunta, nel Mistero divino, è un faro che può illuminare il mondo intero.
I brani di oggi, a parte la loro provocazione, appena togliamo qualche velo che copre il Mistero (la parola “apocalisse” solitamente intesa in senso negativo di qualcosa di catastrofico significa invece “manifestazione”), ci aiutano a elevare il nostro spirito, al di là di quella banalità che contamina la vita di ogni giorno.
Il libro dell’Apocalisse, attribuito tradizionalmente a Giovanni, autore del quarto Vangelo, è ricco di segni, di simbologie anche enigmatiche, con diversi significati, ma che hanno come unico scopo quello di svelare, togliere il velo, su quello che è il nostro mondo interiore quando viene a contatto con il Mistero divino. Non dimentichiamo che ogni parola di Dio, anche nei gesti, negli episodi, negli interventi eccezionali, è luce per chi cammina in questa storia, che è un intreccio talora inestricabile di bene e di male, di luce e di tenebre.
Anche se, come dicono gli studiosi, il libro dell’Apocalisse è forse il libro più difficile da interpretare, e che è destinato a restare in parte oscuro fino alla fine del mondo, è però innegabile che ci sono pagine che non ci lasciano perplessi o indifferenti, ma scaldano il nostro cuore e aprono la nostra mente verso vette sublimi.
Riascoltiamo le prime parole del brano di oggi: «Si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l’arca dell’alleanza». Santuario, ovvero tempio, casa di Dio… tutto nella luce del cielo. Nulla di strutturale, di materiale, neppure di artistico nel senso carnale del termine.
Davanti alle cattedrali diciamo: “Che meraviglia!”. Lo stesso dissero i discepoli: “Maestro, guarda che pietre e che costruzioni”. Gesù rispose: “Vedete queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta”.
Il Santuario celeste è eterno, perché contiene l’Eterno, perché è l’Eterno.
Ed ecco, continua l’autore dell’Apocalisse, “nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”.
Si parla di “segno grandioso”. Segno vuol dire che contiene qualcosa di così altamente divino che non si può esprimere con parole. Il segno nasconde sempre qualcosa di invisibile, ma di reale. L’evangelista Giovanni chiamava “segni” anche i miracoli, perché al di là della loro più o meno spettacolare visibilità rivela a chi usa occhi intelligenti, ovvero gli occhi dello spirito, qualcosa del Mistero divino.
Giovanni scrive: “nel cielo poi apparve un segno grandioso”. “Nel cielo”: non poteva essere diversamente. Ciò che è terra è terra, ciò che è del cielo appartiene al mondo della luce.
Ed è nella luce che apparve una “donna vestita di sole”. Non poteva essere diversamente: ciò che è luce richiede luce, nella luce tutto è luce. L’unico vestito permesso per qualcosa di essenziale è la luce. Un vestito per modo di dire. La luce avvolge senza veli o altro.
Tutto il resto, luna o non luna, non serve più. Le cose che riflettono la luce a che servono se c’è la luce. Sotto i piedi, perché ciò che riflette la luce può essere preso come una divinità.
Noi credenti dobbiamo puntare direttamente alla luce, e non ai suoi riflessi, anche se i riflessi possono portarci alla luce. Ma non sempre.
La scena celestiale potrebbe concludersi qui, in una prospettiva altamente positiva. E invece no. Ma è già bello sapere che si parte sempre dalla luce, e ciò che segue può anche non essere un riflesso della luce, oppure un inganno, ma l’inganno lo si denuda alla luce divina.
E la luce fu, scrive l’autore della Genesi, ma poi venne il male sulla terra. E la scena dell’inganno iniziale si rinnova. La donna, scrive Giovanni, “era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto”. Ed ecco la domanda: di fronte all’immagine mirabile della donna fasciata di luce, sospesa sulla luna, coronata da una costellazione di dodici astri, allusione alle tribù d’Israele e agli apostoli, potremmo domandarci come si fa nel Cantico dei Cantici davanti a una figura simile: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole?» (6,10).
Carlo Maria Martini rilegge il brano dell’Apocalisse aiutandoci a scoprire «un primo insegnamento, che non finiremo mai di imparare: quello della conflittualità della vita cristiana. Con un affresco drammatico, avvincente, ricco di simboli misteriosi, viene descritta la lotta cosmica che si svolge nella storia: la luna, il cielo, le stelle, la terra, le nazioni sono coinvolte in questo duello mortale tra la donna nelle doglie del parto e il drago. La donna rappresenta il popolo di Dio che affronta il dramma di una storia segnata dal peccato e dal rifiuto della trascendenza. Il drago, cioè il serpente antico, è segno della violenza, della morte, simbolo di tutte le forze del male. Ma la tradizione patristica, fin dai tempi di Sant’Agostino, ha visto nella donna vestita di sole anche Maria di Nazaret, la vergine umile e fedelissima al progetto di Dio, l’arca della nuova alleanza che custodisce e fa germogliare il Messia. Nella lotta cosmica il drago è sconfitto, e il figlio, rapito in cielo, ottiene la vittoria definitiva su Satana. In Maria contempliamo dunque l’icona e il modello della Chiesa (e di ogni credente), che giunge alla vittoria attraverso quelle che sono chiamate le “doglie del parto”, attraverso cioè l’incessante lotta contro le forze ostili, contro la menzogna e l’inganno, passando anche attraverso la persecuzione e il martirio. Questa pagina biblica ci insegna che l’esistenza cristiana non è un semplice itinerario che va di luce in luce; è invece uno scontro senza sosta tra tenebre e luce, tra mondanità e valori evangelici, tra egoismo e dono di sé, tra vendetta e perdono, tra violenza e mitezza; non c’è prova che venga risparmiata a chi vive il Vangelo. Ma chi si affida a Dio sarà vittorioso. E la Madre di Gesù, che è passata attraverso la prova, dal cielo rimane rivolta verso di noi, comprende le nostre sofferenze e i dolori dell’umanità, è vicina a quanti soffrono, in particolare a coloro che si combattono nella terra di Gesù. La Madonna ci sostiene nella difficile avventura della fede; ci aiuta a contrastare le forze che tentano di opporsi alla legge della Croce, che sa trarre il bene dal male, ci consola nell’impegno quotidiano della testimonianza e della carità; ci protegge e ci infonde speranza certa nella vittoria finale».

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