Vaiolo delle scimmie, l’Oms lancia l’emergenza sanitaria mondiale: ecco perché il nuovo Mpox virus preoccupa
da Il Corriere della Sera
14 Agosto 2024
Vaiolo delle scimmie,
l’Oms lancia l’emergenza sanitaria mondiale:
ecco perché il nuovo Mpox virus preoccupa
di Maria Giovanna Faiella
14 mila casi e oltre 500 morti da inizio anno nella Repubblica Democratica del Congo, più del doppio di quelli registrati in tutto il pianeta durante l’epidemia 2022-2023. Il nuovo virus si diffonde rapidamente ed è più letale
Il Comitato di emergenza dell’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms), riunitosi il 14 agosto, ha dichiarato Mpox – conosciuto in precedenza come vaiolo delle scimmie – un’«emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale» (PHEIC), decisione che comporta l’implementazione di misure straordinarie a livello globale per contenere l’epidemia. Già il 13 agosto l’Africa Centres for Disease Control and Prevention ha dichiarato Mpox un’emergenza sanitaria pubblica per il Continente africano.
Ma cos’è e come si trasmette quest’infezione? Quali sono i sintomi? Come si può curare? E perché l’Oms si preoccupa? Ecco le risposte a queste e altre domande, con l’aiuto del dottor Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani IRCCS di Roma.
Che cos’è e come si trasmette
«Il virus Mpox è un poxvirus, simile – ma molto meno grave – a quello che provoca il vaiolo nell’uomo, malattia endemica fino agli anni Settanta anche in Italia, poi eradicata a livello globale grazie alle vaccinazioni – spiega il dottor Antinori –. Il contagio del virus Mpox avviene principalmente attraverso il contatto stretto con cute e mucose infette, quindi soprattutto durante i rapporti sessuali ma anche tramite il contatto di materiale contaminato (per esempio: vestiti, lenzuola, asciugamani) con le lesioni cutanee infette. Recenti studi, condotti nel laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani, hanno dimostrato che, anche se il virus è contenuto nello sperma in forma replicante, la principale modalità di trasmissione, più che attraverso il liquido seminale, risulta essere il contatto stretto pelle contro pelle, durante i rapporti sessuali».
Sintomi
«Dopo alcuni giorni dal contagio, di solito un tempo variabile dai 6 ai 14 giorni, la malattia si manifesta con sintomi generali quali febbre, cefalea, stanchezza, dolori muscolari, linfonodi ingrossati, e soprattutto con una tipica eruzione sulla cute che può presentare da poche a numerosissime lesioni cutanee, spesso localizzate nelle zone genitali o intorno all’ano, come espressione di stretti contatti di tipo sessuale. Queste lesioni cutanee hanno un’evoluzione caratteristica: la lesione diventa vescicola, poi diventa crosta, poi si apre. In misura minore – riferisce l’esperto – possono essere interessate le mucose del cavo orale, la zona del canale anorettale (proctite), e, più raramente, la congiuntiva dell’occhio. Raro il convolgimento degli organi interni, che si osservano in genere nelle persone immunodepresse».
Quanto può essere grave la malattia
«Si conoscono due tipi di virus, denominati clade I e clade II, entrambi africani – chiarisce il dottor Antinori – . Il clade I, diffuso soprattutto in Africa centrale, nella Repubblica Democratica del Congo, dove la malattia è endemica e si trasmette dall’animale (in genere roditori che “ospitano” il virus) all’uomo e, in questi focolai più recenti, da uomo a uomo, ed è questo il problema – sottolinea l’esperto –. L’altro tipo di virus, il clade II, diffuso soprattutto in Africa occidentale, prevalentemente in Nigeria, è in grado di trasmettersi in modo efficiente da uomo a uomo, ed è quello che ha generato l’epidemia globale tra il 2022 e il 2023, provocando circa 100 mila casi, in gran parte attraverso i rapporti sessuali tra uomini. Tuttavia, la letalità del clade II è bassa (0.2% con circa 200 morti nel mondo, in Italia nessun morto a fronte di poco più di un migliaio di casi). La malattia, non grave nella maggior parte dei casi, può avere però conseguenze più serie in persone immunodepresse come chi vive con l’HIV, le donne in gravidanza, i bambini».
Perché ora l’Oms si preoccupa di nuovo
Ma perché ora l’Oms si sta di nuovo preoccupando? Spiega Antinori: «Il clade I è da sempre un virus più aggressivo e letale (ha una letalità stimata tra il 3 e il 5 %); inoltre, l’attuale focolaio nella Repubblica Democratica del Congo ha caratteristiche diverse rispetto alle epidemie degli anni precedenti nella stessa regione. In primo luogo è un focolaio esteso, non circoscritto come i precedenti, con 14 mila casi segnalati solo dall’inizio di quest’anno, e già più di 500 morti, più del doppio di quelli osservati in tutto il pianeta durante l’epidemia da clade II 2022-2023.
Un recente lavoro di esperti internazionali, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, ha dimostrato alcune caratteristiche peculiari di questo nuovo Mpox virus clade I del Congo. Il virus ha una delezione (un tratto del DNA virale viene a mancare rispetto alla sequenza originaria ndr), e questa modificazione genetica comporta che il virus acquisisca nuovi caratteri che ne modificano l’epidemiologia.
La trasmissione interumana oggi in Congo – spiega l’infettivologo dell’Istituto Spallanzani – è infatti molto più efficiente di quanto non sia stato finora con il vecchio clade I, e il contagio interessa prevalentemente le persone giovani adulte, avvenendo soprattutto attraverso i rapporti sessuali».
Il nuovo virus clade Ib
«Finora il clade I centroafricano di Mpox virus si caratterizzava per il passaggio dall’animale all’uomo e per piccoli focolai di trasmissione interumana – prosegue Antinori – . Il nuovo virus, che è stato denominato clade Ib in contrapposizione al clade Ia originario dell’Africa Centrale, sembra in grado di essere trasmesso in modo più efficiente da uomo a uomo, attraverso i rapporti sessuali, nella popolazione giovane adulta sessualmente attiva.
Questo nuovo clade Ib si comporta in modo simile al clade II dell’epidemia globale del 2022-2023, diffondendosi rapidamente, ma rispetto a quel virus ha una letalità oltre dieci volte superiore. Da qui la preoccupazione dell’Oms, anche perché il focolaio è esteso e interessa altre aree del Congo dove prima non era presente e si sta diffondendo anche in Stati limitrofi come Uganda, Kenia, Burundi, Ruanda, in cui la malattia non era precedentemente endemica».
Insomma, una malattia più grave e che si trasmette più rapidamente. Ma, rassicura il dottor Antinori, «nessun allarmismo: sia il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) sia i CDC americani, quindi agenzie internazionali di salute pubblica, ritengono che al momento non ci sia un vero allarme a livello mondiale e il rischio di propagazione dell’infezione in Europa e negli Stati Uniti sia “molto basso”».
Come si previene e si cura la malattia
La malattia si può prevenire? «Contro il Mpox non esiste un vaccino specifico ma si utilizzano i vaccini messi a punto contro il vaiolo umano, oggi di terza generazione, basati su un virus vaccinico non replicante – spiega Antinori –. Il vaccino più utilizzato su scala globale, che è poi quello che abbiamo somministrato anche in Italia durante l’epidemia del 2022-2023, è il MVA-BN (derivato da un ceppo non replicante di virus vaccinico di tipo Ankara modificato), vaccino raccomandato dal ministero della Salute del nostro Paese per alcuni gruppi di persone a rischio. Questo stesso vaccino, oltre ad essere sicuro, è efficace anche contro il nuovo clade virale Ib. Quanto alla terapia, in genere viene riservata solo ai casi gravi, nelle persone immunodepresse, e si basa su farmaci antivirali (tecovirimat, cidofovir), attivi nei confronti dei poxvirus, anche se il molto limitato numero di casi trattati non consente di essere sicuri della loro effettiva efficacia».
Chi ha fatto in passato il vaccino contro il vaiolo è protetto?
«La pregressa vaccinazione antivaiolosa non conferisce un’immunità sicura contro il virus Mpox, quindi chi è stato vaccinato ma è a rischio deve comunque vaccinarsi – chiarisce l’esperto –. Al momento, in base al protocollo adottato in Italia, chi ha già avuto una vaccinazione antivaiolosa può ricevere solo una dose di vaccino, mentre chi non è stato vaccinato in passato deve fare due dosi a distanza di un mese. Il vaccino è immunogeno, protettivo e sicuro, e ha contribuito in modo sostanziale allo spegnersi dell’epidemia del 2022-2023. Per questo, l’OMS in questi giorni ha rivolto un invito ai produttori dei vaccini contro Mpox virus a esprimere una manifestazione di interesse, per avere i loro prodotti valutati secondo conformità e autorizzati dall’OMS stessa per l’uso in emergenza in Paesi, come quelli africani, in cui il loro utilizzo è ancora molto limitato; si spera che campagne vaccinali mirate e strategiche, basate sulla vaccinazione preventiva e su quella post-esposizione al virus, possano circoscrivere la diffusione dell’epidemia» conclude Antinori.
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www.huffingtonpost.it/
14 Agosto 2024
Emergenza Mpox.
Il virus si fa largo in Africa centrale,
per l’Ue “servono almeno 10 milioni di vaccini”
di Linda Varlese
L’Oms proclama l’Emergenza Sanitaria Internazionale. Il virologo Francesco Broccolo a Huffpost: “È un problema che riguarda tutti, in Italia gli anticorpi contro il vaiolo dovremmo averli, anche se questo è un ceppo diverso”.
Appena 15 mesi dopo la fine dell’emergenza che lo aveva visto protagonista, il cosiddetto vaiolo delle scimmie – scientificamente Mpox – torna a fare paura.. Il comitato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riunitosi stamattina, ritiene la crescita dei casi in Africa una emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale (Pheic). Nel discorso di apertura, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha fatto sapere che “nella Repubblica Democratica del Congo la malattia viene segnalata da più di un decennio” e che “l’anno scorso, i casi segnalati sono aumentati in modo significativo, ma quest’anno il numero di casi segnalati ha già superato il totale dell’anno scorso, con oltre 14 mila contagi e 524 decessi”. Inoltre, “la comparsa e la rapida diffusione del clade 1b nella Repubblica Democratica del Congo, che sembra diffondersi principalmente attraverso le reti sessuali, e il suo rilevamento nei Paesi confinanti sono particolarmente preoccupanti”. “L’ epidemia di Mpox è un’emergenza sanitaria in Africa: servono 10 milioni di vaccini per controllarla”, scrive su X l’alto rappresentante Ue Josep Borrell. “È urgente un’azione e una solidarietà globale. In prima linea in questo sforzo, l’Hera dell’Ue ha lavorato con i partner per assicurare 215mila dosi di vaccino da donare al centro di prevenzione AfricaCdc e ai paesi colpiti”.
Nell’ultimo mese, infatti, sono stati segnalati circa 90 infezioni dovute al ceppo 1b del virus Mpox in quattro Paesi confinanti che non avevano mai segnalato la malattia in precedenza: Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda. A rendere più complessa la situazione il fatto che in questo momento gli altri ceppi del virus non sono scomparsi: “Abbiamo a che fare con diverse epidemie di diversi clade in Paesi diversi con diverse modalità di trasmissione e diversi livelli di rischio”, ha aggiunto Tedros. In Africa l’Oms ha già sviluppato un piano di risposta che richiede un investimento iniziale di 15 milioni di dollari e 1,45 milioni sono stati già stanziati dall’Oms. “Chiediamo inoltre ai donatori di finanziare il resto del piano di risposta”. “L’ epidemia di Mpox è un’emergenza sanitaria in Africa: servono 10 milioni di vaccini per controllarla”, scrive su X l’alto rappresentante Ue Josep Borrell. “È urgente un’azione e una solidarietà globale. In prima linea in questo sforzo, l’Hera dell’Ue ha lavorato con i partner per assicurare 215mila dosi di vaccino da donare all’Africa Cdc e ai Paesi colpiti”.
“Qualcosa è cambiato rispetto ai precedenti alert lanciati dai vari virologi”, spiega il Professor Francesco Broccolo, virologo all’Università del Salento e direttore scientifico del gruppo Cerba Healthcare, ad HuffPost. “Su Nature Medicine è stato pubblicato un lavoro in cui si parla di un nuovo lignaggio, un nuovo ceppo appartenente al clade1 che già esisteva”. In pratica il virus è sempre esistito sottoforma di due Clade: Clade1 endemico nel Congo e il Clade2 che si diffonde nell’Africa Occidentale. “Abbiamo sempre saputo che il Clade1 è quello più virulento, a più alta mortalità, più patogeno”, spiega Broccolo, “ma questi nuovi dati ci mostrano chiaramente che c’è un nuovo ceppo appartenente al Clade1 che è stato isolato nel Congo e sono stati sequenziati vari campioni clinici. Il 30% delle positività risultano in uomini omosessuali che si prostituiscono: il serbatoio si pensa siano animali locali del Congo. Ha quindi acquisito la caratteristica di trasmettersi non solo da animale a uomo, ma anche da uomo a uomo”. Non è tutto. A preoccupare l’Oms è anche il profilo delle persone contagiate che è completamente diverso da quello osservata tra il 2022 e il 2023. In quel caso a essere più colpiti erano i maschi adulti; oggi tra le vittime principali ci sono i minori. Secondo i dati diffusi dall’Oms, il 39% dei casi e il 62% dei decessi riportati dall’inizio dell’anno fino a maggio nella Repubblica Democratica del Congo riguardavano bambini con meno di 5 anni di età. Il 20% delle persone decedute non aveva ancora compiuto un anno e negli ospedali, riferisce Save the Children, sono ricoverati a causa della malattia anche neonati di appena due settimane.
“La trasmissione avviene anche attraverso il contatto della pelle”, spiega Il Professore ad HuffPost. “I bambini infatti si infettano attraverso le macule, che diventato papule, che diventano vescicole che scoppiando liberano virus, è la patogenesi di questo virus. Il virus, tuttavia, viene liberato anche sui vestiti, i cosiddetti fomiti: anche attraverso quest’ultimi avviene la trasmissione. Il virus inoltre resiste fino a 15 giorni sui fomiti o sugli oggetti. Perciò non solo è estremamene virulento, ma anche estremamente resistente e ha la capacità di trasmettersi non solo attraverso il sesso anale, ma anche attraverso il contatto con le vescicole e i vestiti”.
Il rischio, dunque, è questa estrema capacità di trasmissione. I Paesi africani hanno già fornito una prima risposta: hanno dichiarato Mpox un’emergenza sanitaria pubblica per la sicurezza continentale. “Questa dichiarazione non è semplicemente una formalità, è un chiaro invito all’azione. Dobbiamo essere proattivi e aggressivi nei nostri sforzi per contenere ed eliminare questa minaccia”, ha affermato il direttore generale del Cdc africano Jean Kaseya. Repubblica Democratica del Congo che oggi costituisce l’epicentro dell’epidemia. I numeri esatti non sono certi. Il nuovo bollettino dell’Oms stimava per il mese di giugno 567 contagi nel continente africano. Certamente, però, è una stima per difetto. L’Africa Centers for Disease Control and Prevention parla di circa 15 mila casi nel continente dall’inizio dell’anno e 461 i decessi. A preoccupare non è solo la dimensione dei contagi. Il virus sta mostrando di essere capace di varcare i confini e insediarsi in aree in cui fino a oggi non era presente. Nell’ultima rilevazione dell’Oms, per esempio, anche Burundi, Kenya, Rwanda e Uganda riportano i primi contagi.
“E’ un problema che riguarda tutti”; sottolinea Broccolo, “c’è da dire che però in Italia gli anticorpi contro il vaiolo, anche se questo è un ceppo diverso, dovremmo averli. Perché il virus è stato debellato negli anni ’70 ma la vaccinazione è stata sospesa nell’81”. Nei giorni scorsi l’Oms ha sollecitato i produttori a fare richiesta di inserimento dei vaccini anti-Mpox nella lista dei farmaci di emergenza (Emergency Use Listing) approvata dall’Oms. Ciò “accelererà l’accesso ai vaccini per i Paesi a basso reddito che non hanno ancora rilasciato la propria approvazione nazionale” e “consente inoltre ai partner, come Gavi e Unicef, di procurarsi vaccini per la distribuzione”. “Anche se il virus è diverso, la grossa reattività c’è perché la malattia dovrebbe essere attenuata dal vaccino. Il problema riguarda tutta la generazione che non è vaccinata: la popolazione che va da 0 a 40 anni. Le schede dell’Ecdc infatti parlano di vaccinazione preventiva primaria e post esposizione: cioè anche post infezione si può fare una vaccinazione che attenui la malattia, boosterizzando il sistema immunitario contro il virus”. Il vaccino è disponibile dal 2022, anche se a disponibilità limitata”. Quello che è fondamentale è rafforzare il sistema di sorveglianza: potenziare i test diagnostici e mettere a disposizione. “Attualmente i test sierologici permettono di escludere l’infezione ma abbiamo bisogno di test diretti per valutare l’infezione acuta per l’infettività”, conclude Broccolo.
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